La strategia della tensione e le sue origini, le stragi neofasciste e le trame golpiste  nell’Italia repubblicana.


Tra il 1968 e il 1974 in Italia sono stati  compiuti 140 attentati neo fascisti, tra i quali quello più rilevante a piazza Fontana a cui bisogna aggiungere la strage di Bologna avvenuta nell’anno 1980.  Stragi collegate a quella che fu poi chiamata la“strategia della tensione” che ebbe il coinvolgimento di corpi e servizi deviati dello Stato e dell’utilizzo di questi assieme a varie formazioni neofasciste (ordine Nuovo, Rosa dei venti, Avanguardia Nazionale e altre formazioni minori).


Alcune delle tristi stragi neofasciste sono di seguito elencate:

 

In particolare, la strage di piazza Fontana viene diffusamente considerata come l’inizio della cosiddetta strategia della tensione.

Milano, 12 Dicembre 1969 – Piazza Fontana  Morti 17- 18 con Giuseppe Pinelli, Feriti 88


Treno Freccia del Sud il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro: 6 morti e 54 feriti;


L’uccisione dei carabinieri a Peteano il 31 maggio 1972. 3 morti e 3 feriti;


Strage alla questura di Milano il 17 maggio 1973:4 morti e 46 feriti;

Il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo.  Morti 8, Feriti 102;

4 agosto 1974 ITALICUS a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Morti 12, Feriti 48;

Il 2 Agosto del 1980 alla Stazione di Bologna una delle più grandi stragi della storia democratica del nostro Paese ci furono 85 morti e 200 feriti .

Complessivamente per mano degli attentati dell’estremismo nero neofascista e per i soli atti terroristici sopra elencati perdono la vita 136 persone e 541 rimangono ferite.

Mirco Dondi  nel testo scrive : “L’eco del boato- storia della strategia della tensione 1965- 1974: “Sul piano della memoria lo stragismo nero è stato relegato in una zona d’ombra, con uno svuotamento di significato che ha teso a rimuovere il coinvolgimento dello Stato in queste vicende. Gli studi scientifici sul terrorismo rosso sono di gran lunga prevalenti, mentre la fase della strategia della tensione è stata sinora studiata in minor misura e lamenta un’incompiuta elaborazione

Sempre Mirco Dondi asserisce:“Gli attentati sono una forma di riequilibrio degli assetti di potere. Più precisamente, come affermano i terroristi neri, le stragi diventano uno strumento di lotta politica, per costringere lo Stato a far approvare leggi di emergenza. Il fenomeno rientra in un’articolata trama definita strategia della tensione.  L’espressione Strategy of tension compare sul settimanale britannico “The Observer”, in un articolo uscito all’indomani della bomba di Piazza Fontana”. […] “Il  termine “strategia della tensione” si diffonde con il best seller del giugno 1970, la strage di Stato. La locuzione entra poi nel linguaggio giuridico ed è ripresa dai giudici che indagano sugli episodi stragisti. Nella sentenza istruttoria sui fatti di Peteano. La strategia della tensione è definita come una “strategia di  condizionamento” nel rapporto “tra sistema politico e ambiente sociale”. Un alterazione degli eventi che induce a scelte che altrimenti non sarebbero state compiute. Al contempo, l’atto criminale punta anche a modificare gli orientamenti dell’opinione pubblica. Con questa definizione i giudici recepiscono l’espressione nel suo significato più ampio. Gli apparati di sicurezza sono coinvolti nelle vicende stragiste e nei tentati colpi di Stato, contribuendo a innalzare il livello d’intensità della violenza politica e provocando scontri interni allo Stato.”

 

 

Continua poi Mirco Dondi: “La costante presenza di referenti internazionali (Cia e Nato) sulle vicende stragiste ha un’origine storica che ne spiega le capacità di controllo e ne ispira le forme delle strutture direttrici. La guerra fredda ha inizio nel 1946 dalla competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica per il dominio mondiale. In Italia la guerra fredda è stata la principale scusante ai comportamenti illegali degli apparati e ha fornito una patente di impunità a coloro che, in suo nome, hanno avallato azioni criminose contro un supposto nemico interno, al di là di un’oggettiva condizione di necessità. Una distorta concezione della sicurezza ha saldato, in una trama continua, il segreto con l’illegalità.

L’Italia, più di ogni altro Paese dell’Europa occidentale, ha avuto una vita politica profondamente condizionata già dalla metà degli anni Quaranta. Gli Stati Uniti hanno creato le premesse verso percorsi obbligati, per controllare più agevolmente uno Stato cardine nello scacchiere mediterraneo. La classe dirigente italiana ha accettato questo condizionamento essendo funzionale alla sua permanenza al governo.”

Per comprendere appieno quegli anni è necessario risalire alla seconda parte del conflitto mondiale in Italia.  là  si trovano le radici della «prosecuzione della guerra sotto altre forme» che ha segnato in modo indelebile un lungo periodo del secondo dopoguerra italiano. La “strategia della tensione” ha queste radici antiche Il giudice Giovanni Tamburino la fa risalire a quel periodo l’origine della “guerra non ortodossa” e della “strategia della tensione” . Le tesi sono contenute  in un suo recente libro: Dietro tutte le trame .

Sino agli anni novanta del secolo scorso l’Italia è stata il confine sud tra Europa occidentale e l’area orientale dell’Europa  appartenente al blocco sovietico. Per tale ragione nel nostro Paese si è sviluppata una guerra sotterranea chiamata in tanti modi per citarne alcune: “guerra non ortodossa”, “guerra a bassa intensità”, “guerra per procura “, “guerra (contro)rivoluzionaria”. È in questa chiave che bisogna leggere il secondo dopoguerra, e in particolare i decenni dal ‘40 al ’90.


È stata una  guerra che ha avuto varie denominazioni ed è stata combattuta in molti modi. Parte di questa guerra  è stata affidata  a formazioni combattenti clandestine costituite da corpi paramilitari o corpi misti composti da militari e civili, tutelati al più allo livello di segretezza e non tutti leciti. Per la nostra Costituzione (all’articolo 18, seconda parte) «Sono proibite le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare». Le  formazioni combattenti clandestine, al contrario, erano giustificate  per la lotta mondiale al comunismo.

 

Sostiene Mirco Dondi: “Il controllo dei sindacati e delle agitazioni sociali nel primo trentennio di vita repubblicana è il perno delle manovre politico-legali e sotterranee per il contenimento del Partilo comunista. Rispondono a questa logica le stragi siciliane del 1947 contro i lavoratori (a Portella della Ginestra il 1° maggio e a Partinico il 22 giugno) e l’uccisione di dieci  sindacalisti dal novembre 1946 al novembre 1947. È uno schema che assomiglia a quello della strategia della tensione per l’assenza di giustizia e per le coperture tornite ai mandanti . Alcuni dei nobili siciliani, ispiratori della strage di Portella della Ginestra, risultano coinvolti nella congiura golpista della Rosa dei venti nel 1973. “


Dello stesso tenore  sono le cose scritte dal giudice Tamburino, egli  ricorda i molti e vari  scritti, i documenti, le sentenze della magistratura, le confessioni, le ammissioni e le testimonianze dei diretti protagonisti,le opere di autori sia militari sia civili che confermano e dimostrano l’esistenza di una  «guerra preventiva» in Italia. La strategia  è stata lungamente condivisa dagli Stati maggiori italiani, è stata  imposta al nostro servizio segreto ed alcuni aspetti della guerra preventiva  sono stati persino resi pubblici.

 

Si fa riferimento alla strage di  Portella della Ginestra del il 1° maggio 1947, compiuta dalla banda di Salvatore Giuliano contro braccianti e lavoratori siciliani come la generatrice della «guerra preventiva» . Emerge come protagonista principale e per la prima volta il nome del palermitano Giovanni Francesco, detto Gianfranco, Alliata di Montereale, che vantava titoli di nobiltà principesca. L’Alliata in realtà per decenni è stato l’ esponente della massoneria più importante sino a sopravanzare Licio Gelli.

La ricerca del giudice Tamburino ripercorre la vicenda a ritroso dal 1974 dove emerge per la prima volta  la figura di Alliata nel processo «Rosa dei Venti». In seguito dopo la morte del principe, venuto  a conoscenza che erano stati versati all’Archivio storico della Camera documenti raccolti in un apposito Fondo il giudice ebbe modo di  consultare carte e documenti inaspettati.

La documentazione del Fondo rileva in particolare le ricorrenti e sistemiche «deviazioni» della massoneria e dei gruppi paramassonici e i loro collegamenti con realtà criminali, mafia e “ndrangheta”. L’Alliata si riconosceva in quella massoneria che considerava il comunismo il «mortale nemico» e che talune logge, facenti capo a Circoli  siciliani  e frequentate da diversi mafiosi e merge che la a figura di Alliata funge da collegamento per tentare una rilettura del tema dei mandanti della strage e della più volte affermata (ma non accertata da nessuna Sentenza e nemmeno negata da un accertamento giudiziale definitivo) sua complicità come mandante  di quel massacro che segna con un marchio a fuoco l’origine del  primo massacro della Repubblica, l’origine antica della strategia della tensione.


 

a Francavilla Fontana la mostra di ANPI Brindisi e dell’Archivio di Stato Sovversivi 1900-1943

 

 

 

 

 

 

 

20 ottobre 2021 : Inaugurata finalmente a Francavilla Fontana la mostra di ANPI Brindisi e dell’Archivio di Stato Sovversivi 1900-1943, con il patrocinio del Comune. Con il presidente della sezione ANPI di Francavilla, Alessandro Rodia, il sindaco Antonello Denuzzo, il direttore dell’Archivio di Stato, Corradino De Pascalis, il presidente del Comitato provinciale ANPI Brindisi, Donato Peccerillo e visite guidate di Elena Lenzi. Presente l’assessore alla Cultura, Maria Angelotti. Un lavoro bellissimo di ricerca e di memoria antifascista. Studenti, docenti, ricercatori, cittadini sono tutti invitati a visitarla. A Palazzo Imperiali la mostra sarà aperta sino ai primi mesi del 2022.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 26 gennaio 2021  a Trieste è stata posata  la Pietra d’Inciampo in via Pacinotti  n°5 per ricordare  l’antifascista e partigiano brindisino Vincenzo Gigante, ucciso nella Risiera di Trieste. L’individuazione dell’ultimo domicilio a Trieste è merito della presidente dell’ANED di Trieste, la professoressa e storica Dunja Nanut che, con i suoi studi presso l’Archivio di Stato triestino, ha colmato questo vuoto sulla tragica vicenda di Vincenzo Gigante che, sulla base delle ricerche della studiosa, dopo essere stato fermato, fu tenuto per  un  mese in prigione al Coroneo (il nome del carcere della città).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come è noto le Pietre d’Inciampo, ideate dall’artista  Gunter Demnig, sono un mosaico per la Memoria, Un progetto monumentale europeo per tenere viva la Memoria di tutti i deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti che non hanno fatto ritorno alle loro case. In Europa ne sono state installate già oltre 70.000. In Italia le prime pietre d’inciampo furono posate a Roma nel 2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antonio Vincenzo Gigante note biografiche

Antonio Vincenzo Gigante nacque a Brindisi il 5 febbraio del 1901 in via Seminario s. n. da Concetta Gigante e da padre ignoto. Da giovane iniziò a lavorare come operaio edile, aderì nel 1919 al circolo giovanile socialista di Brindisi. Nel 1920 fu fermato per la prima volta per aver partecipato ad una manifestazione di protesta contro la guerra. Aderì nel ’21 al PCd’I e nello stesso anno si trasferì a Roma con la madre e i due fratelli, Ettore e Italo, dove lavorò come operaio nell’edilizia, diventando un importante dirigente sindacale della categoria. Si distinse per l’organizzazione di agitazioni e scioperi. Quello più importante e riuscito fu del I° maggio del 1923. Subì un’aggressione fascista il 28 ottobre del 1924. Dopo il delitto Matteotti e le seguenti leggi speciali con le quali Mussolini soffocò la vita democratica dell’Italia, ricercato dagli squadristi, fu costretto a lasciare l’Italia. Trovò riparo prima in Svizzera e poi in Russia dove dal ’25 al ’26 frequentò la scuola di formazione del Comintern. Al ritorno, in Svizzera entrò in contatto con il centro estero del PCd’I che lo incaricò di occuparsi della Confederazione Generale del Lavoro e della gestione dei militanti fuoriusciti. Tra 1927 e 1929 la sua presenza fu segnalata in Svizzera, Belgio, Germania e Lussemburgo. Fu arrestato e trattenuto per un breve periodo con Palmiro Togliatti e Pietro Secchia a Basilea nel gennaio del 1929. In Italia Gigante fu costantemente ricercato dalla polizia fascista, il 28 febbraio del 1930, venne emesso il mandato di cattura dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato con l’imputazione di aver partecipato alla ricostituzione del Partito comunista italiano. Gigante all’epoca era componente del comitato centrale del PCd’I come responsabile dell’ufficio “tecnico” che aveva il compito di risolvere i vari aspetti logistici della clandestinità come la ricerca di sedi sicure.

In Svizzera, il 23 aprile del 1931 sposò a Lugano Wanda Fonti, pittrice, di famiglia e di tradizioni antifasciste, con la quale condivise un breve periodo di vita, tra la Svizzera, Bruxelles e Lussemburgo. Dal matrimonio nacque l’unica figlia, Miuccia, a Lugano il 21 settembre 1932.

Nel 1931, al IV congresso del PCd’I di Colonia, Gigante non condivise la decisione, ispirata dal Comintern, con cui il Partito Comunista italiano avrebbe dovuto essere pronto alla “svolta” per preparare un’insurrezione imposta da un presunto e imminente crollo del regime fascista. Il dissenso gli costò per un periodo l’allontanamento dalla direzione del partito e del sindacato.

Il 6 ottobre del 1933, mentre rientrava in Italia per la riorganizzazione del partito, venne arrestato a Milano dall’OVRA. Trasferito a Roma nel luglio successivo, imputato di ricostituzione del disciolto partito comunista, fu processato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a venti anni di reclusione.

Ne scontò i primi nove nel carcere di sicurezza di Civitavecchia dove fece la conoscenza di Umberto Terracini tra gli altri antifascisti.

Con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, le condizioni dei detenuti politici peggiorarono. Nel 1942 Gigante, ritenuto ancora politicamente pericoloso e compreso nell’elenco dei sovversivi più temibili, fu internato nella colonia insulare di Ustica, in provincia di Palermo.

Dopo Io sbarco degli alleati in Sicilia nel 1943 i detenuti politici di Ustica furono trasferiti nel campo di Renicci Anghiari in provincia di Arezzo, uno dei più duri per le condizioni igieniche e sanitarie. Poco dopo l’8 settembre, nel campo di Renicci i detenuti si rivoltarono ed organizzarono l’evasione, Gigante, a capo di un gruppo d’insorti tentò dapprima di dirigersi verso il sud liberato, una volta verificata l‘impossibilità a raggiungere le meta, si diresse verso la Dalmazia assieme a prigionieri slavi con lui liberatisi. Il territorio era sotto il diretto controllo nazista, ma forte era da tempo anche il movimento partigiano slavo. Giunto in quei luoghi, a capo di formazioni partigiane italiane gestì la complicata unità d’azione con i partigiani slavi, per l’obbiettivo principale della lotta contro il fascismo e il nazismo. Per conto della direzione del PCd’I, riceva l’indicazione di occuparsi prima dell’Istria e in seguito, dopo l’arresto di un altro dirigente, della federazione di Trieste.

Il 15 novembre del 1944 venne arrestato dalla Gestapo, in seguito a una delazione, e tradotto in carcere. Trasferito nella Risiera di San Sabba di Trieste, l’unico vero campo di sterminio con forno crematorio creato dai nazisti in Italia, fu crudelmente torturato senza mai denunciare i suoi compagni sino ad essere ucciso. A tutt’oggi non si sa con precisione la data della sua morte presumibilmente avvenuta tra novembre del ’44 e il febbraio del 1945.

 

La sezione ANPI “Vincenzo Antonio Gigante” di Brindisi

 

Riferimenti bibliografici:

 

U.Terracini. Vincenzo Gigante, un eroico figlio del popolo. Discorso commemorativo tenuto dal sen. Umberto     Terracini in Brindisi il 7 dicembre 1952, Roma.

 

E. Collotti ,Antonio Vincenzo Gigante , in F. Andreucci, T. Detti (a cura di), Il Movimento Operaio Italiano. Dizionario Biografico, vol.II, Roma , 1976, pp.490-491)

 

C. Pasimeni. Antonio Vincenzo Gigante, in «Aleph», n.2, dicembre 1984

 

V.B. Stamerra-A.Maglio-P. Miano, Vincenzo Gigante dello Ugo. un eroe brindisino, Oria (Brindisi). 2006

 

C. Pasimeni. Lotta al fascismo all’ombra di Stalin. La militanza di Vincenzo Antonio Gigante, Lecce. 2009

 

AS BR-ANPI Brindisi. Antonio Vincenzo Gigante nelle carte dell’Archivio di Stato di Brindisi. Brindisi 2013.

 

 

 

Carovigno ha antichi trascorsi antifascisti:

Prete Pasquale di Vito, Palma Teodoro dì Giuseppe, Cretì Salvatore di Pasquale,  Buongiorno Isaia di Nicola, Normanni Nicola di Vito, Tateo Erminio di Michele, Saponaro Alessandro di Angelo,Iaia Francesco di Cosimo, Antelmi Salvatore di Carmine imputatati perché:

il 13 maggio 1923, dopo di essersi forniti di un papavero rosso, per antagonismo al partito fascista,scesero sulla piazza di Carovigno, gridando a squarciagola: Evviva il socialismo,abbasso il fascismo, in questa manifestazione avevano: disturbato la quiete pubblica con clamori ed in modo da produrre apprensione nel pubblico.

Cretì Salvatore di Pasquale e Cesaria Francesco di Luigi, imputati in  Carovigno il 18 agosto 1924 avevano esercitato la questua pro  erigendo monumento On. Matteotti,  senza esserne autorizzati dall’Autorità di P.S..

Carovigno inoltre ricorda gli antifascisti:

  1. CALIOLO Giuseppe, di Vincenzo e ed Antonia Maria Cisternino. Nato il 5 giugno 1908, a Carovigno e residente a Mesagne. Antifascista. Confinato.  Cfr. CPC; http://www.anpibrindisi.it/scheda-anagrafica/indice-della-memoria/francavilla-fontana/
  2. CARRONE Salvatore. Nato il 13 novembre 1885 a Carovigno e residente a Faenza (RA). Fruttivendolo. Comunista. Ammonito. Cfr. CPC.
  3. CRETI Salvatore. Nato nel 1899 a Carovigno (BR). Calzolaio. Comunista. Cfr. CPC.
  4. DE LUCA Giuseppe, n. a Carovigno, il 18 gennaio 1922. Rinviato a giudizio con sentenza nr. 874 del 1942. Cfr. Dal Pont, Leonetti.P. Maiello P. Zocchi L. Tutti i processi  op. cit. p. 150
  5. EPIFANI Egidio,Nato nel 1903 a Carovigno (BR). Meccanico Comunista. Condannato a 5 anni di confino per “attività antifascista all’estero”. Liberato nell’agosto 1943.Cfr. CPC; A. Dal Pont- S. Carolini, L’Italia al confino, op. cit. pag. 1584;iscritto alla Rubrica di frontiera.
  6. GIACCHETTI Pietro. Nato il 9 febbraio 1914.a Carovigno (BR) e residente a Roma. Violinista. Comunista. Denunciato al Tribunale Speciale speciale e condannato a 9 anni per costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda in base alla sentenza n. 58 del 16 maggio 1940.Cfr. Min. Dif., St. Mag. Es. – Uf. St., T.S.D.S., 1940, p. 407; CPC.
  7. GIANNOTTI Luigi. Nato nel 1902 a Carovigno (BR) e residente a Brindisi. Bracciante. Comunista. Iscritto alla Rubrica di frontiera.  Cfr. CPC.
  8. GRANDE Emilio di Abramo ed Elisabetta Spagnolo. Nato a Carovigno il 7 ottobre 1898 e residente a Brindisi. Manovale. Antifascista schedato.  Condannato a 5 anni di confino per aver percorso “le vie cittadine con un berretto rosso e gridando – abbiamo fame, vogliamo lavoro –” . Prosciolto, con la condizionale, nel dicembre del 1938, viene successivamente internato dalla Prefettura di Brindisi il 12 giugno 1940 e prosciolto con la condizionale il 4 novembre 1942.  Cfr. ANPPIE, op. cit, pag. 156; CPC; A. Dal Pont- S. Carolini, L’Italia al confino, op. cit. pag. 1579;  Cfr. http://www.anpibrindisi.it/scheda-anagrafica/indice-della-memoria/francavilla-fontana/
  9. LANZILLOTTI Cosimo Matteo di Giuseppe ed Aurora Cardone. Nato il 24 febbraio 1895 a Carovigno (BR) e residente a Brindisi. Giardiniere. Socialista. Condannato ad una pena di 4 anni poi commutata, il 6 gennaio 1927, in ammonizione.Cfr. CPC; A. Dal Pont – S. Carolini, op. cit., 1V° vol., p. 1603.
  10. LANZILLOTTI Vito Giuseppe Teodosio. Nato nel 1874 a Carovigno (BR) e residente a Brindisi. Oculista. Repubblicano. Radiato.  Cfr. CPC.
  11. POMES Giovanni. Nato a Carovigno, nel 1907. Impiegato. Comunista. Iscritto alla Rubrica di frontiera. Cfr. CPC.
  12. RUSSO Leonardo. Nato a Carovigno, nel 1895. Ebanista. Socialista. Radiato.Cfr. CPC.
  13. SAPONARO Modesto. Nato nel 1884 a Carovigno (BR). Possidente. Denunciato per offese al Capo del governo. Radiato. Cfr. CPC.

Carovigno  ricorda e onora, i propri figli Internati Militari ei Deportati deceduti nei lager e che hanno detto no al fascismo e alla RSI :

1. DE BIASI Francesco. Nato a Carovigno il 7 aprile 1920. Internato con il numero di matricola 15285 e deceduto presso l’ospedale di Nurnberg / Lanwasser (Germania). Sepolto a Francoforte sul Meno. Uno degli 800.000 italiani (fra civili e militari) che, dopo l’8 settembre 1943, essendosi rifiutati di aderire alla RSI, furono fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento tedeschi dislocati nei territori del Terzo Reich. Cfr. Zamboni Roberto, Dimenticati dallo Stato, in: http://www.robertozamboni.com/p/prova.html, alla voce “Brindisi”, pag. 2.
2. GRECO Antonio. Nato a Carovigno l’8 novembre 1918 e deceduto in Germania il 19 aprile 1944. Uno degli 800.000 italiani (fra civili e militari) che, dopo l’8 settembre 1943, essendosi rifiutati di aderire alla RSI, furono fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento tedeschi dislocati nei territori del Terzo Reich.Cfr. Zamboni Roberto, Dimenticati dallo Stato, in: http://www.robertozamboni.com/p/prova.html, alla voce “Brindisi”, pag. 2.
3. LEO Cosimo. Nato a Carovigno il 1° gennaio 1919 e deceduto in Germania il 9 aprile 1945. sepolto ad Amburgo Cfr. Zamboni R. Cfr. Zamboni Roberto, Dimenticati dallo Stato, in: http://www.robertozamboni.com/p/prova.html, alla voce “Brindisi”, pag. 2.
4. PRIMA Salvatore. Nato il 3 febbraio 1918 a Carovigno. Deportato a Buchenwald il 2 febbraio 1945 e qui deceduto il 28 dello stesso mese per “cause imprecisate”, carrettiere. Cfr. Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., p. 1736.ASLeDm. TA, FF.MM. cl.1918, vol. 520,nm. 3864

Carovigno  ricorda e onora, i propri figli Internati Militari Italiani (IMI)Deportati nei lagher:

1.  ALBERTI Donato. DnL

2.  ANTELMI Luigi, di Antonio. DnL.

3.  ASCIANO Paolo. di Arcangelo. DnL

4.  BACCARO Cataldo, di Sanio. DnL

5.  BASILE Michele di Domenico DnL

6.  BOTTACCI Vito, di Antonio. DnL.

7.  BRANDI Giosuè, di Tommaso DnL

8.  CAMASSA Domenico. DnL.

9.  CARLUCCI Alessandro, di Crocifisso DnL
10.CARLUCCI Giuseppe, di Angelo. DnL
11.GARRONE Angelo, di Vincenzo. DnL.
12.CESARIA Giuseppe, di Francesco. DnL.
13.CONTE Rocco, di Giovanni. DnL.
14.CONTROBIA Salvatore, di Giuseppe DnL.
15.DE GIOVANNI Giuseppe, di Raffaele DnL.
16.DE GIUSEPPE Giovanni, di Giovanni. DnL
17.DEL PRETE Antonio, di Flaminio DnL
18.DEL PRETE Francesco, di Vito DnL.
19.DE PASQUALE Angelo di Giuseppe DnL
20.EPIFANI Giovanni D

21.FILOMENA Gregorio, di Giuseppe. DnL
22.FUSCO Francesco. DnL
23.GALIANO Luigi Martino, di Luigi DnL
24.GRECO Gaetano, di Erasmo DnL
25.LANZ1LLOTTI Cosimo Fedele, di Salvatore DnL
26.LANZILOTTI Andrea, di Teodosio. DnL.
27.LANZILOTTI Giovanni. Dot.
28.LANZILOTTI Giuseppe DnL
29.LANZILOTTI Pasquale, di Antonio. DnL
30.LANZILOTTI Teodosio di Giuseppe. DnL.
3 1.LARUCCI Salvatore, di Santo. DnL,
32.LARUCCIA Francesco di Pasquale. DnL
33.LAVENEZIANA Giovanni, di Bellisario. DnL

34.LEO Giuseppe Raffaele, di Rocco. DnL
35.LOCOROTONDO Angelo, di Giuseppe. DnL

36.LOFINO Giuseppe DnL

37.LUPERTI Antonio, di Vincenzo. DnL

38.LUPERTl Vito. di Cataldo. DnL

39.MAGLI Enrico Vito, di Innocenzo. DnL

40.MARZO Pietro, di Giuseppe DnL

41.MASIELLO Giuseppe, di Rocco DnL

42.MORO Giuseppe Orti

43.PAPALINO Rocco. DnL
44.PRIMA Ferdinando, di Umberto. DnL.
45.SACCHI Pasquale, di Antonio. DnL
46.SACCHI Pasquale, di Antonio. DnL
47.SACCO Francesco DOdD.
48.SAPONARO Luciano, di Manano. DnL
49.SAPONARO Pasquale, di Giovanni DnL
50.SCALIGERI Pietro, di Angelo DnL.
51.SCALIGERI Rocco di Angelo DnL.
52.SEMERARO Oronzo, di Oronzo. DnL
53.SEMERARO Stefano di Francesco DnL.
54.SIMEONE Felice, di Leonardo DnL
55.TATEO Cosimo, di Oronzo. DnL
56.TATEO Vittorio di Felice DnL.

57.TRISOLINI Giuseppe Pasquale Salvatore, di Vincenzo DnL.

58.UGGENTI Pietro, di Donato. DnL
59.VALENTE Giacomo, di Angelo. DnL.
60.ZACCARIA Cosimo, di Domenico DnL
61.ZURLO Cosimo, di Pasquale DnL

 

Carovigno  onora e ricorda  i propri Partigiani:

  1. ANSELMI Alessandro. Nato il 7 febbraio 1923 a Carovigno. Partigiano nella Brg. Sap Vasario. Dal 1° gennaio 1944 al 7 giugno 1945. Benemerito. Cfr. BDPP.
  2. GIOFFREDI Filippo. Partigiano Nato il 1 maggio 1909, a Carovigno.  – Giacomo – Brg. Sap Vassallo, dal 1° gennaio 1944 al 7 giugno 1945. Benemerito. Cfr. BDPP.
  3. LOTTI Salvatore. Nato il 29 marzo 1922, a Carovigno. Partigiano. – Binda. Garibaldini Val Po dal 1 settembre 1943 al 1 marzo 1944, poi nella 100 Brg. Garibaldi fino al 1 dicembre 1944 ed infine nella 48 fino all’8 giugno 1945. Cfr. BDPP.
  4. ORLANDO Cosimo. Nato il 12 febbraio 1911, a Carovigno. Verniciatore. Partigiano. – Franco – Divisione C Gl – Gruppo aeritalia, dall’8 giugno 1944 al 7 giugno del 1945.Cfr. BDPP.
  5. CAMASSA Giuseppe, di Mariano. Partigiano. nato a Carovigno, il 27 luglio 1916. Combatte nelle file partigiane della Div. Garibaldi in Jiugoslavia dall’8 settembre 1943 al 1 luglio 1944. Carpentiere. Cfr. ASLe, Dm.TA,FF.MM.,cl1916, vol499,nm.43914.

  1. MASTROLIA Luigi. Partigiano. nato a Carovigno, il 19 febbraio 1920 da Vincenzo e Cavallo Palma. Combattente nella div. Gramsci, contro i nazifascisti, in Albania dal 9 settembre 1943 al 10 gennaio 1944 e dall’11 ottobre 1944 al 30 novembre  dello stesso anno. Carrettier. Cfr. Liri popullit, op. cit.pag.221. ASLe, Dm.TA,FF.MM.,cl1920, Reg. 556,nm 11330.

 

 

 

 

Era caldo quel pomeriggio del 9 agosto del ’43 a Brindisi, nello studio dell’avvocato Vittorio Palermo in Via Palestro angolo via Mazzini nei pressi di piazza Cairoli, dove adesso ci sono gli uffici dell’INAIL. Alle ore 3 del pomeriggio si riunirono con l’avvocato Vittorio Palermo, Guglielmo Cafiero, Donato Ruggiero, l’ingegnere Pietro Sala, l’avvocato Giovanni Stefanelli. Nasceva così il Comitato Provinciale di concentrazione antifascista a Brindisi, noto anche come Fronte Nazionale d’Azione, quello che in seguito sarà molto più noto come Comitato di Liberazione Provinciale di Brindisi.

Il promotore di questa tempestiva iniziativa antifascista in città fu dunque l’avvocato Vittorio Palermo originario di Ceglie Messapica ma operante da tempo in città. Egli aveva avuto il merito tenere le fila di un gruppo di antifascisti brindisini che, come è annotato nel verbale della loro prima riunione, alcuni dei quali erano diggià in intenso e quotidiano contatto da un paio d’anni fra loro ed altri elementi antifascisti pugliesi ed italiani.

 

 

 

 

 

La figura dell’avvocato Vittorio Palermo oggi è ormai poco nota. Va a merito dell’avvocato Augusto Conte l’avere, in più occasioni, fatto una ricognizione biografica attenta e puntuale sulla persona di Vittorio Palermo che ci permette di mantenerne vivo il ricordo. Di seguito pubblichiamo alcuni stralci:

 

[..]Palermo, Vittorio (Ceglie Messapica, 17.7.1906 – Brindisi, 27.4.1981). Il giovane Vittorio aveva l’animo di un poeta in un temperamento di rivoluzionario. La sua vita e la sua opera costituiscono testimonianza della lotta per le libertà sostenute dalla Avvocatura, nell’esercizio della funzione difensiva e nell’impegno politico-sociale.

Dopo la laurea in Giurisprudenza nell’Università di Roma, da giovane e brillante Avvocato nel 1936 si era schierato contro il fascismo, assumendo contatti con note personalità antifasciste nazionali, tanto che nel 1937 era segnalato alle autorità di frontiera perché fosse controllato al rientro da un viaggio in Francia, essendo sospettato di contatti (in realtà mantenuti) con i fuoriusciti clandestinamente.

Conclusa l’esperienza politica dopo la Liberazione si dedicò alla professione forense, con Studio professionale nella natia Ceglie Messapica e in Brindisi, per poi stabilirsi definitivamente nel capoluogo; nel suo Studio si formarono tanti giovani praticanti. Nel contempo prevalse in lui, sul contestatore politico, l’animo del poeta, tornandosi a dedicarsi alla poesia, alla musica, al teatro, sue passioni giovanili di quando era “ignaro del dolore!”.

Componeva versi dai quali traspariva un senso di doloroso struggimento e il suo raccoglimento nella preghiera.

Prese parte all’associazione “Amici della Musica” e si interessò al teatro, nel quale, giovanissimo aveva rappresentato commedie, allora in voga, di Sem Benelli.

Nell’attività professionale riversava quella poetica che lo animava anche nel modo di esporre le questioni che trattava, con riferimento ai classici della poesia.

Nessuno avrebbe individuato nel fine professionista la persona descritta in un verbale di polizia:

“L’anno 1943, addì sei del mese di novembre, nella R. Questura di Brindisi. Innanzi al sottoscritto,Commissario di PS., è presente l’Avvocato Palermo Vittorio fu Giuseppe e di Leuzzì Angela, nato a Ceglie Messapica il 17 luglio 1906, qui residente in via Mazzini, n. 50, il quale viene diffidato ai sensi dell’art. 64 della Legge di PS. a non promuovere manifestazioni del Comitato del Fronte Nazionale di Azione, e non tenere riunioni in pubblico né adunanze, manifestazioni, conferenze e simili, anche in luoghi chiusi, avvertendolo che in caso contrario saranno adottati nei di lui confronti più severi provvedimenti di polizia, indipendentemente dalla denunzia all’Autorità Giudiziaria. Letto, confermato e sottoscritto. F.to Avv. Vittorio Palermo. F.to Delle Canne Antonio – Commissario di PS. “,

[..]La sua attività di antifascista si era intensificata subito dopo l’inizio della guerra nel 1941, venendo coinvolto nelle indagini compiute su Tommaso Fiore; fu temporaneamente detenuto nel Carcere di Bari ove venne in contatto con l’Avv. Michele De Pietro c l’Avv. Michele Cifarelli (poi Senatori della Repubblica) che il 16.11.1943 gli scrisse: “Carissimo Vittorio, ti presento l’Avv. Arduino Cerniti di Venezia, che ora fa parte del Nostro Comitato di Liberazione. Egli Ti esporrà a voce la situazione. Io sintetizzo: 1) Ci siamo costituiti in Comitato di Liberazione. 2)Abbiamo votato gli ordini del giorno di cui ti invio copia. 3)Cerchiamo di prendere adeguatamente contatto con la Commissione di controllo. 4)Invitiamo voi di Brindisi e gli amici di Lecce e Taranto, per il tuo tramite, a far altrettanto. Occorrono al massimo chiarezza, fermezza e rapidità. Ti abbraccio. Saluto tutti gli altri amici di Brindisi. Auguri. Tuo Michele Cifarelli.”

Vittorio metteva a disposizione sé stesso e il suo Studio (il locale interpartiti era stato requisito).

Il Comitato di Liberazione lo designò a Sindaco di Brindisi, ma la nomina risultò troppo estremista alla Commissione Alleata di Controllo, per cui fu designato il rappresentante di un partito più moderato.

Agli entusiasmi della liberazione seguirono le delusioni: l’accesso alle cariche politiche di persone compromesse con il passato regime, il rallentamento della epurazione, anche a seguito dell’amnistia non volendo i vertici della politica alimentare il risentimento, lo convinsero a mettersi in disparte e a dedicarsi alla professione e alla coltivazione del sentimento dell’arte.

 

(da: Avvocati e Giuristi Illustri Salentini dal XVI al XX Secolo a cura di Augusto Conte, Sergio Limongelli, Stefano Vinci, Edizioni Grifo, Lecce, dicembre 2014)


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