I partigiani mancati del Sud

I partigiani mancati del Sud

“Sul conto delle sottonotate persone si è proceduto nei loro confronti a perquisizione domiciliare senza nulla rinvenire, ad eccezione in quella eseguita nella casa del comunista Ricci (1) , nella quale sono stati rinvenuti gli acclusi allegati a sfondo patriottico “Appello ai giovani d’Italia” e una scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani.”(2)

Questo si legge in un rapporto dattiloscritto della Compagnia di Brindisi esterna appartenente alla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Bari, in data 11 ottobre 1943, indirizzato alla regia questura di Brindisi.

La scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani sequestrata dai carabinieri nell’abitazione di Francesco Ricci a Ceglie Messapica, è l’occasione per raccontare una storia piccola e poco nota della Legione volontaria salentina, questa è la dizione usata in diversi documenti dell’epoca, Legione nota anche come garibaldina. Poche sono le notizie di questo episodio in questa parte del Sud, accaduto tra settembre e ottobre del ’43, in qualche modo una particolarità tutta locale, è in pratica il racconto di un tentativo mancato di reclutare ed organizzare partigiani.

Ad un mese dal suo insediamento a Brindisi, la vocazione reazionaria del regno del Sud è tutta in questa azione che è una delle tante volte a reprimere i soliti “sovversivi”, come se nulla fosse cambiato. L’elenco di persone da perseguitare è sempre quello del ventennio fascista, non a caso anche la denominazione nel rapporto dei Reali Carabinieri non è mutata , si titola sempre Elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze: il Ricci comunista e tanti altri antifascisti di varia fede politica continuano ad essere persone pericolose per Badoglio, il re e la corte fuggita frettolosamente a Brindisi.

Nella stessa operazione di sequestro è ritrovato un volantino titolato Appello ai giovani d’Italia indirizzato anche agli universitari che farebbe supporre che il Ricci assieme a tutti gli altri componenti Fronte Nazionale della provincia (prima denominazione del CLN) reputasse come interlocutori fondamentali per un arruolamento di volontari i giovani e gli studenti.

 

"Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, autorizzazione dell'Archivio di Stato di Brindisi, n.03/15. Riproduzione vietata".
L’attenzione ai giovani è, per esempio, confermata nell’appello diffuso nelle tre provincie del Salento, il 12 settembre del 1943, dal Fronte Nazionale/ CLN. E’ scritto: molti dei nostri giovani si sono offerti a costruire una legione volontaria al servizio della Patria (3)  (ovviamente, contro l’invasore tedesco e il regime fascista). Qualche giorno dopo sempre lo stesso Fronte Unico Nazionale delle province Salentine ribadisce in un Ordine del giorno, in una proposta articolata di collaborazione con il governo Badoglio: Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia(4).

Ricci Francesco

 

 

 

 

Nel verbale dell’ottava seduta del Comitato del Fronte Nazionale di Brindisi del 14 settembre, avvenuta nello studio dell’avvocato Giovanni Stefanelli, si sostiene che i componenti il Comitato provinciale approvano un ordine del giorno (un Promemoria) da sottoporre alle Autorità militari italiane [..]composto di sei punti [..] tra i quali[..] sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a tutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere [..] il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. Infine si approva di lanciare un Manifesto incitante i Salentini a costituire delle «Legioni Garibaldine» di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia(5) .

Il verbale concludeva con la designazione di chi doveva occuparsi di propagandare le posizioni del Comitato in provincia attraverso un manifesto: l’avvocato Palermo(6)  e De Tommaso (7) . Il Promemoria approntato per l’occasione prevedeva tra gli altri punti un Permesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio (8)  (Michele dell’Olio era il direttore della società SACA dal 1934, anno di costituzione della società, al 1943 ); la Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari (9); ed infine l’Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato (10).

Il 16 settembre del ’43 il Fronte nazionale delle Province Salentine approva un’altra proposta di confronto con il “governo di Brindisi”. Era frutto di una riunione a cui avevano partecipato componenti dei Comitati di Brindisi, Lecce e Taranto, i sottoscrittori del documento erano: Vito Mario Stampacchia, Alfredo Bernardini, Mose Cohen, Francesco Dongiovanni, Antonio Fiocca, Biagio Giordano, Gino Liaci, Luigi Lopez y Royo, Vittorio Maradei, Pietro Massari, Mario Montessori, Tarquino Panzera, Ernesto Romano, Francesco Spinelli, Alessandro Persone, Luigi Vallone, Felice Assennato, Arturo Sardelli, Guido Zaccaria, Donato Ruggiero, Guglielmo Cafiero.

La posizione dei Comitati salentini, sintetizzata in Ordine del Giorno, era la base di una proposta di collaborazione con il governo monarchico di Brindisi ad una delle condizioni Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia (11).

In quei giorni della seconda decade di settembre i Comitati di Brindisi e di Lecce continuano a consultarsi con frequenza ravvicinata e spesso con riunioni congiunte, così come ripetuto è il riferimento che il Comitato di Brindisi fa nei suoi verbali di riunioni alla questione della Legione Salentina, che diventa un refrain e un’ossessione. Essa è citata nella undicesima riunione del 21 settembre, per l’opportunità di iniziare una sottoscrizione da parte di elementi antifascisti a pro delle erigende Legioni Volontarie (12). Il 24 settembre vengono approvati due Manifesti da fare affiggere e da dispensare alla cittadinanza: il 1° rivolto a tutto il Salento, il 2° rivolto alla città di Brindisi; entrambi concernenti l’appello indirizzato a tutte le forze del Paese per combattere, con ogni mezzo, il nazifascismo e per spronare i salentini ad accorrere fra le schiere dei futuri volontari (13). Nel verbale della seduta del 5 ottobre si fa richiesta al Governo oltre che della facoltà di pubblicare periodici; anche l’autorizzazione di organizzare le legioni dei Volontari. Nello stesso documento il Fronte Nazionale fa presente i voti di moltissimi giovani del Salento perché sia autorizzata la costituzione una Legione Volontaria volta a combattere per la liberazione della Patria(14).

Non è solo nelle tre provincie del Salento che ci sono moltissimi giovani pronti ad a proporsi volontari contro i nazifascisti, a Bari, nel periodo dopo l’8 settembre molti sono i giovani che vogliono imbracciare le armi.Claudio Pavone scrive ne “I Gruppi Combattenti Italia“: Verificatosi il crollo dell’8 settembre, fu proprio in Puglia, nelle «provincie del re », che avvennero i primi tentativi di organizzare un volontariato. A Bari veniva affisso un manifesto, a firma di esponenti comunisti, socialisti, democristiani e del partito d’azione, in cui sì chiamavano i cittadini alle armi annunziando l’apertura presso il Fronte Nazionale d’Azione, dell’arruolamento per la guerra ai tedeschi. In pochi giorni sembra si radunassero quattro o cinquecento giovani, guardati con sospetto dalle autorità britanniche e italiane, tanto che il questore Pennetta fu dell’opinione che l’arruolamento turbava l’ordine pubblico, prese posizione contro di esso e fece fermare per alcune ore il socialista Larecchiuta e l’azionista Lapriora(15) .

Anche un’altra fonte conferma queste notizie. Difatti Agostino Degli Espinosa nella sua opera Il regno del Sud scrive: a Bari, [..]. Nello smarrimento generale, tuttavia, le autorità civili rimanevano salde al loro posto, e le direzioni dei due partiti attivi, il Comunista e quello d’Azione, a cui si univano uomini rappresentativi dei democristiani e dei socialisti non ancora organizzati a partiti, assumevano un deciso atteggiamento combattivo. Ad iniziativa di uomini che successivamente si sarebbero affermati nel giuoco politico, veniva stampato ed affisso un manifesto, a firma dei quattro partiti da essi rappresentati, in cui si chiamavano i cittadini alle anni e si annunciava che presso la sede del Fronte Nazionale d’Azione era aperto l’arruolamento dei volontari (16). Inoltre viene data una stima della quantità di volontari meridionali in prevalenza coinvolti a vario titolo nella sfortunata esperienza dei reparti volontari: Sembra, da testimonianze e da documenti che ho potuto raccogliere, che si arrivò a più di un migliaio di persone (17).

Ma nel Salento, a Lecce nella riunione del 24 settembre 1943 , il Comitato organizzativo dei volontari decide di denominare la legione Legione Volontaria Garibaldina. Essa sarà per ora costituita da tre nuclei principali: Lecce, Brindisi e Taranto, dei quali potranno far parte volontari di ogni regione d’Italia e ai quali faranno capo nuclei secondari da costituire nei centri minori delle province.

La Legione è completamente indipendente dai partiti e non costituisce l’emanazione di alcuna organizzazione a sfondo politico; alla base del suo ordinamento è il rispetto delle istituzioni vigenti, nella convinzione che unico scopo di essa deve essere la lotta a fondo contro i tedeschi e i fascisti, per la liberazione del suolo della Patria.

Il Comitato stabilisce che la Legione sia organizzata secondo il vigente ordinamento dell’Esercito ed esprime il voto che ciascun nucleo sia affidato, per il comando, a un ufficiale superiore dell’Esercito in S.P.E. (Servizio Permanente Effettivo) e proveniente dal S.P.E.. e ciò affinché sia garantita la massima efficienza del reparto, anche dal punto di vista tecnico e disciplinare. Il comando della Legione viene affidato al col. Cohen, mutilato di guerra, proveniente dal S.P.E., al quale dà mandato di predisporre nel più breve tempo possibile l’organizzazione del reparto, in accordo con le autorità superiori dell’esercito. […]

Su proposta del col. Cohen si decide che la Legione abbia amministrazione autonoma, con fondi forniti da tutti coloro che, non essendo in grado per qualsiasi motivo di partecipare attivamente alla vita della Legione, vorranno costituirsi soci sostenitori di essa.

Nelle attuali contingenze e nella difficoltà di avere immediatamente vestiario e armamento, si dispone l’uso di un bracciale tricolore e di un fazzoletto rosso, mentre sarà studiata l’uniforme adatta.

In attesa dell’armamento ogni comando di nucleo procurerà di avere a disposizione, mercé l’interessamento dell’autorità militare, ogni tipo di arma in distribuzione alle forze armate nostre e alleate(18) .

Dunque il 24 settembre 1943 si decide di formare subito la Legione volontaria garibaldina, che tende ad avere contatti, pur partendo da presupposti politici dissimili, con il tentativo di costituire nell’Italia meridionale un corpo di volontari, “I Gruppi Combattenti Italia” (19)  .promosso da Benedetto Croce(20) , Il comando dei “Gruppi Combattenti Italia” con sede in Napoli, fu affidato al generale Giuseppe Pavone, ufficiale(21).

La spinta al reclutamento dei volontari Salentini, nasce da premesse politiche in qualche modo diverse dal movimento dei Gruppi Combattenti Italia, infatti il Croce puntava a salvare la casa regnante e lo stato liberale pensava che l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e la partecipazione alla liberazione del paese dai tedeschi sarebbero state condizioni sufficienti. L’obiettivo dei Comitato del Fronte Nazionale/ CLN è quello di unire le forze antifasciste nello sforzo di liquidare il fascismo ed il nazismo, mediare con il governo Badoglio ma nello stesso tempo lottare per evitare una restaurazione del vecchio quadro politico pre-fascista.

Il movimento antifascista pugliese che va organizzandosi attorno al Fronte Nazionale /CLN, come si è visto, ha difformità politiche e diversa visione dall’idea che Benedetto Croce ha sul ruolo dei volontari, anche il termine “Garibaldino”è interpretato e usato diversamente , per i Comitati del fronte Nazionale/CLN è il simbolo essenzialmente laico e di radicale opposizione al passato che si vuole combattere, per Croce è invece un machiavellismo, utile solo all’iniziativa momentanea (come il Garibaldi che nel 1859 e nel I860 consegna nelle mani del re il potere). Per i Comitati del fronte Nazionale/CLN del Salento, Garibaldi è un valore strategico, pieno di contenuti rivoluzionari e repubblicani, ribadito più volte, diversi documenti attestano questa ostinata volontà, come il verbale del 14 settembre del Comitato di Brindisi che parla di costituire delle Legioni Garibaldine di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia (22). Come nell’Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine redatto a Lecce, 16 settembre che afferma di formare legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina. E a maggior ragione il termine è presente nel Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”. Stilato nella già ricordata riunione del 24 settembre 1943 a Lecce, che chiarisce la volontà dei componenti del Comitato: .. Su proposta di Montessori, e dopo breve discussione, il Comitato decide di denominare la legione « Legione Volontaria Garibaldina»(23) .

La spinta a combattere il nazifascismo in tutta la Puglia in quei giorni di settembre ’43 è molto forte, e come si è visto molti sono i volontari, numerosi giovani vogliono prendere le armi contro tedeschi e fascisti, ma la maggioranza di essi non voleva arruolarsi nell’esercito regolare (24) , con una chiara presa di distanze dal regio esercito che oltre che essere permeato da persone e cultura reazionarie, era gravato dall’ombra della pesante debacle del l’8 settembre. Una organizzazione militare autonoma è punto fondamentale tra moltissimi aspiranti volontari e tra tutti gli antifascisti che cercano di organizzare una riscossa democratica.

Armare la popolazione civile, è uno degli obbiettivi discriminanti degli antifascisti, è una parola d’ordine agitata fin da prima dell’8 settembre dai dirigenti dei partiti politici antifascisti in tutto il Paese, in molti vi era già consapevolezza di ciò che sarebbe stato il drammatico sbocco della situazione italiana. Ma a nulla era servito, in quanto il governo Badoglio e le forze monarchiche e reazionarie che lo reggevano, avevano una profonda diffidenza all’idea di dare armi al popolo, è la sfiducia di una “casta” autoritaria e conservatrice, fortemente compromessa con il ventennio fascista, la sola idea di in un popolo in armi e di un qualunque ruolo attivo del popolo diverso dall’obbedienza cieca alla gerarchia. Tale timore era prevalso su ogni altra considerazione.

Che la “casta” sia invisa è confermato dalle parole scritte da Giaime Pintor (25)  combattente antifascista, in una lettera indirizzata al fratello, scritta a Napoli il 28 novembre del ’43 pochi giorni prima della sua morte, lettera divenuta famosa perché ha le caratteristiche di un testamento politico antifascista di alto valore: “Qualcuno degli amici che è da questa parte vi potrà raccontare come nella mia fuga da Roma sia arrivato nei territori controllati da Badoglio,come abbia passato a Brindisi dieci pessimi giorni presso il Comando Supremo e come, dopo essermi convinto che nulla era cambiato fra i militari, sia riuscito con una nuova fuga a raggiungere Napoli.” (26) è questo il giudizio definitivo di Giaime Pintor, egli pensa che da Brindisi non è possibile fare la lotta contro l’occupante nazifascista. Brindisi piena di ufficiali in massima parte chiaramente fascisti, sintetizza bene l’impressione radicatasi nell’animo di coloro che consideravano primo dovere organizzare la lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. Doveva quindi sgorgare del tutto naturale l’idea di dar vita a corpi di volontari indipendenti dalla vecchia organizzazione militare (27).

Lo stesso autore poi continua: lo Stato italiano, sconquassato dagli eventi dell’8 settembre, appariva in amplissime zone dello stesso territorio meridionale come qualcosa sulla cui semplice sussistenza era lecito il dubbio. Questa sensazione trovava un terreno particolarmente favorevole nell’animo di coloro che, dalla rabbia impotente sofferta nei giorni susseguenti all’armistizio, erano indotti a trarre la conclusione, frutto di sdegno morale prima ancora che di riflessione politica, che monarchia e Badoglio non dovessero mai più riaversi dallo spaventoso collasso. I giovani che avevano ben presto cominciato ad affluire nel Mezzogiorno, attraversando con grave rischio le linee e reduci, magari, dalla sfortunata difesa di Roma, o quelli che avevano partecipato alle vittoriose quattro giornate di Napoli durante le quali non si era vista traccia di generali, trovavano strana e indisponente la pretesa del governo di Brindisi di costituire l’unico centro di vita del Paese, l’unica autorità attorno alla quale raggrupparsi per organizzare la lotta contro i nazifascisti- D’altronde, cosa era stato possibile vedere dell’atteggiamento governativo in quei primi giorni di « regno del sud ».(28)

Quindi questi volontari anche meridionali non furono soltanto un’espressione velleitaria (29) come qualche ricerca storiografica postuma ha velocemente liquidato, non c’era per i volontari alcun motivo di gioia a servire nelle salmerie o essere ausiliari degli alleati o portare le stellette regie. In particolare in Puglia dentro il fronte delle forze antifasciste, altre ai socialisti e ai comunisti, è forte l’influenza del movimento liberalsocialista, azionista e di Giustizia e Libertà. Molti degli esponenti di questi movimenti sono tra i più attivi nei costituiti Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione. Il movimento liberalsocialista possiede una forte carica antimonarchica, oltre che antifascista, e riscuote molte simpatie negli ambienti giovanili e studenteschi delle città pugliesi: i sentimenti repubblicani animano la maggior parte dei giovani volontari.

L’esistenza di un dualismo politico, è descritto in un episodio accaduto a Bari (30)  tra i Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN ed il regno del Sud dalle esplicite caratteristiche autoritarie. Il dualismo e l’accentuata differenza si nutrono inizialmente anche sul tipo di forma militare, repubblicana e autonoma o monarchica, da dare alla lotta antitedesca e antifascista. Il dualismo politico continuerà ad alimentarsi per molti mesi ancora, ben oltre la breve stagione dei volontari italiani, almeno sino alla costituzione del governo Bonomi nel giugno ‘44.

Esiste una prova che ha più valore di un modulo d’arruolamento rinvenuto durante una perquisizione o dei vari verbali di riunione e appelli dei Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN per la Legione Volontaria Garibaldina: è la testimonianza di Vittorio Bodini (31), che parla di un tentativo vero, per andare a combattere nel corpo italiano del generale Pavone. Bodini organizza e guida, il 4 novembre, un gruppo di ventuno giovani studenti leccesi che finge d’essere una squadra di calcio e prova a raggiungere il paese di Nocera in Campania. Il noto poeta e letterato ha lasciato scritte diverse pagine di questa esperienza, che sono la prova del viaggio compiuto dai volontari salentini, ma sono anche una descrizione piena di riflessioni politiche e sociali ed istantanee sulla parte del mezzogiorno attraversata in quel difficile autunno del ‘43 (32)  .

Un fallimento scrive subito Bodini: questo è il giudizio da cui parte per raccontare della spedizione. Il gruppo da subito si deve muovere in forma clandestina, camuffandosi come un comitiva di sportivi perché sa dell’ostilità del governo Badoglio che può addirittura farli arrestare e deferirli al Tribunale di guerra in ogni momento.

Il Vittorio Bodini che li guida è nel poco noto ruolo di politico e di antifascista, di attivo oppositore al regime dalla iniziale fede azionista. Scrive il 12 dicembre ‘43, commentando a caldo la sua esperienza di volontario, in una lettera ad un amico: (…) questa guerra è un appuntamento con la mia coscienza, forse la sola occasione che sarà data al mio antifascismo e al mio amore per l’Italia (se non anche ai miei sentimenti antitedeschi) di scontrarsi con la partita della vita (…) nel caso si riesca a realizzare questo nostro santo desiderio, ritengo però necessario il nome di Garibaldi, unica garanzia che potremmo opporre alle false interpretazioni in cui la nostra risoluzione può incorrere e la espressa apoliticità di noi volontari (33).

I volontari garibaldini del Salento guidati da Bodini, per trovare uno sbocco all’azione, erano stati indirizzati verso in una caserma di Nocera appartenente ai Gruppi Combattenti Italia, dove il generale Pavone addestrava e organizzava i volontari voluti e promossi da Benedetto Croce, ad indicare quella meta era stato l’ing. Montessori, componente il Comitato d’Azione/CLN leccese che aveva collegamenti con il Gen. Pavone.

Il gruppo dei volontari salentini aveva intrapreso quel viaggio rischioso e clandestino senza sapere che già dal primo di novembre i Gruppi Combattenti Italia (34)  erano stati sciolti e la caserma chiusa. Giunti alla meta, dopo un viaggio ferroviario movimentato che da Lecce si era snodato tra varie fatiche per Francavilla, Taranto e Potenza, Vittorio Bodini scrive: Arrivammo a Nocera all’alba. Le vie del paese erano deserte. Entrammo in un caffè a bere qualcosa di caldo e a chiedere della caserma dei volontari. C’erano il padrone e dei vecchi che giocavano a carte in un angolo. Nessuno ci volle dir nulla. Nessuno aveva mai sentito parlare del corpo dei Volontari.[..] Girammo per il paese ancora addormentato[..] Volle il caso che incontrassimo uno del paese e gli ponessimo la solita domanda proprio all’altezza di un grande portone chiuso. Gli parve che non fosse il caso di dire di no. Ci indicò il portone e disse:

— È lì ma è chiuso da due giorni.

Vittorio Bodini più avanti aggiunge: Si diceva che dietro questa linea di condotta degli Alleati ci fossero le pressioni esercitate su di essi da Badoglio, preoccupato che, oltre tutte le armi che venivano date ai partigiani del Nord, vi fossero anche nel Sud partigiani armati.

Pochi giorni di ritardo, la caserma dei volontari organizzati dal generale Pavone era chiusa per sempre. Non starò a descrivere, annota Vittorio Bodini, l’amarezza e lo sdegno dei miei compagni, abbastanza giovani da non riuscire a credere che gli ideali che li avevano spinti a partire — il corpo sanguinante della patria, la lotta dei fratelli del Nord, questo senso meraviglioso di solidarietà da parte di chi nessun pericolo minacciava direttamente — potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi (35).

Il primo novembre il generale Pavone ha già ricevuto dal colonnello Huntington la fredda lettera di congedo, Il colonnello dell’O.S.S. , scrive lo storico Pavone, si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti (36).

Il governo Badoglio aveva vinto, aveva ottenuto dagli alleati di essere l’unico interlocutore. Già il 10, settembre, era stato emanato un bando per lo scioglimento di tutte le formazioni di volontari; questo dava il colpo di grazia ai precoci tentativi pugliesi, per evitare che vi fossero anche nel Sud partigiani armati (37).

Lo stesso giorno 10, era apparso, con chiara funzione di contraltare, un manifesto del Comando Militare Italiano di Napoli, in cui si invitavano, «presi gli accordi col Comando degli Alleati», all’arruolamento volontario i giovani delle classi dal 1910 al 1925 (38).

C’è una piccola traccia nella città di Brindisi del più meschino degli intrighi, una prova dell’opposizione alla formazione dei volontari del governo Badoglio, è una copia di un telegramma dalla precedenza assoluta, diramato l’8 ottobre del ‘43 ai Prefetti di Bari, Brindisi, Taranto, Lecce, Potenza, Matera, Cagliari, Sassari, Nuoro, Foggia, S.E. Generale Basso Cagliari: Vostra Eccellenza vorrà’ disporre perché’ su tutta stampa locale sia dato massimo rilievo seguente comunicato due punti virgolette Comunicato del Governo punto a capo Punto Nessuno virgola individuo virgola ente od associazione e’ autorizzato a procedere alla formazione di bande di volontari punto Solamente l’Esercito e’ incaricato di ricevere virgola armare ed istruire volontari punto Chiunque operi contrariamente a queste tassative disposizioni sarà’ immediatamente arrestato e deferito al Tribunale di guerra punto Badoglio chiuse virgolette Punto Superfluo aggiungere che bande eventualmente già costituite o in corso di costituzione vanno immediatamente sciolte e diffidati prontamente di astenersi da ulteriore attività’ in merito punto Assicuri punto Capo Governo Badoglio.(39)

ASBR Telegramma della Presidenza del Consiglio dei ministri ai prefetti, 8 ottobre 1943

Queste primi esperimenti di volontariato nati nel Mezzogiorno, questo tentativo di partigiani armati nel Sud come scriveva Bodini, è ingeneroso definirli velleitari, questi tentativi erano stati fatti da uomini in carne ed ossa, di volontari che pagarono talvolta con la vita (40)   come Giaime Pintor o Paolo Petrucci ucciso alle Fosse Ardeatine (41) , in tanti altri casi si andò ben oltre l’essere addetto alle salmerie, o a zappare trincee e o guidare un mulo, basta ricordare per esempio l’iniziativa di Raimondo Craveri (42) , che costituì l’Organizzazione per la Resistenza Italiana(O.R.I.) (43)  che diede un contributo prezioso alla resistenza.

In conclusione una poesia di Vittorio Bodini che conferma la convinzione dell’intrigo ordito sulla testa dei giovani volontari, del tradimento nei confronti della generazione i cui ideali potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi tramato contro i giovani meridionali che volevano fare i partigiani:

 

COLONNA PAVONI (44)

Qualcuno forma a Nocera

una brigata garibaldina.

Badoglio parlò con gli inglesi

per farla sciogliere:

promise in cambio i volontari del re.

Di Nocera Campana ho mangiato il pane,

ho rubato i loti che fra le dita si spegnevano

come lampadine d’un presepe viola.

Chi arrivò prima fu

paracadutato.

Giaime Pintor morì.

Gli altri, chi tornò a casa

e chi andò a Napoli.

E a Napoli uno sciame di bimbette

sul lungomare

appuntavano sul petto ai soldati negri

medagline di prima comunione.

 

 

Di Donato Peccerillo

ATTENZIONE     le riproduzioni de: il Volantino “Appello ai Giovani d’Italia”, 18 settembre 1943;  la Scheda “Arruolamento ai <<Reparti Volontari Italiani>>”[ 1943]; il Telegramma della Presidenza del Consiglio dei ministri ai prefetti, 8 ottobre 1943 sono “Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, autorizzazione dell’Archivio di Stato di Brindisi, n.03/15. Riproduzione vietata”.

 

note

1. Francesco Ricci nasce a Ceglie Messapica (Br) il 2 febbraio 1895 da Angelo e Vincenza Sisto. Figura di spicco nel panorama antifascista clandestino della provincia di Brindisi, forma la sua coscienza politica in seno alla famiglia d’origine, considerata «un punto di riferimento del socialismo cegliese». Di professione ebanista (poi anche rappresentante di commercio), nel 1924 Ricci risulta tra i sovversivi inclusi nello schedario della questura di Lecce. Nel dicembre 1936, emigra in Francia. Anche qui svolge il ruolo di “emissario”, trasmettendo direttive, informazioni e materiale di propaganda ai compagni di fede del suo paese natale, a volte nascosti in pacchi inviati alla sorella Maria. Con questo stesso intento rientra clandestinamente in Italia in più occasioni, a Milano come a Ceglie. Non a caso in seguito sarà individuato dall’OVRA quale capo dell’organizzazione comunista clandestina di tutta la provincia di Brindisi.Da fuoriuscito Ricci mantiene i contatti attraverso una fitta corrispondenza. A Francesco Barletta Ricci confida, nell’aprile del 1937, che sta per unirsi ai rivoluzionari spagnoli -a maggio infatti la polizia lo segnala a Carrieres sur Seine in un reparto di volontari per la Spagna– ma poi non lascia la Francia. Nell’agosto 1937, in seguito ad una operazione dell’OVRA in provincia di Brindisi, alcuni sovversivi responsabili di attività comunista subiscono l’arresto, compreso il fratello di Francesco, Arcangelo Ricci. I maggiori esponenti del movimento, tra i quali Francesco Ricci, sono deferiti al Tribunale speciale per la Difesa dello Stato che, il 22 dicembre 1937, ricercato è iscritto nella Rubrica di frontiera, nel 1938 è anche inserito nel Bollettino delle Ricerche come «comunista d’arrestare». Ricci rimane a Parigi sino al settembre 1942 quando, arrestato dai tedeschi, è costretto a far ritorno in Italia. Tradotto nelle carceri di Roma, il 14 novembre 1942 il Tribunale speciale lo condanna a 15 anni di reclusione. Sconta un anno di pena a S. Gimignano e dopo la scarcerazione, avvenuta il 19 agosto 1943 alla caduta del fascismo, rientra a Ceglie Messapica. In seguito Ricci partecipa alla costituzione dei Comitati di Liberazione provinciali. (Note biografiche a cura di Elena Lenzi)

 

2. Archivio di Stato Brindisi Busta 854 Questura II° e III° Versamento Gabinetto

 

3. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979

4. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, , Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

5. Ibidem.

6. Palermo Vittorio “Originario di Ceglie Messapica, dove è nato nel 1906, fin dalla metà degli anni ’30 aveva assunto posizioni sempre più critiche verso il regime ed aveva preso contatti con la figura di maggiore spicco del movimento antifascista di Ceglie, quel Francesco Ricci Già nella primavera del 1937, pertanto, era segnalato alle autorità di polizia di frontiera perché fosse sottoposto agli opportuni controlli al suo ritorno da un viaggio in Francia dove si sospettava che prendesse contatti col Ricci, fuoriuscito da qualche mese, riportando in patria clandestinamente materiale di propaganda.Palermo stabilì i contatti di cui era, a sua insaputa, sospettato, ma evitò prudentemente di presentarsi alla frontiera con materiale compromettente e poté quindi tornare senza pericolo in Italia. Negli anni successivi, soprattutto dopo lo scoppio della guerra, diede alla sua attività antifascista maggiore continuità prendendo contatti con intellettuali e professionisti antifascisti della provincia.” a Brindisi è solo nel mese di agosto di quella calda estate del ’43 i principali esponenti dell’antifascismo locale si riuniscono per la prima volta ufficialmente nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, per formare « un comitato provinciale di concentrazione antifascista» e per costituire « un primo nucleo del Comitato stesso » da allargare poi « con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si attengano alle direttive seguite dal Comitato Provinciale del Fronte Nazionale ». Sin dall’inizio l’avv. Vittorio Palermo appare, l’uomo di punta del comitato. Nell’aprile del ’41, coinvolto nelle indagini condotte sull’attività del gruppo di Tommaso Fiore in Puglia e già in precedenza ripetutamente diffidato egli era stato prelevato nella sua casa di Latiano dal commissario regionale dell’OVRA. In seguito era stato trasferito e trattenuto alcuni giorni nel carcere di Bari. Qui era venuto in contatto con alcuni dei più importanti tra quelli che sarebbero poi diventati i suoi amici antifascisti, con i quali non avrebbe più interrotto i collegamenti allora allacciati. Tra essi l’avv. Michele Cifarelli, l’avv. Domenico Pastina di Trani, gli avv. Vito Mario Stampacchia e Michele De Pietro di Lecce ed altri, tutti arrestati a seguito del ritrovamento da parte della polizia politica di un elenco del prof. Fiore di tutti gli antifascisti nazionali e regionali che si avvicendavano nella sua casa di via Q. Sella a Bari. Attorno a Palermo, già da questa prima riunione del 9 agosto 1943 ritroviamo altre figure dell’antifascismobrindisino del periodo della clandestinità: tra esse l’ing. Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli, Guglielmo Cafiero, che insieme con i vari De Tommaso, Mauro, Prampolini, Ribezzi, Ostuni e Patrono avevano costituito il cuore forte dell’opposizione al regime e il tramite con ambienti antifascisti che operavano al di fuori della provincia ed ai quali alcuni di loro erano legati da rapporti di parentela, di fraterna amicizia o di lavoro e di studio. (Nel 1936 cominciò a dispiegarsi l’opera di vari gruppi antifascisti ai quali parteciparono numerosi giovani, tra i quali Giuseppe Patrono ed attorno ai quali gravitarono l’avv. Vittorio Palermo, l’ing. Sala, il Cafiero ed altri. L’attività di questi gruppi non rimase isolata, ma per il tramite di Patrono e Palermo si stabilirono contatti frequenti con gli ambienti universitari di Napoli, Pisa e Fircnze, centri nei quali — com’è noto — operavano note personalità antifasciste. È appena il caso, infine, di ricordare, oltre ai numerosi militanti comunisti incarcerati o confinati, alcune note figure dell’antifascismo socialista come Felice Assennato, Beniamino Andriani e Arturo Sardelli.) da note di Franco Stasi in La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

7. De Tommaso Giuseppe di Francesco e di Siracusa Anna Rosa, nato a Brindisi il 19 marzo 1906, res. a Brindisi, celibe, meccanico, comunista. Arrestato il 7 novembre 1931 perché, come capo dell’organizzazione comunista locale, si manteneva in contatto con i fiduciari dei comuni della provincia e con i sovversivi delle provincie vicine. Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Brindisi con ord. del 5 gennaio 1932. Sedi di confino: Ponza, Tremiti. Liberato il 6 novembre 1936 per fine periodo. Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque. Sin dal 1924 manifestò idee comuniste, fu fiduciario del partito a Brindisi ed esplicò attività antinazionale venendo più volte sottoposto a fermi e perquisizioni che portarono al sequestro di giornali sovversivi. Per sfuggire alla sorveglianza si faceva quindi indirizzare la corrispondenza di natura politica presso il cognato, inviando viceversa la sua sotto lo pseudonimo « Vladimiro ». da Katia Massara: “Il popolo al confino- la persecuzione fascista in Puglia; Archivio centrale dello Stato Ministero per i Beni culturali e Ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici 1991;

8 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

9 .Ibidem.

10. Ibidem.

11. Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine Lecce, 16 settembre 1943 a cura di M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 262-264

 

12. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

13. Ibidem.

14. Ibidem.

15. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

16. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).

 

17. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962

 

18. Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”- Lecce in M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 264,265

 

19. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962

 

20. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955 -I primi suggerimenti di costituire legioni volontarie combattenti con bandiera italiana accanto agli alleati erano stati dati al generale americano William Donovan, capo dell’O.S.S. (Office of Strategie Service), da Raimondo Craveri e Pasquale Schiano al campo di Pesto e, subito dopo, da Benedetto Croce il 22 settembre a Capri.

 

21. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962: [..] di sentimenti antifascisti, allontanato da tempo dall’esercito. Uomo onesto e valoroso, egli si dimostrò tuttavia, sia dal punto di vista tecnico che da quello politico, non completamente all’altezza del compito di guidare una cosi difficile impresa, del cui significato patriottico ebbe un alto concetto, ma che non riuscì ad adeguare alla situazione di emergenza, cosi lontana dai tradizionali schemi militari, dai quali egli ancora troppo si lasciò guidare.

 

22 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

23. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979

24. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955- Claudio Pavone scrive: Degli Espinosa, da cui traiamo queste notizie ci narra inoltre di un suo colloquio a Bari, in ottobre, con il capitano inglese Robertson. Il Robertson disse che i volontari erano numerosi, ma nella grande maggioranza non volevano arruolarsi nell’esercito regolare.

 

25 .Giaime Pintor, letterato e giornalista, nato a Roma il 1919, è antifascista e antinazista, il 10 sett. 1943 partecipa alla difesa di Roma a Porta S. Paolo; Caduta la Capitale, varca le linee tedesche e si porta a Brindisi, deluso dall’ambiente che trova nel regno del sud si reca in Campania e lavora con altri giovani alla formazione di un corpo di Volontari della libertà. Fallita questa impresa, nel tentativo di ripassare le linee per recarsi nel Lazio a organizzare la Resistenza di gruppi partigiani, cadde ucciso da una mina a Castelnuovo al Volturno (Campobasso) il 1° dicembre del 1943, poco prima di partire quasi avesse una premonizione, aveva scritto una lucida lettera-testamento al fratello minore, Luigi.

 

26. Giaime Pintor: Napoli, 28 novembre 1943, dalla lettera al fratello Luigi.

27. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

28. Ibidem.

 

29 . I gruppi combattenti Italia , pag252-256 in Storia della Resistenza la guerra di liberazione in Italia 1943-1945 vol. I° Editori Riuniti Roma 1987

 

30. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).- l’esistenza di quel dualismo politico che poi si sarebbe affermato, per cui gli atti delle autorità pubbliche si duplicavano di iniziative rivoluzionarie. E siffatto dualismo generò subito un urto, poiché il questore [che] agì contro l’iniziativa dell’arruolamento che a termini di legge violava l’ordine pubblico. Stimolato dall’estrema gravità del momento, alla stessa guisa degli uomini che si accingeva a colpire, egli procedette a restaurare l’ordine compromesso e, poco dopo l’affissione dei manifesti, il tipografo Canfora, l’azionista Lapriora ed il socialista Larecchiuta venivano fermati. Fu un fermo di poche ore, ma l’episodio bastò a sviluppare una vicendevole diffidenza fra gli uomini dei partiti e quelli degli organi statali che le circostanze chiamavano invece a collaborare

 

31. Bodini, Vittorio. – Poeta, studioso e saggista, nato a Bari da famiglia leccese il 6 gennaio 1914, morto a Roma il 19 dicembre 1970. . Influenzato dal gusto ermetico negli anni precedenti la guerra, esordì nel 1952 con la raccolta La luna dei Borboni. Diresse la rivista L’esperienza poetica (1954-56) che perseguiva un rinnovamento della poesia in collegamento con le istanze di rinnovamento sociale del Sud. Nel 1956 pubblicò Dopo la luna e nel 1967 la raccolta Metamor. Nel 1972 è apparsa, postuma, la sua opera poetica completa: Poesie (1939-70). Docente di letteratura spagnola all’univ. di Bari, ha lasciato versioni da Lorca, P. Salinas e Cervantes, nonché i volumi di saggi Studi sul barocco di Gongora (1964) e Segni e simboli nella “Vida es sueño” (1968).Nel 1941 Vittorio Bodini, sente la necessità, l’urgenza morale dell’impegno civile, della partecipazione attiva alla cospirazione antifascista. È difficile dire quando questo atteggiamento, che è prima etico che politico, si concreti in una partecipazione alla attività clandestina; Bodini non ha esitazioni a fissare questa data che confermerà in un taccuino degli anni ’60, nel quale annotava di aver fatto parte fin dal 1941 di « Giustizia e Libertà », testimonianza confermata da Vittore Fiore, nel suo « ricordo » di Vittorio Bodinini.

Già nel novembre del ’42, gli atteggiamenti di sfida, assunti anche pubblicamente da Bodini non potevano essere più ignorati dalle autorità locali del PNF; il fiduciario del fascio scriveva che Bodini era: « un intellettualoide vanesio e tendenzialmente antifascista ». Dall’ottobre del ’42 egli non fu più « un poeta in una trasognata isola irreale », si lanciò nell’attività clandestina, tenne i contatti con i liberal-socialisti fiorentini e col gruppo di «Giustizia e Libertà », attorno a Tommaso Fiore.

Bodini compì anche alcuni viaggi a Firenze, quasi sicuramente alla fine del ’42 e poi certamente nel marzo e nel maggio del ’43. Un riferimento indiretto lo si può trovare nella sua poesia « Notte di guerra », ispirata al bombardamento di Foggia del 30 maggio ’43 da cui egli era passato a qualche giorno di distanza. Egli fece la spola tra Lecce e Bari divenendo uno dei corrieri di « Italia libera ». È così attivo nell’attività di « Giustizia e Libertà » da rappresentare con B. Liguori il gruppo al Congresso clandestino di Firenze (5 settembre ’43). Al suo ritorno a Lecce si apre uno scontro all’interno della locale sezione, sul problema della epurazione degli iscritti compromessi con il fascismo, che vede Bodini schierato su posizioni di intransigenza tali da portarlo con altri suoi compagni a formare una sezione « autonoma », che rientrerà nel partito d’Azione dopo una mediazione di Calace e di Cifarelli nel novembre del ’43.

Bodini non seguirà di persona queste vicende perché coinvolto nel tentativo di partecipare alla formazione di un Corpo di volontari da :Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

 

32. Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi,

33. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

34. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955,- “Il mattino del I° novembre Pavone ricevette dal colonnello Huntington la lettera di risposta al promemoria : era una fredda lettera di congedo, annunciato con una burocratica perifrasi. Il colonnello dell’O.S.S. si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti. Alla Nota 110 « Licenziamento del servo » fu il primo irato commento di PAVONE (Diario, 1° novembre), « Data l’estrema penuria di viveri e l’impossibilita di armare con i nostri mezzi anche piccole unita militari in vista di un impiego regolare, data l’aggiunta impossibilità di provvedere locali per l’acquartieramento e l’addestramento senza ildiritto di requisizione, il ritiro dell’appoggio alleato equivaleva ad una condanna a morte della nostra iniziativa»: cosi scrive F. CARACCIOLO, op. cit., p. 9. Pasquale Schiano mi ha testimoniato della imbarazzante situazione in cui vennero a trovarsi quegli uomini che gli anglo-americani avevano di loro iniziativa mandato dietro le linee e che, tornando dalle loro missioni (ma alcuni non tornarono più), trovarono disciolto il corpo cui appartenevano: alcuni di essi, ricorda Schiano, finirono addirittura nei campi di concentramento della Tunisia.

 

35 .Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

 

36. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

37. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

38. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

39. Archivio di Stato Brindisi Gabinetto Busta 74 fasc 12

 

40. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

41. Paolo Petrucci Nato a Trieste il 1° agosto 1917, fucilato alle Fosse Ardeatine (Roma) il 24 marzo 1944, professore. Al momento dell’armistizio si trovava a Roma. Partecipò così ai combattimenti contro i tedeschi a Palidoro. Quando i nazisti occuparono la Capitale, il giovane granatiere decise di passare in clandestinità. Con gli amici Paolo Buffa e Aldo Sanna, “Pietro Paolucci” – questo il nome di copertura – partì verso il Sud con lo scopo di promuovere la costituzione di un corpo di “Volontari per la libertà”. Non fu possibile realizzare il progetto, per cui Petrucci, con Buffa e Giaime Pintor (che avevano incontrato nell’Italia già liberata), decisero di tornare a Roma per organizzare gruppi di partigiani nel Lazio. Nel tentativo di ripassare le linee lungo il Garigliano, i giovani antifascisti finirono su un campo minato. Pintor saltò in aria su una mina e gli altri decisero di tornare indietro. Addestrati dagli Alleati, dopo due settimane “Paolucci” e Buffa furono paracadutati su Monte Rotondo, di dove poi raggiunsero, a Roma, la casa della comunista Enrica Filippini che li ospitò, consentendogli di organizzare azioni di propaganda antinazista, che raggiunsero il culmine con le manifestazioni degli studenti romani. L’attività di Petrucci e dei suoi durò giusto un mese. Il 14 febbraio 1944 le SS irruppero nell’abitazione della Filippini e vi arrestarono la padrona di casa, Cornelio e Vera Michelin-Salomon, Paolo Buffa e “Pietro Paolucci”. Per tutti la solita trafila in via Tasso e poi il processo, nel corso del quale Petrucci, forse grazie al suo nome di copertura, fu assolto. Ciò non impedì ai tedeschi di farlo rinchiudere nel terzo braccio di Regina Coeli, dal quale uscì soltanto per essere trucidato alle Fosse Ardeatine.

 

42. Raimondo Craveri (Napoli, 1912 – Roma, 16 ottobre 1992) è stato un intellettuale antifascista, cognato di Croce, fu tra i fondatori del Partito d’ azione. Dopo l’8 settembre 1943, è a Salerno, dove, con Alberto Tarchiani e Alberto Cianca, e con l’avallo di Croce morale dello stesso Croce lanciarono l’ idea di una formazione di volontari che avrebbe dovuto prender parte, combattendo in prima linea, al fianco degli eserciti anglo-americani, nella guerra per la liberazione dell’ Italia soggiogata dai nazisti. Dopo avervi consentito, gli anglo-americani, al momento della sua realizzazione, non ne vollero più sapere. Il loro rifiuto era dovuto al desiderio di Churchill di non consentire che degli italiani, e soprattutto non degli italiani tendenzialmente repubblicani, acquistassero troppi meriti. Craveri non si rassegnò , tuttavia. Propose agli americani la creazione di un servizio di contatti ed aiuti ai partigiani dell’ Italia settentrionale. Questa volta trovò ascolto durevole. Il servizio, diretto da Craveri, con la denominazione di ORI, si costituì ed operò molto efficacemente. Procurò parecchi avio-lanci di armi ai partigiani.

 

43. [..] una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI.

Coordinata dall’OSS, l’ORI operava spesso in più stretti rapporti con i CLN e i partiti politici che non le SF (Special Force) britanniche.

Fin dal settembre l’ORI collaborò alla spedizione della prima missione alleata (Law) nel Nord. Trasportata da un sottomarino e diretta a Lavagna in Liguria, essa era guidata da un nipote di Matteotti, Guglielmo (Minot) Steiner, e comprendeva Fausto Bazzi e Guido De Ferrari. Alla missione si aggiunsero poi Piero Caleffi del PDA di Genova e altri, tra cui il radiotelegrafista Giuseppe Cirillo che più tardi proseguì la sua attività presso la direzione milanese della

Resistenza.

Nell’ottobre l’ORI di Craveri stabilì un contatto radio con il servizio informazioni clandestino della Otto, appena organizzato a Genova da Ottorino Balduzzi, sostenitore a quell’epoca del PDA. [..] Parri fu in grado di servirsi frequentemente dei servizi della Otto e di comunicare grazie a essa con gli Alleati. Sia l’ORI che le SF si servirono in seguito regolarmente del servizio informazioni della Franchi che le succedette, istituito da Edgardo Sogno e da altri autonomi.( Da Charles F. Delzell I Nemici di Mussolini. storia della resistenza armata al regime fascista, Castelvecchi Roma 2014)

 

44.Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi.