I partigiani mancati del Sud

I partigiani mancati del Sud

“Sul conto delle sottonotate persone si è proceduto nei loro confronti a perquisizione domiciliare senza nulla rinvenire, ad eccezione in quella eseguita nella casa del comunista Ricci (1) , nella quale sono stati rinvenuti gli acclusi allegati a sfondo patriottico “Appello ai giovani d’Italia” e una scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani.”(2)

Questo si legge in un rapporto dattiloscritto della Compagnia di Brindisi esterna appartenente alla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Bari, in data 11 ottobre 1943, indirizzato alla regia questura di Brindisi.

La scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani sequestrata dai carabinieri nell’abitazione di Francesco Ricci a Ceglie Messapica, è l’occasione per raccontare una storia piccola e poco nota della Legione volontaria salentina, questa è la dizione usata in diversi documenti dell’epoca, Legione nota anche come garibaldina. Poche sono le notizie di questo episodio in questa parte del Sud, accaduto tra settembre e ottobre del ’43, in qualche modo una particolarità tutta locale, è in pratica il racconto di un tentativo mancato di reclutare ed organizzare partigiani.

Ad un mese dal suo insediamento a Brindisi, la vocazione reazionaria del regno del Sud è tutta in questa azione che è una delle tante volte a reprimere i soliti “sovversivi”, come se nulla fosse cambiato. L’elenco di persone da perseguitare è sempre quello del ventennio fascista, non a caso anche la denominazione nel rapporto dei Reali Carabinieri non è mutata , si titola sempre Elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze: il Ricci comunista e tanti altri antifascisti di varia fede politica continuano ad essere persone pericolose per Badoglio, il re e la corte fuggita frettolosamente a Brindisi.

Nella stessa operazione di sequestro è ritrovato un volantino titolato Appello ai giovani d’Italia indirizzato anche agli universitari che farebbe supporre che il Ricci assieme a tutti gli altri componenti Fronte Nazionale della provincia (prima denominazione del CLN) reputasse come interlocutori fondamentali per un arruolamento di volontari i giovani e gli studenti.

 

"Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, autorizzazione dell'Archivio di Stato di Brindisi, n.03/15. Riproduzione vietata".
L’attenzione ai giovani è, per esempio, confermata nell’appello diffuso nelle tre provincie del Salento, il 12 settembre del 1943, dal Fronte Nazionale/ CLN. E’ scritto: molti dei nostri giovani si sono offerti a costruire una legione volontaria al servizio della Patria (3)  (ovviamente, contro l’invasore tedesco e il regime fascista). Qualche giorno dopo sempre lo stesso Fronte Unico Nazionale delle province Salentine ribadisce in un Ordine del giorno, in una proposta articolata di collaborazione con il governo Badoglio: Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia(4).

Ricci Francesco

 

 

 

 

Nel verbale dell’ottava seduta del Comitato del Fronte Nazionale di Brindisi del 14 settembre, avvenuta nello studio dell’avvocato Giovanni Stefanelli, si sostiene che i componenti il Comitato provinciale approvano un ordine del giorno (un Promemoria) da sottoporre alle Autorità militari italiane [..]composto di sei punti [..] tra i quali[..] sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a tutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere [..] il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. Infine si approva di lanciare un Manifesto incitante i Salentini a costituire delle «Legioni Garibaldine» di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia(5) .

Il verbale concludeva con la designazione di chi doveva occuparsi di propagandare le posizioni del Comitato in provincia attraverso un manifesto: l’avvocato Palermo(6)  e De Tommaso (7) . Il Promemoria approntato per l’occasione prevedeva tra gli altri punti un Permesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio (8)  (Michele dell’Olio era il direttore della società SACA dal 1934, anno di costituzione della società, al 1943 ); la Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari (9); ed infine l’Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato (10).

Il 16 settembre del ’43 il Fronte nazionale delle Province Salentine approva un’altra proposta di confronto con il “governo di Brindisi”. Era frutto di una riunione a cui avevano partecipato componenti dei Comitati di Brindisi, Lecce e Taranto, i sottoscrittori del documento erano: Vito Mario Stampacchia, Alfredo Bernardini, Mose Cohen, Francesco Dongiovanni, Antonio Fiocca, Biagio Giordano, Gino Liaci, Luigi Lopez y Royo, Vittorio Maradei, Pietro Massari, Mario Montessori, Tarquino Panzera, Ernesto Romano, Francesco Spinelli, Alessandro Persone, Luigi Vallone, Felice Assennato, Arturo Sardelli, Guido Zaccaria, Donato Ruggiero, Guglielmo Cafiero.

La posizione dei Comitati salentini, sintetizzata in Ordine del Giorno, era la base di una proposta di collaborazione con il governo monarchico di Brindisi ad una delle condizioni Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia (11).

In quei giorni della seconda decade di settembre i Comitati di Brindisi e di Lecce continuano a consultarsi con frequenza ravvicinata e spesso con riunioni congiunte, così come ripetuto è il riferimento che il Comitato di Brindisi fa nei suoi verbali di riunioni alla questione della Legione Salentina, che diventa un refrain e un’ossessione. Essa è citata nella undicesima riunione del 21 settembre, per l’opportunità di iniziare una sottoscrizione da parte di elementi antifascisti a pro delle erigende Legioni Volontarie (12). Il 24 settembre vengono approvati due Manifesti da fare affiggere e da dispensare alla cittadinanza: il 1° rivolto a tutto il Salento, il 2° rivolto alla città di Brindisi; entrambi concernenti l’appello indirizzato a tutte le forze del Paese per combattere, con ogni mezzo, il nazifascismo e per spronare i salentini ad accorrere fra le schiere dei futuri volontari (13). Nel verbale della seduta del 5 ottobre si fa richiesta al Governo oltre che della facoltà di pubblicare periodici; anche l’autorizzazione di organizzare le legioni dei Volontari. Nello stesso documento il Fronte Nazionale fa presente i voti di moltissimi giovani del Salento perché sia autorizzata la costituzione una Legione Volontaria volta a combattere per la liberazione della Patria(14).

Non è solo nelle tre provincie del Salento che ci sono moltissimi giovani pronti ad a proporsi volontari contro i nazifascisti, a Bari, nel periodo dopo l’8 settembre molti sono i giovani che vogliono imbracciare le armi.Claudio Pavone scrive ne “I Gruppi Combattenti Italia“: Verificatosi il crollo dell’8 settembre, fu proprio in Puglia, nelle «provincie del re », che avvennero i primi tentativi di organizzare un volontariato. A Bari veniva affisso un manifesto, a firma di esponenti comunisti, socialisti, democristiani e del partito d’azione, in cui sì chiamavano i cittadini alle armi annunziando l’apertura presso il Fronte Nazionale d’Azione, dell’arruolamento per la guerra ai tedeschi. In pochi giorni sembra si radunassero quattro o cinquecento giovani, guardati con sospetto dalle autorità britanniche e italiane, tanto che il questore Pennetta fu dell’opinione che l’arruolamento turbava l’ordine pubblico, prese posizione contro di esso e fece fermare per alcune ore il socialista Larecchiuta e l’azionista Lapriora(15) .

Anche un’altra fonte conferma queste notizie. Difatti Agostino Degli Espinosa nella sua opera Il regno del Sud scrive: a Bari, [..]. Nello smarrimento generale, tuttavia, le autorità civili rimanevano salde al loro posto, e le direzioni dei due partiti attivi, il Comunista e quello d’Azione, a cui si univano uomini rappresentativi dei democristiani e dei socialisti non ancora organizzati a partiti, assumevano un deciso atteggiamento combattivo. Ad iniziativa di uomini che successivamente si sarebbero affermati nel giuoco politico, veniva stampato ed affisso un manifesto, a firma dei quattro partiti da essi rappresentati, in cui si chiamavano i cittadini alle anni e si annunciava che presso la sede del Fronte Nazionale d’Azione era aperto l’arruolamento dei volontari (16). Inoltre viene data una stima della quantità di volontari meridionali in prevalenza coinvolti a vario titolo nella sfortunata esperienza dei reparti volontari: Sembra, da testimonianze e da documenti che ho potuto raccogliere, che si arrivò a più di un migliaio di persone (17).

Ma nel Salento, a Lecce nella riunione del 24 settembre 1943 , il Comitato organizzativo dei volontari decide di denominare la legione Legione Volontaria Garibaldina. Essa sarà per ora costituita da tre nuclei principali: Lecce, Brindisi e Taranto, dei quali potranno far parte volontari di ogni regione d’Italia e ai quali faranno capo nuclei secondari da costituire nei centri minori delle province.

La Legione è completamente indipendente dai partiti e non costituisce l’emanazione di alcuna organizzazione a sfondo politico; alla base del suo ordinamento è il rispetto delle istituzioni vigenti, nella convinzione che unico scopo di essa deve essere la lotta a fondo contro i tedeschi e i fascisti, per la liberazione del suolo della Patria.

Il Comitato stabilisce che la Legione sia organizzata secondo il vigente ordinamento dell’Esercito ed esprime il voto che ciascun nucleo sia affidato, per il comando, a un ufficiale superiore dell’Esercito in S.P.E. (Servizio Permanente Effettivo) e proveniente dal S.P.E.. e ciò affinché sia garantita la massima efficienza del reparto, anche dal punto di vista tecnico e disciplinare. Il comando della Legione viene affidato al col. Cohen, mutilato di guerra, proveniente dal S.P.E., al quale dà mandato di predisporre nel più breve tempo possibile l’organizzazione del reparto, in accordo con le autorità superiori dell’esercito. […]

Su proposta del col. Cohen si decide che la Legione abbia amministrazione autonoma, con fondi forniti da tutti coloro che, non essendo in grado per qualsiasi motivo di partecipare attivamente alla vita della Legione, vorranno costituirsi soci sostenitori di essa.

Nelle attuali contingenze e nella difficoltà di avere immediatamente vestiario e armamento, si dispone l’uso di un bracciale tricolore e di un fazzoletto rosso, mentre sarà studiata l’uniforme adatta.

In attesa dell’armamento ogni comando di nucleo procurerà di avere a disposizione, mercé l’interessamento dell’autorità militare, ogni tipo di arma in distribuzione alle forze armate nostre e alleate(18) .

Dunque il 24 settembre 1943 si decide di formare subito la Legione volontaria garibaldina, che tende ad avere contatti, pur partendo da presupposti politici dissimili, con il tentativo di costituire nell’Italia meridionale un corpo di volontari, “I Gruppi Combattenti Italia” (19)  .promosso da Benedetto Croce(20) , Il comando dei “Gruppi Combattenti Italia” con sede in Napoli, fu affidato al generale Giuseppe Pavone, ufficiale(21).

La spinta al reclutamento dei volontari Salentini, nasce da premesse politiche in qualche modo diverse dal movimento dei Gruppi Combattenti Italia, infatti il Croce puntava a salvare la casa regnante e lo stato liberale pensava che l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e la partecipazione alla liberazione del paese dai tedeschi sarebbero state condizioni sufficienti. L’obiettivo dei Comitato del Fronte Nazionale/ CLN è quello di unire le forze antifasciste nello sforzo di liquidare il fascismo ed il nazismo, mediare con il governo Badoglio ma nello stesso tempo lottare per evitare una restaurazione del vecchio quadro politico pre-fascista.

Il movimento antifascista pugliese che va organizzandosi attorno al Fronte Nazionale /CLN, come si è visto, ha difformità politiche e diversa visione dall’idea che Benedetto Croce ha sul ruolo dei volontari, anche il termine “Garibaldino”è interpretato e usato diversamente , per i Comitati del fronte Nazionale/CLN è il simbolo essenzialmente laico e di radicale opposizione al passato che si vuole combattere, per Croce è invece un machiavellismo, utile solo all’iniziativa momentanea (come il Garibaldi che nel 1859 e nel I860 consegna nelle mani del re il potere). Per i Comitati del fronte Nazionale/CLN del Salento, Garibaldi è un valore strategico, pieno di contenuti rivoluzionari e repubblicani, ribadito più volte, diversi documenti attestano questa ostinata volontà, come il verbale del 14 settembre del Comitato di Brindisi che parla di costituire delle Legioni Garibaldine di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia (22). Come nell’Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine redatto a Lecce, 16 settembre che afferma di formare legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina. E a maggior ragione il termine è presente nel Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”. Stilato nella già ricordata riunione del 24 settembre 1943 a Lecce, che chiarisce la volontà dei componenti del Comitato: .. Su proposta di Montessori, e dopo breve discussione, il Comitato decide di denominare la legione « Legione Volontaria Garibaldina»(23) .

La spinta a combattere il nazifascismo in tutta la Puglia in quei giorni di settembre ’43 è molto forte, e come si è visto molti sono i volontari, numerosi giovani vogliono prendere le armi contro tedeschi e fascisti, ma la maggioranza di essi non voleva arruolarsi nell’esercito regolare (24) , con una chiara presa di distanze dal regio esercito che oltre che essere permeato da persone e cultura reazionarie, era gravato dall’ombra della pesante debacle del l’8 settembre. Una organizzazione militare autonoma è punto fondamentale tra moltissimi aspiranti volontari e tra tutti gli antifascisti che cercano di organizzare una riscossa democratica.

Armare la popolazione civile, è uno degli obbiettivi discriminanti degli antifascisti, è una parola d’ordine agitata fin da prima dell’8 settembre dai dirigenti dei partiti politici antifascisti in tutto il Paese, in molti vi era già consapevolezza di ciò che sarebbe stato il drammatico sbocco della situazione italiana. Ma a nulla era servito, in quanto il governo Badoglio e le forze monarchiche e reazionarie che lo reggevano, avevano una profonda diffidenza all’idea di dare armi al popolo, è la sfiducia di una “casta” autoritaria e conservatrice, fortemente compromessa con il ventennio fascista, la sola idea di in un popolo in armi e di un qualunque ruolo attivo del popolo diverso dall’obbedienza cieca alla gerarchia. Tale timore era prevalso su ogni altra considerazione.

Che la “casta” sia invisa è confermato dalle parole scritte da Giaime Pintor (25)  combattente antifascista, in una lettera indirizzata al fratello, scritta a Napoli il 28 novembre del ’43 pochi giorni prima della sua morte, lettera divenuta famosa perché ha le caratteristiche di un testamento politico antifascista di alto valore: “Qualcuno degli amici che è da questa parte vi potrà raccontare come nella mia fuga da Roma sia arrivato nei territori controllati da Badoglio,come abbia passato a Brindisi dieci pessimi giorni presso il Comando Supremo e come, dopo essermi convinto che nulla era cambiato fra i militari, sia riuscito con una nuova fuga a raggiungere Napoli.” (26) è questo il giudizio definitivo di Giaime Pintor, egli pensa che da Brindisi non è possibile fare la lotta contro l’occupante nazifascista. Brindisi piena di ufficiali in massima parte chiaramente fascisti, sintetizza bene l’impressione radicatasi nell’animo di coloro che consideravano primo dovere organizzare la lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. Doveva quindi sgorgare del tutto naturale l’idea di dar vita a corpi di volontari indipendenti dalla vecchia organizzazione militare (27).

Lo stesso autore poi continua: lo Stato italiano, sconquassato dagli eventi dell’8 settembre, appariva in amplissime zone dello stesso territorio meridionale come qualcosa sulla cui semplice sussistenza era lecito il dubbio. Questa sensazione trovava un terreno particolarmente favorevole nell’animo di coloro che, dalla rabbia impotente sofferta nei giorni susseguenti all’armistizio, erano indotti a trarre la conclusione, frutto di sdegno morale prima ancora che di riflessione politica, che monarchia e Badoglio non dovessero mai più riaversi dallo spaventoso collasso. I giovani che avevano ben presto cominciato ad affluire nel Mezzogiorno, attraversando con grave rischio le linee e reduci, magari, dalla sfortunata difesa di Roma, o quelli che avevano partecipato alle vittoriose quattro giornate di Napoli durante le quali non si era vista traccia di generali, trovavano strana e indisponente la pretesa del governo di Brindisi di costituire l’unico centro di vita del Paese, l’unica autorità attorno alla quale raggrupparsi per organizzare la lotta contro i nazifascisti- D’altronde, cosa era stato possibile vedere dell’atteggiamento governativo in quei primi giorni di « regno del sud ».(28)

Quindi questi volontari anche meridionali non furono soltanto un’espressione velleitaria (29) come qualche ricerca storiografica postuma ha velocemente liquidato, non c’era per i volontari alcun motivo di gioia a servire nelle salmerie o essere ausiliari degli alleati o portare le stellette regie. In particolare in Puglia dentro il fronte delle forze antifasciste, altre ai socialisti e ai comunisti, è forte l’influenza del movimento liberalsocialista, azionista e di Giustizia e Libertà. Molti degli esponenti di questi movimenti sono tra i più attivi nei costituiti Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione. Il movimento liberalsocialista possiede una forte carica antimonarchica, oltre che antifascista, e riscuote molte simpatie negli ambienti giovanili e studenteschi delle città pugliesi: i sentimenti repubblicani animano la maggior parte dei giovani volontari.

L’esistenza di un dualismo politico, è descritto in un episodio accaduto a Bari (30)  tra i Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN ed il regno del Sud dalle esplicite caratteristiche autoritarie. Il dualismo e l’accentuata differenza si nutrono inizialmente anche sul tipo di forma militare, repubblicana e autonoma o monarchica, da dare alla lotta antitedesca e antifascista. Il dualismo politico continuerà ad alimentarsi per molti mesi ancora, ben oltre la breve stagione dei volontari italiani, almeno sino alla costituzione del governo Bonomi nel giugno ‘44.

Esiste una prova che ha più valore di un modulo d’arruolamento rinvenuto durante una perquisizione o dei vari verbali di riunione e appelli dei Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN per la Legione Volontaria Garibaldina: è la testimonianza di Vittorio Bodini (31), che parla di un tentativo vero, per andare a combattere nel corpo italiano del generale Pavone. Bodini organizza e guida, il 4 novembre, un gruppo di ventuno giovani studenti leccesi che finge d’essere una squadra di calcio e prova a raggiungere il paese di Nocera in Campania. Il noto poeta e letterato ha lasciato scritte diverse pagine di questa esperienza, che sono la prova del viaggio compiuto dai volontari salentini, ma sono anche una descrizione piena di riflessioni politiche e sociali ed istantanee sulla parte del mezzogiorno attraversata in quel difficile autunno del ‘43 (32)  .

Un fallimento scrive subito Bodini: questo è il giudizio da cui parte per raccontare della spedizione. Il gruppo da subito si deve muovere in forma clandestina, camuffandosi come un comitiva di sportivi perché sa dell’ostilità del governo Badoglio che può addirittura farli arrestare e deferirli al Tribunale di guerra in ogni momento.

Il Vittorio Bodini che li guida è nel poco noto ruolo di politico e di antifascista, di attivo oppositore al regime dalla iniziale fede azionista. Scrive il 12 dicembre ‘43, commentando a caldo la sua esperienza di volontario, in una lettera ad un amico: (…) questa guerra è un appuntamento con la mia coscienza, forse la sola occasione che sarà data al mio antifascismo e al mio amore per l’Italia (se non anche ai miei sentimenti antitedeschi) di scontrarsi con la partita della vita (…) nel caso si riesca a realizzare questo nostro santo desiderio, ritengo però necessario il nome di Garibaldi, unica garanzia che potremmo opporre alle false interpretazioni in cui la nostra risoluzione può incorrere e la espressa apoliticità di noi volontari (33).

I volontari garibaldini del Salento guidati da Bodini, per trovare uno sbocco all’azione, erano stati indirizzati verso in una caserma di Nocera appartenente ai Gruppi Combattenti Italia, dove il generale Pavone addestrava e organizzava i volontari voluti e promossi da Benedetto Croce, ad indicare quella meta era stato l’ing. Montessori, componente il Comitato d’Azione/CLN leccese che aveva collegamenti con il Gen. Pavone.

Il gruppo dei volontari salentini aveva intrapreso quel viaggio rischioso e clandestino senza sapere che già dal primo di novembre i Gruppi Combattenti Italia (34)  erano stati sciolti e la caserma chiusa. Giunti alla meta, dopo un viaggio ferroviario movimentato che da Lecce si era snodato tra varie fatiche per Francavilla, Taranto e Potenza, Vittorio Bodini scrive: Arrivammo a Nocera all’alba. Le vie del paese erano deserte. Entrammo in un caffè a bere qualcosa di caldo e a chiedere della caserma dei volontari. C’erano il padrone e dei vecchi che giocavano a carte in un angolo. Nessuno ci volle dir nulla. Nessuno aveva mai sentito parlare del corpo dei Volontari.[..] Girammo per il paese ancora addormentato[..] Volle il caso che incontrassimo uno del paese e gli ponessimo la solita domanda proprio all’altezza di un grande portone chiuso. Gli parve che non fosse il caso di dire di no. Ci indicò il portone e disse:

— È lì ma è chiuso da due giorni.

Vittorio Bodini più avanti aggiunge: Si diceva che dietro questa linea di condotta degli Alleati ci fossero le pressioni esercitate su di essi da Badoglio, preoccupato che, oltre tutte le armi che venivano date ai partigiani del Nord, vi fossero anche nel Sud partigiani armati.

Pochi giorni di ritardo, la caserma dei volontari organizzati dal generale Pavone era chiusa per sempre. Non starò a descrivere, annota Vittorio Bodini, l’amarezza e lo sdegno dei miei compagni, abbastanza giovani da non riuscire a credere che gli ideali che li avevano spinti a partire — il corpo sanguinante della patria, la lotta dei fratelli del Nord, questo senso meraviglioso di solidarietà da parte di chi nessun pericolo minacciava direttamente — potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi (35).

Il primo novembre il generale Pavone ha già ricevuto dal colonnello Huntington la fredda lettera di congedo, Il colonnello dell’O.S.S. , scrive lo storico Pavone, si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti (36).

Il governo Badoglio aveva vinto, aveva ottenuto dagli alleati di essere l’unico interlocutore. Già il 10, settembre, era stato emanato un bando per lo scioglimento di tutte le formazioni di volontari; questo dava il colpo di grazia ai precoci tentativi pugliesi, per evitare che vi fossero anche nel Sud partigiani armati (37).

Lo stesso giorno 10, era apparso, con chiara funzione di contraltare, un manifesto del Comando Militare Italiano di Napoli, in cui si invitavano, «presi gli accordi col Comando degli Alleati», all’arruolamento volontario i giovani delle classi dal 1910 al 1925 (38).

C’è una piccola traccia nella città di Brindisi del più meschino degli intrighi, una prova dell’opposizione alla formazione dei volontari del governo Badoglio, è una copia di un telegramma dalla precedenza assoluta, diramato l’8 ottobre del ‘43 ai Prefetti di Bari, Brindisi, Taranto, Lecce, Potenza, Matera, Cagliari, Sassari, Nuoro, Foggia, S.E. Generale Basso Cagliari: Vostra Eccellenza vorrà’ disporre perché’ su tutta stampa locale sia dato massimo rilievo seguente comunicato due punti virgolette Comunicato del Governo punto a capo Punto Nessuno virgola individuo virgola ente od associazione e’ autorizzato a procedere alla formazione di bande di volontari punto Solamente l’Esercito e’ incaricato di ricevere virgola armare ed istruire volontari punto Chiunque operi contrariamente a queste tassative disposizioni sarà’ immediatamente arrestato e deferito al Tribunale di guerra punto Badoglio chiuse virgolette Punto Superfluo aggiungere che bande eventualmente già costituite o in corso di costituzione vanno immediatamente sciolte e diffidati prontamente di astenersi da ulteriore attività’ in merito punto Assicuri punto Capo Governo Badoglio.(39)

ASBR Telegramma della Presidenza del Consiglio dei ministri ai prefetti, 8 ottobre 1943

Queste primi esperimenti di volontariato nati nel Mezzogiorno, questo tentativo di partigiani armati nel Sud come scriveva Bodini, è ingeneroso definirli velleitari, questi tentativi erano stati fatti da uomini in carne ed ossa, di volontari che pagarono talvolta con la vita (40)   come Giaime Pintor o Paolo Petrucci ucciso alle Fosse Ardeatine (41) , in tanti altri casi si andò ben oltre l’essere addetto alle salmerie, o a zappare trincee e o guidare un mulo, basta ricordare per esempio l’iniziativa di Raimondo Craveri (42) , che costituì l’Organizzazione per la Resistenza Italiana(O.R.I.) (43)  che diede un contributo prezioso alla resistenza.

In conclusione una poesia di Vittorio Bodini che conferma la convinzione dell’intrigo ordito sulla testa dei giovani volontari, del tradimento nei confronti della generazione i cui ideali potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi tramato contro i giovani meridionali che volevano fare i partigiani:

 

COLONNA PAVONI (44)

Qualcuno forma a Nocera

una brigata garibaldina.

Badoglio parlò con gli inglesi

per farla sciogliere:

promise in cambio i volontari del re.

Di Nocera Campana ho mangiato il pane,

ho rubato i loti che fra le dita si spegnevano

come lampadine d’un presepe viola.

Chi arrivò prima fu

paracadutato.

Giaime Pintor morì.

Gli altri, chi tornò a casa

e chi andò a Napoli.

E a Napoli uno sciame di bimbette

sul lungomare

appuntavano sul petto ai soldati negri

medagline di prima comunione.

 

 

Di Donato Peccerillo

ATTENZIONE     le riproduzioni de: il Volantino “Appello ai Giovani d’Italia”, 18 settembre 1943;  la Scheda “Arruolamento ai <<Reparti Volontari Italiani>>”[ 1943]; il Telegramma della Presidenza del Consiglio dei ministri ai prefetti, 8 ottobre 1943 sono “Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, autorizzazione dell’Archivio di Stato di Brindisi, n.03/15. Riproduzione vietata”.

 

note

1. Francesco Ricci nasce a Ceglie Messapica (Br) il 2 febbraio 1895 da Angelo e Vincenza Sisto. Figura di spicco nel panorama antifascista clandestino della provincia di Brindisi, forma la sua coscienza politica in seno alla famiglia d’origine, considerata «un punto di riferimento del socialismo cegliese». Di professione ebanista (poi anche rappresentante di commercio), nel 1924 Ricci risulta tra i sovversivi inclusi nello schedario della questura di Lecce. Nel dicembre 1936, emigra in Francia. Anche qui svolge il ruolo di “emissario”, trasmettendo direttive, informazioni e materiale di propaganda ai compagni di fede del suo paese natale, a volte nascosti in pacchi inviati alla sorella Maria. Con questo stesso intento rientra clandestinamente in Italia in più occasioni, a Milano come a Ceglie. Non a caso in seguito sarà individuato dall’OVRA quale capo dell’organizzazione comunista clandestina di tutta la provincia di Brindisi.Da fuoriuscito Ricci mantiene i contatti attraverso una fitta corrispondenza. A Francesco Barletta Ricci confida, nell’aprile del 1937, che sta per unirsi ai rivoluzionari spagnoli -a maggio infatti la polizia lo segnala a Carrieres sur Seine in un reparto di volontari per la Spagna– ma poi non lascia la Francia. Nell’agosto 1937, in seguito ad una operazione dell’OVRA in provincia di Brindisi, alcuni sovversivi responsabili di attività comunista subiscono l’arresto, compreso il fratello di Francesco, Arcangelo Ricci. I maggiori esponenti del movimento, tra i quali Francesco Ricci, sono deferiti al Tribunale speciale per la Difesa dello Stato che, il 22 dicembre 1937, ricercato è iscritto nella Rubrica di frontiera, nel 1938 è anche inserito nel Bollettino delle Ricerche come «comunista d’arrestare». Ricci rimane a Parigi sino al settembre 1942 quando, arrestato dai tedeschi, è costretto a far ritorno in Italia. Tradotto nelle carceri di Roma, il 14 novembre 1942 il Tribunale speciale lo condanna a 15 anni di reclusione. Sconta un anno di pena a S. Gimignano e dopo la scarcerazione, avvenuta il 19 agosto 1943 alla caduta del fascismo, rientra a Ceglie Messapica. In seguito Ricci partecipa alla costituzione dei Comitati di Liberazione provinciali. (Note biografiche a cura di Elena Lenzi)

 

2. Archivio di Stato Brindisi Busta 854 Questura II° e III° Versamento Gabinetto

 

3. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979

4. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, , Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

5. Ibidem.

6. Palermo Vittorio “Originario di Ceglie Messapica, dove è nato nel 1906, fin dalla metà degli anni ’30 aveva assunto posizioni sempre più critiche verso il regime ed aveva preso contatti con la figura di maggiore spicco del movimento antifascista di Ceglie, quel Francesco Ricci Già nella primavera del 1937, pertanto, era segnalato alle autorità di polizia di frontiera perché fosse sottoposto agli opportuni controlli al suo ritorno da un viaggio in Francia dove si sospettava che prendesse contatti col Ricci, fuoriuscito da qualche mese, riportando in patria clandestinamente materiale di propaganda.Palermo stabilì i contatti di cui era, a sua insaputa, sospettato, ma evitò prudentemente di presentarsi alla frontiera con materiale compromettente e poté quindi tornare senza pericolo in Italia. Negli anni successivi, soprattutto dopo lo scoppio della guerra, diede alla sua attività antifascista maggiore continuità prendendo contatti con intellettuali e professionisti antifascisti della provincia.” a Brindisi è solo nel mese di agosto di quella calda estate del ’43 i principali esponenti dell’antifascismo locale si riuniscono per la prima volta ufficialmente nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, per formare « un comitato provinciale di concentrazione antifascista» e per costituire « un primo nucleo del Comitato stesso » da allargare poi « con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si attengano alle direttive seguite dal Comitato Provinciale del Fronte Nazionale ». Sin dall’inizio l’avv. Vittorio Palermo appare, l’uomo di punta del comitato. Nell’aprile del ’41, coinvolto nelle indagini condotte sull’attività del gruppo di Tommaso Fiore in Puglia e già in precedenza ripetutamente diffidato egli era stato prelevato nella sua casa di Latiano dal commissario regionale dell’OVRA. In seguito era stato trasferito e trattenuto alcuni giorni nel carcere di Bari. Qui era venuto in contatto con alcuni dei più importanti tra quelli che sarebbero poi diventati i suoi amici antifascisti, con i quali non avrebbe più interrotto i collegamenti allora allacciati. Tra essi l’avv. Michele Cifarelli, l’avv. Domenico Pastina di Trani, gli avv. Vito Mario Stampacchia e Michele De Pietro di Lecce ed altri, tutti arrestati a seguito del ritrovamento da parte della polizia politica di un elenco del prof. Fiore di tutti gli antifascisti nazionali e regionali che si avvicendavano nella sua casa di via Q. Sella a Bari. Attorno a Palermo, già da questa prima riunione del 9 agosto 1943 ritroviamo altre figure dell’antifascismobrindisino del periodo della clandestinità: tra esse l’ing. Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli, Guglielmo Cafiero, che insieme con i vari De Tommaso, Mauro, Prampolini, Ribezzi, Ostuni e Patrono avevano costituito il cuore forte dell’opposizione al regime e il tramite con ambienti antifascisti che operavano al di fuori della provincia ed ai quali alcuni di loro erano legati da rapporti di parentela, di fraterna amicizia o di lavoro e di studio. (Nel 1936 cominciò a dispiegarsi l’opera di vari gruppi antifascisti ai quali parteciparono numerosi giovani, tra i quali Giuseppe Patrono ed attorno ai quali gravitarono l’avv. Vittorio Palermo, l’ing. Sala, il Cafiero ed altri. L’attività di questi gruppi non rimase isolata, ma per il tramite di Patrono e Palermo si stabilirono contatti frequenti con gli ambienti universitari di Napoli, Pisa e Fircnze, centri nei quali — com’è noto — operavano note personalità antifasciste. È appena il caso, infine, di ricordare, oltre ai numerosi militanti comunisti incarcerati o confinati, alcune note figure dell’antifascismo socialista come Felice Assennato, Beniamino Andriani e Arturo Sardelli.) da note di Franco Stasi in La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

7. De Tommaso Giuseppe di Francesco e di Siracusa Anna Rosa, nato a Brindisi il 19 marzo 1906, res. a Brindisi, celibe, meccanico, comunista. Arrestato il 7 novembre 1931 perché, come capo dell’organizzazione comunista locale, si manteneva in contatto con i fiduciari dei comuni della provincia e con i sovversivi delle provincie vicine. Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Brindisi con ord. del 5 gennaio 1932. Sedi di confino: Ponza, Tremiti. Liberato il 6 novembre 1936 per fine periodo. Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque. Sin dal 1924 manifestò idee comuniste, fu fiduciario del partito a Brindisi ed esplicò attività antinazionale venendo più volte sottoposto a fermi e perquisizioni che portarono al sequestro di giornali sovversivi. Per sfuggire alla sorveglianza si faceva quindi indirizzare la corrispondenza di natura politica presso il cognato, inviando viceversa la sua sotto lo pseudonimo « Vladimiro ». da Katia Massara: “Il popolo al confino- la persecuzione fascista in Puglia; Archivio centrale dello Stato Ministero per i Beni culturali e Ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici 1991;

8 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

9 .Ibidem.

10. Ibidem.

11. Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine Lecce, 16 settembre 1943 a cura di M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 262-264

 

12. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

13. Ibidem.

14. Ibidem.

15. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

16. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).

 

17. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962

 

18. Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”- Lecce in M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 264,265

 

19. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962

 

20. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955 -I primi suggerimenti di costituire legioni volontarie combattenti con bandiera italiana accanto agli alleati erano stati dati al generale americano William Donovan, capo dell’O.S.S. (Office of Strategie Service), da Raimondo Craveri e Pasquale Schiano al campo di Pesto e, subito dopo, da Benedetto Croce il 22 settembre a Capri.

 

21. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962: [..] di sentimenti antifascisti, allontanato da tempo dall’esercito. Uomo onesto e valoroso, egli si dimostrò tuttavia, sia dal punto di vista tecnico che da quello politico, non completamente all’altezza del compito di guidare una cosi difficile impresa, del cui significato patriottico ebbe un alto concetto, ma che non riuscì ad adeguare alla situazione di emergenza, cosi lontana dai tradizionali schemi militari, dai quali egli ancora troppo si lasciò guidare.

 

22 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979

23. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979

24. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955- Claudio Pavone scrive: Degli Espinosa, da cui traiamo queste notizie ci narra inoltre di un suo colloquio a Bari, in ottobre, con il capitano inglese Robertson. Il Robertson disse che i volontari erano numerosi, ma nella grande maggioranza non volevano arruolarsi nell’esercito regolare.

 

25 .Giaime Pintor, letterato e giornalista, nato a Roma il 1919, è antifascista e antinazista, il 10 sett. 1943 partecipa alla difesa di Roma a Porta S. Paolo; Caduta la Capitale, varca le linee tedesche e si porta a Brindisi, deluso dall’ambiente che trova nel regno del sud si reca in Campania e lavora con altri giovani alla formazione di un corpo di Volontari della libertà. Fallita questa impresa, nel tentativo di ripassare le linee per recarsi nel Lazio a organizzare la Resistenza di gruppi partigiani, cadde ucciso da una mina a Castelnuovo al Volturno (Campobasso) il 1° dicembre del 1943, poco prima di partire quasi avesse una premonizione, aveva scritto una lucida lettera-testamento al fratello minore, Luigi.

 

26. Giaime Pintor: Napoli, 28 novembre 1943, dalla lettera al fratello Luigi.

27. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

28. Ibidem.

 

29 . I gruppi combattenti Italia , pag252-256 in Storia della Resistenza la guerra di liberazione in Italia 1943-1945 vol. I° Editori Riuniti Roma 1987

 

30. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).- l’esistenza di quel dualismo politico che poi si sarebbe affermato, per cui gli atti delle autorità pubbliche si duplicavano di iniziative rivoluzionarie. E siffatto dualismo generò subito un urto, poiché il questore [che] agì contro l’iniziativa dell’arruolamento che a termini di legge violava l’ordine pubblico. Stimolato dall’estrema gravità del momento, alla stessa guisa degli uomini che si accingeva a colpire, egli procedette a restaurare l’ordine compromesso e, poco dopo l’affissione dei manifesti, il tipografo Canfora, l’azionista Lapriora ed il socialista Larecchiuta venivano fermati. Fu un fermo di poche ore, ma l’episodio bastò a sviluppare una vicendevole diffidenza fra gli uomini dei partiti e quelli degli organi statali che le circostanze chiamavano invece a collaborare

 

31. Bodini, Vittorio. – Poeta, studioso e saggista, nato a Bari da famiglia leccese il 6 gennaio 1914, morto a Roma il 19 dicembre 1970. . Influenzato dal gusto ermetico negli anni precedenti la guerra, esordì nel 1952 con la raccolta La luna dei Borboni. Diresse la rivista L’esperienza poetica (1954-56) che perseguiva un rinnovamento della poesia in collegamento con le istanze di rinnovamento sociale del Sud. Nel 1956 pubblicò Dopo la luna e nel 1967 la raccolta Metamor. Nel 1972 è apparsa, postuma, la sua opera poetica completa: Poesie (1939-70). Docente di letteratura spagnola all’univ. di Bari, ha lasciato versioni da Lorca, P. Salinas e Cervantes, nonché i volumi di saggi Studi sul barocco di Gongora (1964) e Segni e simboli nella “Vida es sueño” (1968).Nel 1941 Vittorio Bodini, sente la necessità, l’urgenza morale dell’impegno civile, della partecipazione attiva alla cospirazione antifascista. È difficile dire quando questo atteggiamento, che è prima etico che politico, si concreti in una partecipazione alla attività clandestina; Bodini non ha esitazioni a fissare questa data che confermerà in un taccuino degli anni ’60, nel quale annotava di aver fatto parte fin dal 1941 di « Giustizia e Libertà », testimonianza confermata da Vittore Fiore, nel suo « ricordo » di Vittorio Bodinini.

Già nel novembre del ’42, gli atteggiamenti di sfida, assunti anche pubblicamente da Bodini non potevano essere più ignorati dalle autorità locali del PNF; il fiduciario del fascio scriveva che Bodini era: « un intellettualoide vanesio e tendenzialmente antifascista ». Dall’ottobre del ’42 egli non fu più « un poeta in una trasognata isola irreale », si lanciò nell’attività clandestina, tenne i contatti con i liberal-socialisti fiorentini e col gruppo di «Giustizia e Libertà », attorno a Tommaso Fiore.

Bodini compì anche alcuni viaggi a Firenze, quasi sicuramente alla fine del ’42 e poi certamente nel marzo e nel maggio del ’43. Un riferimento indiretto lo si può trovare nella sua poesia « Notte di guerra », ispirata al bombardamento di Foggia del 30 maggio ’43 da cui egli era passato a qualche giorno di distanza. Egli fece la spola tra Lecce e Bari divenendo uno dei corrieri di « Italia libera ». È così attivo nell’attività di « Giustizia e Libertà » da rappresentare con B. Liguori il gruppo al Congresso clandestino di Firenze (5 settembre ’43). Al suo ritorno a Lecce si apre uno scontro all’interno della locale sezione, sul problema della epurazione degli iscritti compromessi con il fascismo, che vede Bodini schierato su posizioni di intransigenza tali da portarlo con altri suoi compagni a formare una sezione « autonoma », che rientrerà nel partito d’Azione dopo una mediazione di Calace e di Cifarelli nel novembre del ’43.

Bodini non seguirà di persona queste vicende perché coinvolto nel tentativo di partecipare alla formazione di un Corpo di volontari da :Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

 

32. Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi,

33. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

34. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955,- “Il mattino del I° novembre Pavone ricevette dal colonnello Huntington la lettera di risposta al promemoria : era una fredda lettera di congedo, annunciato con una burocratica perifrasi. Il colonnello dell’O.S.S. si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti. Alla Nota 110 « Licenziamento del servo » fu il primo irato commento di PAVONE (Diario, 1° novembre), « Data l’estrema penuria di viveri e l’impossibilita di armare con i nostri mezzi anche piccole unita militari in vista di un impiego regolare, data l’aggiunta impossibilità di provvedere locali per l’acquartieramento e l’addestramento senza ildiritto di requisizione, il ritiro dell’appoggio alleato equivaleva ad una condanna a morte della nostra iniziativa»: cosi scrive F. CARACCIOLO, op. cit., p. 9. Pasquale Schiano mi ha testimoniato della imbarazzante situazione in cui vennero a trovarsi quegli uomini che gli anglo-americani avevano di loro iniziativa mandato dietro le linee e che, tornando dalle loro missioni (ma alcuni non tornarono più), trovarono disciolto il corpo cui appartenevano: alcuni di essi, ricorda Schiano, finirono addirittura nei campi di concentramento della Tunisia.

 

35 .Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

 

36. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

37. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi

38. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

39. Archivio di Stato Brindisi Gabinetto Busta 74 fasc 12

 

40. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955

 

41. Paolo Petrucci Nato a Trieste il 1° agosto 1917, fucilato alle Fosse Ardeatine (Roma) il 24 marzo 1944, professore. Al momento dell’armistizio si trovava a Roma. Partecipò così ai combattimenti contro i tedeschi a Palidoro. Quando i nazisti occuparono la Capitale, il giovane granatiere decise di passare in clandestinità. Con gli amici Paolo Buffa e Aldo Sanna, “Pietro Paolucci” – questo il nome di copertura – partì verso il Sud con lo scopo di promuovere la costituzione di un corpo di “Volontari per la libertà”. Non fu possibile realizzare il progetto, per cui Petrucci, con Buffa e Giaime Pintor (che avevano incontrato nell’Italia già liberata), decisero di tornare a Roma per organizzare gruppi di partigiani nel Lazio. Nel tentativo di ripassare le linee lungo il Garigliano, i giovani antifascisti finirono su un campo minato. Pintor saltò in aria su una mina e gli altri decisero di tornare indietro. Addestrati dagli Alleati, dopo due settimane “Paolucci” e Buffa furono paracadutati su Monte Rotondo, di dove poi raggiunsero, a Roma, la casa della comunista Enrica Filippini che li ospitò, consentendogli di organizzare azioni di propaganda antinazista, che raggiunsero il culmine con le manifestazioni degli studenti romani. L’attività di Petrucci e dei suoi durò giusto un mese. Il 14 febbraio 1944 le SS irruppero nell’abitazione della Filippini e vi arrestarono la padrona di casa, Cornelio e Vera Michelin-Salomon, Paolo Buffa e “Pietro Paolucci”. Per tutti la solita trafila in via Tasso e poi il processo, nel corso del quale Petrucci, forse grazie al suo nome di copertura, fu assolto. Ciò non impedì ai tedeschi di farlo rinchiudere nel terzo braccio di Regina Coeli, dal quale uscì soltanto per essere trucidato alle Fosse Ardeatine.

 

42. Raimondo Craveri (Napoli, 1912 – Roma, 16 ottobre 1992) è stato un intellettuale antifascista, cognato di Croce, fu tra i fondatori del Partito d’ azione. Dopo l’8 settembre 1943, è a Salerno, dove, con Alberto Tarchiani e Alberto Cianca, e con l’avallo di Croce morale dello stesso Croce lanciarono l’ idea di una formazione di volontari che avrebbe dovuto prender parte, combattendo in prima linea, al fianco degli eserciti anglo-americani, nella guerra per la liberazione dell’ Italia soggiogata dai nazisti. Dopo avervi consentito, gli anglo-americani, al momento della sua realizzazione, non ne vollero più sapere. Il loro rifiuto era dovuto al desiderio di Churchill di non consentire che degli italiani, e soprattutto non degli italiani tendenzialmente repubblicani, acquistassero troppi meriti. Craveri non si rassegnò , tuttavia. Propose agli americani la creazione di un servizio di contatti ed aiuti ai partigiani dell’ Italia settentrionale. Questa volta trovò ascolto durevole. Il servizio, diretto da Craveri, con la denominazione di ORI, si costituì ed operò molto efficacemente. Procurò parecchi avio-lanci di armi ai partigiani.

 

43. [..] una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI.

Coordinata dall’OSS, l’ORI operava spesso in più stretti rapporti con i CLN e i partiti politici che non le SF (Special Force) britanniche.

Fin dal settembre l’ORI collaborò alla spedizione della prima missione alleata (Law) nel Nord. Trasportata da un sottomarino e diretta a Lavagna in Liguria, essa era guidata da un nipote di Matteotti, Guglielmo (Minot) Steiner, e comprendeva Fausto Bazzi e Guido De Ferrari. Alla missione si aggiunsero poi Piero Caleffi del PDA di Genova e altri, tra cui il radiotelegrafista Giuseppe Cirillo che più tardi proseguì la sua attività presso la direzione milanese della

Resistenza.

Nell’ottobre l’ORI di Craveri stabilì un contatto radio con il servizio informazioni clandestino della Otto, appena organizzato a Genova da Ottorino Balduzzi, sostenitore a quell’epoca del PDA. [..] Parri fu in grado di servirsi frequentemente dei servizi della Otto e di comunicare grazie a essa con gli Alleati. Sia l’ORI che le SF si servirono in seguito regolarmente del servizio informazioni della Franchi che le succedette, istituito da Edgardo Sogno e da altri autonomi.( Da Charles F. Delzell I Nemici di Mussolini. storia della resistenza armata al regime fascista, Castelvecchi Roma 2014)

 

44.Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi.

 

 

 

 

 

 

 


Il 9 agosto del ’43 a Brindisi

Era caldo quel pomeriggio del 9 agosto del ’43 a Brindisi, nello studio dell’avvocato Vittorio Palermo in Via Palestro angolo via Mazzini nei pressi di piazza Cairoli, dove adesso ci sono gli uffici dell’INAIL. Alle ore 3 del pomeriggio si riunirono con l’avvocato Vittorio Palermo, Guglielmo Cafiero, Donato Ruggiero, l’ingegnere Pietro Sala, l’avvocato Giovanni Stefanelli. Nasceva così il Comitato Provinciale di concentrazione antifascista a Brindisi, noto anche come Fronte Nazionale d’Azione, quello che in seguito sarà molto più noto come Comitato di Liberazione Provinciale di Brindisi.

Il promotore di questa tempestiva iniziativa antifascista in città fu dunque l’avvocato Vittorio Palermo originario di Ceglie Messapica ma operante da tempo in città. Egli aveva avuto il merito tenere le fila di un gruppo di antifascisti brindisini che, come è annotato nel verbale della loro prima riunione, alcuni dei quali erano diggià in intenso e quotidiano contatto da un paio d’anni fra loro ed altri elementi antifascisti pugliesi ed italiani.

 

 

 

 

 

La figura dell’avvocato Vittorio Palermo oggi è ormai poco nota. Va a merito dell’avvocato Augusto Conte l’avere, in più occasioni, fatto una ricognizione biografica attenta e puntuale sulla persona di Vittorio Palermo che ci permette di mantenerne vivo il ricordo. Di seguito pubblichiamo alcuni stralci:

 

[..]Palermo, Vittorio (Ceglie Messapica, 17.7.1906 – Brindisi, 27.4.1981). Il giovane Vittorio aveva l’animo di un poeta in un temperamento di rivoluzionario. La sua vita e la sua opera costituiscono testimonianza della lotta per le libertà sostenute dalla Avvocatura, nell’esercizio della funzione difensiva e nell’impegno politico-sociale.

Dopo la laurea in Giurisprudenza nell’Università di Roma, da giovane e brillante Avvocato nel 1936 si era schierato contro il fascismo, assumendo contatti con note personalità antifasciste nazionali, tanto che nel 1937 era segnalato alle autorità di frontiera perché fosse controllato al rientro da un viaggio in Francia, essendo sospettato di contatti (in realtà mantenuti) con i fuoriusciti clandestinamente.

Conclusa l’esperienza politica dopo la Liberazione si dedicò alla professione forense, con Studio professionale nella natia Ceglie Messapica e in Brindisi, per poi stabilirsi definitivamente nel capoluogo; nel suo Studio si formarono tanti giovani praticanti. Nel contempo prevalse in lui, sul contestatore politico, l’animo del poeta, tornandosi a dedicarsi alla poesia, alla musica, al teatro, sue passioni giovanili di quando era “ignaro del dolore!”.

Componeva versi dai quali traspariva un senso di doloroso struggimento e il suo raccoglimento nella preghiera.

Prese parte all’associazione “Amici della Musica” e si interessò al teatro, nel quale, giovanissimo aveva rappresentato commedie, allora in voga, di Sem Benelli.

Nell’attività professionale riversava quella poetica che lo animava anche nel modo di esporre le questioni che trattava, con riferimento ai classici della poesia.

Nessuno avrebbe individuato nel fine professionista la persona descritta in un verbale di polizia:

“L’anno 1943, addì sei del mese di novembre, nella R. Questura di Brindisi. Innanzi al sottoscritto,Commissario di PS., è presente l’Avvocato Palermo Vittorio fu Giuseppe e di Leuzzì Angela, nato a Ceglie Messapica il 17 luglio 1906, qui residente in via Mazzini, n. 50, il quale viene diffidato ai sensi dell’art. 64 della Legge di PS. a non promuovere manifestazioni del Comitato del Fronte Nazionale di Azione, e non tenere riunioni in pubblico né adunanze, manifestazioni, conferenze e simili, anche in luoghi chiusi, avvertendolo che in caso contrario saranno adottati nei di lui confronti più severi provvedimenti di polizia, indipendentemente dalla denunzia all’Autorità Giudiziaria. Letto, confermato e sottoscritto. F.to Avv. Vittorio Palermo. F.to Delle Canne Antonio – Commissario di PS. “,

[..]La sua attività di antifascista si era intensificata subito dopo l’inizio della guerra nel 1941, venendo coinvolto nelle indagini compiute su Tommaso Fiore; fu temporaneamente detenuto nel Carcere di Bari ove venne in contatto con l’Avv. Michele De Pietro c l’Avv. Michele Cifarelli (poi Senatori della Repubblica) che il 16.11.1943 gli scrisse: “Carissimo Vittorio, ti presento l’Avv. Arduino Cerniti di Venezia, che ora fa parte del Nostro Comitato di Liberazione. Egli Ti esporrà a voce la situazione. Io sintetizzo: 1) Ci siamo costituiti in Comitato di Liberazione. 2)Abbiamo votato gli ordini del giorno di cui ti invio copia. 3)Cerchiamo di prendere adeguatamente contatto con la Commissione di controllo. 4)Invitiamo voi di Brindisi e gli amici di Lecce e Taranto, per il tuo tramite, a far altrettanto. Occorrono al massimo chiarezza, fermezza e rapidità. Ti abbraccio. Saluto tutti gli altri amici di Brindisi. Auguri. Tuo Michele Cifarelli.”

Vittorio metteva a disposizione sé stesso e il suo Studio (il locale interpartiti era stato requisito).

Il Comitato di Liberazione lo designò a Sindaco di Brindisi, ma la nomina risultò troppo estremista alla Commissione Alleata di Controllo, per cui fu designato il rappresentante di un partito più moderato.

Agli entusiasmi della liberazione seguirono le delusioni: l’accesso alle cariche politiche di persone compromesse con il passato regime, il rallentamento della epurazione, anche a seguito dell’amnistia non volendo i vertici della politica alimentare il risentimento, lo convinsero a mettersi in disparte e a dedicarsi alla professione e alla coltivazione del sentimento dell’arte.

 

(da: Avvocati e Giuristi Illustri Salentini dal XVI al XX Secolo a cura di Augusto Conte, Sergio Limongelli, Stefano Vinci, Edizioni Grifo, Lecce, dicembre 2014)


A Brindisi subito dopo il 25 luglio del ’43

Fra qualche giorno ricorre il 72° del 25 luglio 1943 una data importante, anche a Brindisi qualcosa accadde:

A Brindisi

subito dopo il 25 luglio del ’43

Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati(1).

Quello ieri era riferito al 28 luglio del 1943, il capoluogo in questione era la città di Brindisi e la chiassata della ventina di studenti è la notizia che mette la cittadina in pari con i fatti della storia e di molti altri luoghi del Paese dove si era festeggiato quel 25 luglio e le grandi illusioni che si portava dietro come l’idea che la guerra potesse finire come per magia in un istante.

Forse l’iniziativa locale non era della stessa portata e misura di altre realtà, per giunta accadeva con qualche giorno di ritardo, ma l’importante era che anche in Brindisi, malgrado il telegramma del prefetto, l’ordine pubblico, a lui tanto caro, non era stato normale, anche in città c’era stata una manifestazione antifascista, a dispetto della nomea di essere un luogo refrattario.

 

 

 

 

 

 

Era calda quell’estate del ’43, molte sono le testimonianze che lo confermano, ricordi orali, documenti vari e persino alcune biografie lo confermano, ma il caldo descritto supera la dimensione meteorologica per un tragico susseguirsi di fatti.

 

Quella del luglio ’43, è una storia particolare, fatta di alti e bassi per gli italiani, all’inizio del mese c’era stato lo sbarco degli americani e degli inglesi in Sicilia. Era la conclusione di un calvario di notizie che nel recente passato si erano andate accumulando, dalla ritirata in Russia alle sconfitte in Nord Africa. Inoltre già da tempo, dal ’40 in poi, gli italiani avevano conosciuto la guerra totale, il terrore che colpiva dall’alto la popolazione civile inerme, i bombardamenti avevano distrutto e ucciso in ogni città dal nord al sud del Paese. Infine quel 25 luglio del ’43 aveva sparso per la penisola quell’ euforico clima pericoloso, un entusiasmo tragicamente ingenuo si era impadronito di moltissimi italiani. Mussolini era stato costretto alle dimissioni, così era stato annunciato alla radio che testualmente dichiarava: “Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni, dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio.”

 

 

 

 


La fine del regime al potere dal 1922 e il seguente arresto di Mussolini oltre che la formazione del Governo Badoglio furono accolte con manifestazioni di gioia, sia gli antifascisti che le persone comuni scesero in piazza per distruggere e danneggiare molti dei simboli e delle sedi del regime fascista, inneggiando alla democrazia e alla pace.

Quel 28 luglio del ‘43, il giorno della chiassata ad opera una ventina studenti a Brindisi, aveva avuto ben altro e sanguinoso sviluppo a Bari, dove si erano contati venti morti, circa una cinquantina di feriti. Erano caduti in via Niccolò Dell’Arca, erano in maggioranza giovani, operai e studenti, erano stati uccisi dai colpi esplosi da un reparto dell’esercito e da cecchini appostati nella vicina sede della federazione del Partito fascista, essi, soldati e fascisti, avevano sparato contro un pacifico corteo che andava ad accogliere gli antifascisti all’uscita del carcere.

Quei giorni di luglio in Puglia sono caldi, c’erano state già altre manifestazioni, in provincia di Brindisi il 26 di luglio, in un telegramma il prefetto Pontiglione (questo era il nome) scrive: Segnalati lievi incidenti nei Comuni S. Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da casa fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti(2).

Anche in provincia di Brindisi, dalle sedi fasciste, vengono tolte insegne e ritratti di Mussolini a San Vito dei Normanni e a Torchiarolo il prefetto è costretto a comunicare che vi sono stati incidenti probabilmente a seguito di manifestazioni spontanee antifasciste.

Per la verità queste notizie su Brindisi e dintorni erano già state date dallo studioso Francesco Barra(3) negli atti di un convegno promosso dalla regione Campania nel ’75, il 25 luglio nel mezzogiorno aveva rappresentato una anomalia rispetto alla vulgata prevalente, come per esempio è dimostrato da un importante testo del 1969 quale L’Italia dei 45 giorni che succintamente sul mezzogiorno dichiarava: la quasi totale assenza di manifestazioni di rilievo nei centri principali. A Napoli come a Bari, a Taranto come a Brindisi non si segnalano grandi dimostrazioni, né astensioni dal lavoro. La presenza antifascista appare subito assai limitata e comunque in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica attraverso ristretti ambienti professionali e intellettuali.

Dunque i fatti del 25 luglio ’43 hanno questa impronta assai limitata, in questa lettura ciò che accade al sud avviene solo per l’azione di ristretti ambienti professionali e intellettuali, che sono in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica (?),stante queste premesse su molti fatti nel mezzogiorno se ne era quasi persa la memoria, a maggior ragione si erano persi pezzi di memoria locale di quel decisivo e drammatico 1943, in tal modo e inspiegabilmente diversi ricordi affondarono senza quasi lasciare tracce.


Dunque la provincia di Brindisi, stante queste notizie più volte e diversamente documentate e/o dimenticate e/o riscoperte e/o sottovalutate, non è quel territorio che a volte è considerato come amorfo e refrattario, a Brindisi come in altre parti della Puglia per quanto ristretti gli ambienti professionali e intellettuali avevano comunque lanciato la sfida democratica ed antifascista a ridosso del fatidico 25 luglio, e la cosa non è di poco conto.

Ciò che manca davvero è la conoscenza dei nominativi dei Capeggiatori arrestati o almeno qualcuno dei nomi della ventina di studenti partecipanti della cosiddetta chiassata, che in realtà è un piccolo corteo, il primo antifascista dopo un paio di decenni, che si reca verso la sede della Gioventù Italiana del Littorio, uno dei tanti luoghi del regime nella città, si recano in quel posto per abbatte stemmi e simboli del fascismo. L’abbattimento dei simboli della dittatura è del tutto coerente con ciò che accade in molte parti del Paese dal nord al sud con ristrette o numerose manifestazioni.

Poco o nulla si conosce delle altre manifestazioni, dei lievi incidenti, citati dal telegramma prefettizio, di San Vito e di Torchiarolo, anche per queste due località non è dato sapere molto sulla iniziativa antifascista.

 

 

 

 

Il telegramma del 29 luglio, indirizzato al Ministero dell’Interno del prefetto di Brindisi, parla inoltre di un volantino, precisamente di un manifestino poligrafato che i dimostranti cercano anche di affiggere, e che sicuramente hanno diffuso lungo il percorso della manifestazione.

Su questo volantino, è possibile fare una supposizione sufficientemente plausibile sulla sua individuazione, il cui testo è di seguito trascritto:

Cittadini,

Nell’ora sua più tragica, dopo oltre un ventennio di sofferenze e di martirii, per la volontà del Popolo che, se persegue gli inderogabili suoi diritti, vince alla fine ogni barriera, la Patria nostra si riscuote da un obbrobrioso letargo per ritornare, rinnovata di spiriti, nel consorzio delle Nazioni Civili.

E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Sentite, dunque, di quest’ora, tutta l’austerità: di quest’ora che matura i destini della Nazione.

Riprendete le tradizioni veramente grandi e gloriose del nostro Risorgimento, e non siate sordi ai bisogni dell’età che preme a sorgere, dell’età che, pur fra strazi e ruine inenarrabili e infinite, già sorge e chiede giustizia e libertà per tutti in una pacifica fratellanza di Popoli.

E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Vigilate nell’opera.


Copie di questo testo di volantino sono circolate in molte parti del Salento dopo il 25 luglio del ’43, all’epoca, tra l’altro, non dovevano essere molti i volantini che vi circolavano. Di quello in questione alcune copie si sono conservate in alcune raccolte locali(5), E’ questa un’alba, non è ancora il giorno è il brano-riflessione contenuta nel testo del volantino e ripetuto per ben due volte che dimostra da parte degli autori la consapevolezza della fase difficile ma decisiva che stava per iniziare.


Il testo è di chiara tendenza liberalsocialista(6) per i suoi contenuti ed anche perché ormai sono anni da tempo che l’opposizione comunista nella Puglia era stata battuta, Il movimento comunista pugliese non si riebbe mai dai colpi del febbraio-marzo 1937. La varie province apparvero pacificate e i dirigenti locali che non finirono in galera vennero neutralizzati e rigorosamente controllati(7) ; dunque subito dopo il 25 luglio le condizioni del movimento comunista locale è estremamente debole, un altro indizio che depone a favore dell’attivismo liberalsocialista è la presenza di giovani studenti.

Già da diversi anni ’30, il movimento liberalsocialista era attivo in varie parti della Puglia, in prevalenza negli ambienti intellettuali. Esso era estremamente vivace e, proprio grazie al dinamismo di queste minoranze critiche, rappresentò un baluardo della cultura contro il regime fascista. Il movimento, partendo da Bari, attraverso l’ impulso di Tommaso Fiore, si diffonde in molte parti della regione e nel Salento. Trovò consensi tra gli studenti dei vari licei e in diversi gruppi di giovani universitari e di insegnanti. Gli accadimenti di Brindisi in quel 28 luglio del ’43 possono essere stati prodotti da giovani aderenti o in contatto con questo movimento.

Nella città di Lecce è ampiamente documentata l’iniziativa del 26 di luglio. In quel giorno si svolge una manifestazione di circa 500 persone che è capeggiata dagli esponenti più importanti dell’antifascismo locale, anche qui e prima che a Brindisi, viene distribuito il volantino stampato in cui c’è il famoso passaggio: E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Si hanno notizie dimostrazioni che hanno luogo anche in altri centri del Leccese come ad Ugento, a Monteroni, ad Arnesano e a Villa Baldassarre. In questi ultimi tre luoghi vi sono notizie su assalti e devastazioni a sedi del fascio, ai dopolavoro e ai locali del sindacato agricolo.

Nel Tarantino la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dove sono dati alle fiamme i ritratti di Mussolini (8).

In provincia di Foggia nella notte tra il 25 ed il 26 luglio a Carpino, sul Gargano, i carabinieri dispersero una manifestazione popolare arrestando 6 persone, mentre a Foggia, la mattina del 28, «alcuni monelli» presero a sassate la federazione fascista, riuscendo quindi a penetrare nell’interno e a devastarla in parte (9).

In terra di Bari oltre ai drammatici fatti nel capoluogo, massicce e violente dimostrazioni si svolsero in molti centri tra il 26 ed il 29 luglio, spesso con incidenti tra fascisti ed antifascisti e con pesanti interventi repressivi delle forze dell’ordine. A Noicattaro e Sannicandro vennero infatti devastate le case del fascio, a Monopoli e Noci dei fascisti vennero malmenati, a Ruvo si distrussero i simboli del regime e si devastò il fascio, mentre l’acme si raggiunse a Bitonto, dove, il 28 luglio, oltre cinquemila persone assalirono un alloggiamento della milizia, un deposito comunale di viveri ed un panificio militare, venendo poi disperse con le armi dai carabinieri(10).

Questo accadde in Puglia in modo che si possa dire che nei fatti del caldo luglio ’43 la presenza antifascista apparve subito in grado di influenzare l’opinione pubblica.

di Donato Peccerillo

Note:

(1) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi 29- 7- 1943 ore 15.40 = ARR. ORE 18 del 30. A Ministero Interno Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.) “1532. Diffondesi senso generale sollievo per cessazione regine fascista. Nessuna interruzione lavoro in pubblici uffici et stabilimenti industriali. Ordine pubblico normale. Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.

(2) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi DA BRINDISI 26- 7- 1943 ORE 14.5 = arp. ore 20 del 28 prec. Ass. Ministero Interno Gabinetto Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.)” N. 1509» Notizia costituzione governo militare prodotto favorevole impressione. Segnalati lievi inciderti nei comuni S.Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da case fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.

(3)“In Puglia, manifestazioni studentesche avvennero a Brindisi, con tentativi di distruzione degli emblemi fascisti e colla diffusione di volantini clandestini ciclostilati, i cui autori vennero prontamente tratti in arresto. Dimostrazioni vennero pure inscenate a Lecce, a Torchiatolo, S. Vito dei Normanni ed Ugento, mentre a Monteroni, Arnesano e Villa Baldassarre di Guagnano furono devastate le sedi del fascio, del dopolavoro e del sindacato agricolo.Nel tarantino, la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dando alle fiamme i ritratti di Mussolini.”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )

(4) L’Italia dei 45 giorni. 25 luglio-8 settembre1943. Studi e documenti. Quaderni dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione. Gallerano N.- Ganapini L.-Legnani M. Editore: Tip. Ferrari, Milano, 1969. Pag 33

(5) ASB ; archivio M. Stampacchia. ecc

(6) Sull’attività del movimento liberalsocialista del Partito d’Azione,: L’attività clandestina antifascista — i cui primi segni si erano già manifestati alla vigilia dell’entrata in guerra — era in effetti ripresa con notevole impegno a Bari sul finire del 1941, con la costituzione del « centro » regionale del movimento liberalsocialista, formato da giovani intellettuali, tra cui Ernesto de Martino, di prevalente formazione crociana ma già insofferenti dell’egemonia culturale del Maestro ed aperti a più vaste prospettive politiche e sociali. Punto di coagulo e di incontro tra vecchi e giovani antifascisti ed il Croce erano la Casa e la libreria Laterza, su cui si appuntava, occhiuta e sospettosa, la vigile sorveglianza della polizia. .”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )pag. 157

(7) Mauro Canali le spie del regime il Mulino Bologna 2004 pag 363

(8) “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo– 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, ) pag 154

(9) Ivi. Pag154

(10) Ivi. Pag155-156

 


 


Ostuni 10 aprile 2015 gli studenti e il partigiano “Brindisi”



 

Ostuni 10 aprile 2015

300 studenti e professori del Liceo Classico Antonio Calamo,in assemblea, hanno incontrato il partigiano-maratoneta della Valle d’Itria Pietro Parisi (nome di battaglia BRINDISI) e una delegazione del comitato provinciale dell’ANPI di Brindisi, nell’aula dedicata al martire della Resistenza, medaglia d’argento, maggiore Antonio Ayroldi, trucidato alle fosse Ardeatine .

 

 

 

 

 

Nell’ incontro, l’artista Massimo Zaccaria si è esibito, tra i ragazzi, in un coinvolgente monologo, lo spettacolo è ispirato alla figura di Pietro Parisi (nato a Cisternino nel 1924), contadino, partigiano con il nome di battaglia Brindisi, al fianco della brigata Garibaldi dal 1° novembre 1943 al 7 giugno 1945, l’artista recita descrivendo l’itinerario di un patriota in marcia contro il fascismo e il nemico tedesco che attraversa i drammi della Seconda Guerra Mondiale. Giustino (questo è il nome del protagonista del monologo) è un uomo semplice, arruolato a Torino come soldato, divenuto poi partigiano perché si ribella ai nazisti che gli hanno ucciso un amico. “Il ritorno” cui si allude nel titolo altro non è che il rientro a casa dei soldati stremati e straziati dalla barbarie della guerra.

I giovani hanno inoltre presentato in assemblea alcuni lavori audio e video sulla figura di Antonio Ayroldi e letto alcune delle sue lettere ai parenti.

 

Napoli convegno:“il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)”

Il convegno è l’esito del progetto di ricerca nazionale: “il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)” promosso dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per il 70° anniversario del 1943-1945. La ricerca ha costituito un importante avanzamento delle conoscenze storiche sul tema e nei lavori del convegno si offre al dibattito tra storici e alla pubblica coscienza civile. Il gruppo di lavoro, costituito da storici di rilievo nazionale, ha lavorato su base territoriale, in stretta collaborazione con il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia. Coordinato da Enzo Fimiani, si è avvalso di Isabella Insolvibile e Guido D’Agostino per il Sud; Chiara Donati e Gabriella Gribaudi per il Centro; Toni Rovatti e Luca Baldissara per il Nord. Nel convegno, sono poi stati coinvolti studiosi in rappresentanza di molte realtà di ricerca italiane. La questione storica della partecipazione attiva dei meridionali alle varie forme di Resistenza appare ancora un nodo irrisolto, anche sul piano della memoria civile. I lavori del gruppo di ricerca dell’ANPI si sono inseriti sulla scia di un rinnovamento degli studi sull’argomento, dopo decenni di sottovalutazione, segnando concreti passi in avanti soprattutto per quanto riguarda i numerosi episodi resistenziali nel sud, intesi nell’accezione più larga; l’arricchimento documentario; la conoscenza del diretto coinvolgimento di meridionali in eventi e formazioni partigiane nel centro-nord; l’attenzione verso percorsi biografici esemplari; l’approccio al momento del “ritorno”, con i fenomeni di riconoscimento/disconoscimento dell’esperienza partigiana nell’Italia della ricostruzione postbellica.

 

Giovedì 22 gennaio

ore 15.00

Apertura dei lavori e indirizzo introduttivo

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Saluti

Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)

Renata De Lorenzo (presidente Società Napoletana di Storia Patria)

Antonio Amoretti (presidente Comitato provinciale ANPI Napoli)

Presiede

Guido D’Agostino

(presidente Istituto campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “V. Lombardi”, Napoli – INSMLI)

Il progetto di ricerca dell’ANPI:

ricerca storica e impegno civile

Enzo Fimiani (coordinatore della ricerca) Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud

Isabella Insolvibile

Discussant:

Giuseppe Aragno, Vito A. Leuzzi,

Giuseppe C. Marino

 

Venerdì 23 gennaio

ore 9.00

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Centro Chiara Donati

Discussant

Giovanni Cerchia, Felicio Corvese

pausa caffè

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Nord

Toni Rovatti

Discussant

Carmelo Albanese, Rocco Lentini

Il fondo archivistico dell’Ufficio per il servizio riconoscimento  qualifiche e ricompense ai partigiani (Ricompart)

Carlo M. Fiorentino (Archivio Centrale dello Stato, Roma)

buffet

Venerdì 23 gennaio

ore 14.30

Il contributo dei meridionali alla Resistenza in Piemonte

Claudio Dellavalle (presidente Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “G. Agosti”, Torino)

Discussant

Aldo Borghesi, Rosario Mangiameli,

Pantaleone Sergi

Tavola rotonda conclusiva

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Luca Baldissara (Università di Pisa)

Alberto De Bernardi (vicepresidente nazionale INSMLI, Milano)

Gabriella Gribaudi (Università di Napoli Federico II


Il 22 e 23 gennaio si è svolto, a Napoli, l’annunciato Convegno dell’ANPI nazionale sul “Il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia”. Il Convegno è pienamente riuscito, per l’elevatezza delle relazioni e dei contributi (in particolare, quello della tavola rotonda conclusiva), con una larga presenza, costante, assidua e fortemente interessata. In seguito, si pubblicheranno gli atti e si potrà constatare quali siano stati in concreto, i risultati delle ricerche storiche compiute, su un fronte molto vasto, che non riguardava solo il “contributo” dei meridionali che si sono trovati a combattere nel nord, ma intendeva valutare l’apporto complessivo del Sud alla liberazione del Paese, nelle tante forme che esso ha assunto. Si trattava cioè, di prendere in considerazione anche l’insieme degli atti di protesta,

di reazione, di rivolta, compiuti non solo in Campania, ma in tutte le regioni del mezzogiorno, comprese le isole maggiori. E si trattava di considerare, accanto alla resistenza armata, anche il fenomeno enorme e grandioso della Resistenza non armata, che si risolse nell’aiuto ai rivoltosi, nell’assistenza ai prigionieri, ai fuggiaschi ed ai feriti. Un complesso di atti e di vicende estremamente significative e complesse, di cui si è cercato di operare una completa ricostruzione storica, nei limiti di quanto il tempo ed i mezzi consentissero e con la riserva di ulteriori approfondimenti. Il Convegno non aveva la pretesa di essere esaustivo, ma di segnare qualche punto fermo, su cui fondare le future riflessioni e indagini. E su questo piano, esso è apparso veramente riuscito. Ripeto: pubblicheremo gli atti e tutti potranno giovarsi di questo contributo alla ricostruzione di una verità storica, che si imponeva; intanto, il Convegno ci ha fornito due punti fermi, di cui ognuno dovrà tener conto in futuro: che è giusto parlare di “partecipazione” più che di “contributo” del mezzogiorno alla liberazione dell’Italia; e che la Resistenza ha avuto un inequivocabile connotazione nazionale, per la semplice ragione che in essa fu coinvolto l’intero Paese, sia pure con forme e modalità diverse, ma con assoluta unitarietà di obiettivi. Di questi risultati siamo fieri. Li dobbiamo soprattutto all’opera delle tre ricercatrici che così bene hanno lavorato (Isabella Insolvibile, Chiara Donati e Toni Rovatti), all’apporto volontario e disponibile dei tre “tutors” (Prof. Luca Baldissara, Prof.ssa Gabriella Gribaudi e il Dott. Guido D’Agostino, Direttore dell’Istituto campano per la storia della Resistenza); ma li dobbiamo anche ai contributi che sono venuti dai discussants e alla partecipazione alla tavola rotonda conclusiva del Prof. Alberto De Bernardi, Vicepresidente dell’INSMLI. Dobbiamo anche ringraziare tutta l’ANPI di Napoli, che a partire dal suo Presidente, si è prodigata per la riuscita del Convegno, lo staff dell’ANPI nazionale, che ha lavorato con impegno ed alacrità, a partire dal responsabile dell’area del Mezzogiorno, Vincenzo Calò fino ai membri della Segreteria nazionale e a tanti altri. Un grazie di cuore anche al Sindaco, Luigi De Magistris, che ha voluto assistere all’inizio dei lavori, ci ha onorati con un discorso che era assai di più di un semplice saluto e ci ha fornito anche piacevoli esempi della tradizionale ospitalità napoletana; infine un grazie alla Società napoletana di storia patria ed alla sua Presidente Prof.ssa De Lorenzo, che hanno ospitato il Convegno con cordialità e amicizia. Insomma, una nuova pagina della storia della Resistenza che in qualche modo stiamo scrivendo e ricostruendo in questi anni difficili. Faremo in modo che essa diventi parte essenziale delle comuni coscienze sul tema; sarà così compiuto, finalmente, anche un atto di giustizia nei confronti del Mezzogiorno.

 

 

 

 

Il 9 dicembre, Francavilla F. ricorda la morte eroica del partigiano Donato Della Porta

L’Amministrazione Comunale di Francavilla Fontana, in occasione del settantesimo anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, organizza, per martedì 9 dicembre 2014 alle ore 9.00 presso il cinema-teatro Italia, una conferenza per commemorare e farlo conoscere attraverso la pubblicazione Sulle ali della memoria di Alessandro Rodia.

 

A settanta anni dalla Liberazione ricordiamo Donato Della Porta.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi con la commemorazione dell’anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, caduto a ventidue anni, gloriosamente in combattimento contro le forze nazifasciste il 9 dicembre 1944 in località Baulè a Valle di Saviore in provincia di Brescia, intende aprire il ciclo di iniziative in ricordo dei settanta anni della Liberazione che il Comitato Provinciale ha intenzione di sviluppare, con l’appoggio delle istituzioni locali, l’Archivio do Stato e IPSAIC (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea.

In particolare con il ricordo dell’eroismo di Donato Della Porta, si vogliono ricordare le centinaia di brindisini e le migliaia di meridionali che hanno combattuto per la Libertà nelle formazioni partigiane della Resistenza nazionale e d’oltremare.

In più, con il ricordo di Donato Della Porta, si vuole offrire alle giovani generazioni una riflessione sulla scelta di un giovane meridionale di sacrificare la propria vita per assicurare a noi tutti libertà, giustizia e democrazia.

L’ANPI è grata ai familiari e parenti di Donato Della Porta per avere mantenuto vivo il ricordo, ad Alessandro Rodia che ha svolto le ricerche storiche e pubblicato la biografia in:Sulle ali della memoria, al sindaco di Francavilla che, con l’iniziativa, restituisce memoria ed onore ad un suo eroico cittadino, a sua eccellenza il Prefetto per la sua presenza, ed al professore Vitantonio Leuzzi dell’IPSAIC.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi

 

Alcune foto dell’iniziativa del 9 dicembre al cinema teatro Italia di Francavilla F.


 

 

 

 

 

Intervento di Alessandro Rodia al cinema teatro Italia, giorno 9 dicembre.

Settant’anni fa. La mattina del 9 dicembre 1944, nella baita di Baulè, in una località tra Ponte e Valle di Saviore, in provincia di Brescia, un gruppo di sei partigiani fu circondato da una cinquantina di militi della Guardia Nazionale Repubblicana.

I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria durata circa quattro ore. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando da un lato, che i difensori non riuscivano a controllare bene, data la mancanza di finestre, diedero fuoco alla cascina.

Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro.

Costretti dall’incendio tre partigiani si arresero. A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli che scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Il parroco don Francesco Sisti, con l’aiuto coraggioso di quattro ragazzi del luogo, tentò di soccorrere Donato Della Porta che rantolante fu trasportato nella canonica di Valle. Dopo atroci ore di patimenti, verso sera dello stesso giorno il garibaldino spirò sul tavolo della cucina.

Donato Della Porta è l’unico partigiano figlio di questa città che cadde da eroe per costruire la democrazia di cui noi tutti, ogni giorno, godiamo i frutti.

Oggi, possiamo confrontarci ed anche scontrarci duramente, per esprimere le nostre opinioni, grazie alla libertà che ragazzi, divenuti in fretta uomini, come Donato Della Porta conquistarono.

Ragazzi, quasi della vostra età, come gli “scugnizzi” – protagonisti della “4 giornate di Napoli”,il film che vedremo fra poco, che scelsero di combattere ed anche morire per la nostra libertà.

Oggi l’iniziativa di organizzare questa conferenza “Sulle Ali della Memoria”, voluta dall’Amministrazione Comunale, dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Brindisi, con l’intervento del prof. Vito Antonio Leuzzi e le conclusioni del Signor Prefetto di Brindisi, dott.Nicola Prete assume un significato di notevole rilevanza.

Dopo settant’anni ricostruire la straordinaria e quasi ignorata vicenda umana di Donato Della Porta ha avuto l’obiettivo di far finalmente conoscere e commemorare la figura di un nostro eroe che, mandato a combattere una guerra voluta dal regime fascista, scelse di fare “il partigiano sulle montagne”.

Oggi più che mai, abbiamo il dovere del ricordo nella convinzione che vicende importanti che lastricano il percorso della nostra storia non possono cadere nell’oblio.

E’ indispensabile dedicarsi al recupero e alla ricomposizione di frammenti del nostro passato per raccontarli non come reperti da celebrare ma per condividere l’attualità dei valori e degli ideali che hanno animato le gesta eroiche di migliaia di giovani che offrirono la loro unica vita per un’ Italia nuova e democratica.

Valori e ideali che sono le basi fondamentali, indiscutibili e irrinunciabili della nostra Costituzione.

Donato Della Porta è uno di quei ragazzi meridionali e pugliesi che hanno combattuto la lotta di Liberazione che si è svolta geograficamente lontana da noi ma non ci è stata estranea perché ha segnato il destino di migliaia di nostre famiglie.

Ogni comunità ha il diritto di conoscere i propri eroi e ha il dovere di esprimere gratitudine per chi ha scelto di immolare la vita contro il nazifascismo per la libertà di tutti e non di una parte.

Nel primo passo della ricerca ho incontrato alcuni nipoti (Franco e Mimmo Della Porta e Gaetano Calò) per informarli e condividere questa intenzione. Il loro consenso e il sostegno di altri nipoti qui presenti e della sorella di Donato, Angela, mi hanno incoraggiato.

Donato Della Porta, appena diciannovenne, fu dichiarato “abile e arruolato” e nel 1942 chiamato alle armi.

L’8 settembre 1943, alla dichiarazione dell’armistizio con gli alleati, nelle caserme e nell’esercito, seguì una totale confusione. Gli ufficiali erano tutti scomparsi ed i soldati abbandonati a se stessi. Il 18 settembre nacque la Repubblica di Salò sotto la protezione e il comando dei nazisti.

Tanti giovanissimi soldati, impediti dalla linea del fronte a far ritorno a casa, furono costretti a scegliere tra l’adesione alla Repubblica di Salò e la partecipazione alla lotta partigiana per liberare l’Italia.

 

In quel clima di estrema incertezza e drammatico sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, preda della reazione tedesca, Donato, appena ventenne, decise di essere ribelle e di non arruolarsi nelle file fasciste.

Già l’8 settembre compì una scelta di campo chiara e coraggiosa: andò a fare “il partigiano sulle montagne”. Fu tra coloro che iniziarono subito a costituire i nuclei delle prime formazioni partigiane per combattere il nazifascismo.

Donato aveva imparato a muoversi tra le vallate, gli strapiombi, i laghi e le fredde pinete come se fosse cresciuto in quei luoghi molto diversi dal clima e dalla terra aspra e secca del suo paese, segnata da masserie e distese di ulivi.

Fu tra gli uomini più fidati del leggendario comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, e nel periodo ottobre-novembre del 1943, mesi molto difficili, operava nei gruppi di partigiani che erano isolati e poco in contatto tra di loro.

Donato costruì forti legami di amicizia con molti giovani del posto che ancora oggi, dopo settant’anni, conservano un commovente ricordo di lui.

Combatteva col nome di battaglia “Il brindisino” sul quale i nazifascisti avevano messo una taglia.

 

La determinazione e il coraggio mostrati nelle attività militari e nelle azioni di pattuglia e le sue capacità organizzative a guidare squadre di partigiani portarono i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad assegnargli il grado di comandante militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

I partigiani, per non essere catturati, dovevano essere molto attenti e spostarsi continuamente. Dovevano applicare la rigida norma di sicurezza che prevedeva di non sostare troppo a lungo in un medesimo luogo per ridurre i rischi di spiate e rastrellamenti. La cattura significava essere sottoposti a incredibili e indicibili torture per strappare loro informazioni necessarie per l’arresto dell’intera rete dei ribelli. Famiglie indifese venivano crudelmente trucidate nelle loro case. Molti, furono deportati a Mauthausen e non tornarono mai più.

Nella prima decade di dicembre 1944 i partigiani subirono un duro colpo. Un ragazzo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti delle SS italiane, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero era grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva compiuto i 16 anni. Decisero di non fucilare a sangue freddo un ragazzino.

Lo congedarono intimandogli di rigare dritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse subito al presidio della Guardia Nazionale Repubblicana di Capo di Ponte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscere il rifugio.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata dalle forze nazifasciste e quel gesto di generosità fu pagato a caro prezzo.

Qualche anno dopo, il ragazzo che li aveva traditi, pentito e distrutto dal rimorso, deciderà di entrare in convento.

Nel testo autografo del parroco don Francesco Sisti è riportato: “Della Porta Donato, rimasto orrendamente ferito venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico ed Estrema Unzione con edificante pietà”.

In quei lunghi istanti di straziante agonia, Donato ebbe la piena consapevolezza di aver immolato la propria vita per grandi ideali. Lo confortò la profonda speranza d’aver contribuito a edificare un futuro di libertà, di giustizia e di democrazia.

Il sangue di un giovane del Sud seminò libertà sulle montagne bresciane. Nei suoi sogni non sorrisero più i volti amati.

Una compagna gli dedicò parole toccanti che, ancora oggi, sembrano fermare il tempo. Suscitano emozioni così vivide da portare ognuno di noi a sentirsi parte viva di quanto accadde tra le valli di Valsaviore.

Il comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, il 1° ottobre 1945 da Edolo, comunicò al sindaco di Francavilla, Cesare Teofilato, che Donato Della Porta era “caduto gloriosamente il 9 dicembre ’44 in Valle di Saviore in combattimento contro forze nazifasciste”.

Il padre Arcangelo, il fratello Pasquale ed il cognato Carmelo Calò si recarono a Valsaviore per riportarlo a casa.

La strada del ritorno fu un lungo pellegrinaggio. La salma, accompagnata da due carabinieri e sei rappresentanti della 54^ Brigata Garibaldi, durante tutto il percorso, di oltre mille chilometri, veniva accolta in ogni luogo con manifestazioni di addio e solidarietà.

A Francavilla giunse il 16 novembre 1945. I funerali si svolsero con la partecipazione di una moltitudine di persone, giunte anche dai paesi vicini, mutilati e reduci di guerra con le bandiere che accompagnavano il feretro, portato a spalla dai quattro militari venuti da Brescia.

Dal 1945 Francavilla lo ha ignorato.

Nel 2012, il comune di Saviore ha trasformato la baita di Baulè in museo, in memoria di Donato Della Porta, Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli.

La conferenza di oggi e la numerosa partecipazione soprattutto dei giovani, colma una lacuna e dà dignità all’unico partigiano figlio di questa città, caduto da eroe.

Dopo settant’anni, Francavilla accoglie un figlio martire nel grembo della propria memoria storica e scrive una pagina che era rimasta bianca. Noi siamo stati le “Ali della Memoria” che lo hanno ripo rtato a casa.

 

 

BIOGRAFIA DEL PARTIGIANO DONATO DELLA PORTA

 

Donato Della Porta di Arcangelo e di Castellaneta Maddalena, nasce a Turi (Ba) il 17 marzo 1922. Abita a Francavilla, città d’origine paterna, e lavora, come quasi tutti i ragazzi della sua età in quel periodo, come contadino.

Presta il servizio militare, come soldato semplice, in una postazione di fanteria della zona di Grevo in Valsaviore – provincia di Brescia.

Nel clima di estrema confusione e sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, provocato dall’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani dell’8 settembre 1943, Donato compie subito la sua scelta di campo.

La lettera firmata da Antonino Parisi, Comandante della 54^ Brigata Garibaldi, ed inviata l’1 ottobre del 1945 al Sindaco di Francavilla, attesta che Donato Della Porta già l’8 settembre 1943 è tra gli organizzatori dei primi gruppi partigiani.

La determinazione e il coraggio mostrati nelle azioni di combattimento e le sue capacità organizzative portano i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad affidargli la guida di squadre partigiane.

L’estratto storico della organizzazione e dell’attività militare della 54^ Brigata d’assalto Garibaldi “Bortolo Belotti” – Valle Camonica, dal settembre 1943 all’aprile 1945, documenta che Donato Della Porta è Comandante Militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

Nel gelido dicembre 1944 la polizia fascista procede a pesanti azioni di rastrellamento nei centri abitati senza dare tregua nelle zone di montagna.

Donato Della Porta muore, combattendo da eroe fino all’estremo sacrificio della vita, la mattina del 9 dicembre 1944 nella baita in località Baulé.

Nel rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana redatto l’11 dicembre 1944 è riportato:

“Il mattino del 9 dicembre 1944 una squadra di militi della G.N.R. in forza al presidio di Capo di Ponte in un’azione di rastrellamento riusciva a circondare nella zona di Ponte di Valsaviore una cascina nella quale era asserragliato un gruppo di terroristi particolarmente pericolosi appartenenti alla 54^ Brigata comunista “Garibaldi”.

Nel duro combattimento che ne seguiva, durato circa 4 ore, venivano uccisi 2 russi ed un italiano (tale Donato – Vice capo di una squadra della Garibaldi) mentre solo, perché costretti dall’incendio della baita ove si trovavano, i tre ribelli superstiti finalmente si arrendevano e consegnavano le armi.”

Altre notizie relative al combattimento avvenuto nella cascina in località Baulè del Comune di Valsaviore, ricostruiscono le ultime ore di vita di Donato Della Porta:

<<(…) Un ragazzo di Grevo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti della SS italiana, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero appariva grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva ancora compiuto i 16 anni. Mentre alcuni patrioti propendevano per la fucilazione, ad altri ripugnava uccidere a sangue freddo un ragazzino. La questione fu decisa dal russo Michele Dostojan: congedato con un calcio nel sedere, l’adolescente venne sollecitato a rigare diritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e, invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse difilato al presidio della Gnr di Capodimonte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscerne il rifugio. In nottata il maggiore Spadini e il comandante del presidio germanico di Breno allestirono un rastrellamento, guidato dal Tosini.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata da una cinquantina di militi. I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa, ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando dal lato a monte (che i difensori non riuscivano bene a controllare data la mancanza di finestre: avevano scostato alcune tegole), diedero fuoco alla cascina. Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro. Costretti dall’incendio i partigiani Andrè Jarani, Franco Ricchiulli e Bruno Trini si arresero, A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli. Dopo essersi battuti sino allo stremo delle forze i due capirono che non potevano fare più nulla e scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Della Porta, ancora rantolante dalla baita in fiamme, venne trasportato nella canonica di Valle e spirò sul tavolo della cucina, sotto gli occhi attoniti del parroco don Francesco Sisti.”

Il parroco Francesco Sisti riporta sul Registro dei Morti della Parrocchia “San Bernardino” di Valle di Saviore << Della Porta Donato, da Francavilla (Brindisi). Rimasto orrendamente ferito nel medesimo giorno e nella medesima vicenda venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dello stesso giorno dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico e Estrema Unzione con edificante pietà. Venne caritatevolmente funerato il 15-XII-44 e sepolto il 22-XII-44 in questo cimitero>>.

Il 10 maggio 1946, la Commissione per il riconoscimento qualifiche di partigiani in Lombardia decretò il <<diritto alla qualifica di Partigiano caduto, appartenente alla 54^ “Brigata Garibaldi” dall’1 novembre 1943 al 9 dicembre 1944>>.

Il 24 settembre 1965, il Comandante del Distretto Militare di Lecce, in modo apprezzabile, conferì a Donato Della Porta, per l’attività partigiana, la Croce al merito di guerra.

In occasione del 25 Aprile 2013 il Comune di Saviore dell’Adamello in provincia di Brescia ha ristrutturato la baita in località Baulè, luogo dove tre giovani immolarono le loro vite, realizzando un museo ed apponendo una lapide a perenne ricordo del gesto eroico.

La salma di Donato Della Porta viene riportata a Francavilla il 16 novembre 1945 e collocata nel campo dei caduti in guerra. Oggi riposa nella cappella di famiglia.

(note di Alessandro Rodia)


 

 

25 aprile a Brindisi e dintorni

25 aprile a Brindisi:

la festa della Liberazione si svolgerà in città con questo Programma:

Alle ore 10.00 in Piazza Santa Teresa Cerimonia provinciale per il 69° Anniversario della Liberazione alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle massime Autorità

 

Alle ore 11.15 in Piazzetta Sottile De Falco Omaggio ai Caduti della Resistenza decorati al Valore Militare a cura della Sezione Provinciale ANPI ed alla presenza delle massime Autorità

 

in Piazzetta Sottile de Falco, presso la lapide dedicata al partigiano brindisino Vincenzo Gigante, quest’anno saranno ricordati alla presenza di alcuni dei loro familiari, le due medaglie d’oro e le tre d’argento dei RESISTENTI e CADUTI per LA LIBERTA’, originari della provincia di Brindisi: De Tommaso Orlando, Gigante Vincenzo Antonio, Gasco Giovanni Mario, Ayroldi Antonio, Faggiano Pompilio.

In questo modo l’ANPI di Brindisi continua l’impegno preso , sin dalla nascita, di promuovere e salvaguardare la memoria dei valori fondanti della nostra democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza, valori inestimabili dai quali il nostro vivere democratico trae forza e vitalità. L’ANPI di Brindisi ricorda il coraggio di quanti hanno lottato per liberare il Paese dalla dittatura, combattendo con forza e generosità, anche fino all’estremo sacrificio della vita, per la pace e la libertà. In questo 25 aprile, bisogna ricordare le centinaia di figli del territorio di Brindisi che in diversi modi (partigiani, patrioti, staffette, militari dell’esercito italiano cobelligerante , ecc), hanno sofferto, e talvolta anche sacrificarono la loro vita per liberare il nostro Paese dal Nazifascismo e garantirci un futuro migliore. L’ANPI di Brindisi è impegnata da tempo nel recupero di questa memoria locale e nella ricostruzione verificata dei movimenti democratici e popolari, delle lotte democratiche contro il regime fascista di questo territorio.

Il sacrificio dei nostri partigiani e dei combattenti della libertà e di generazioni di democratici ed antifascisti non deve essere vano, bisogna fare tesoro di questa esperienza, in modo che sia di esempio per tentare di risolvere le urgenze democratiche che vive il nostro Paese, come quelle del lavoro con la insopportabile e altissima disoccupazione giovanile, come la mancata parificazione tra i sessi e l’allarmante incrudelirsi del terribile fenomeno del femminicidio, con i discutibili tentativi di modificare profondamente la Costituzione e gli organismi democratici rappresentativi senza molto rispetto della volontà popolare e dello stesso spirito costituzionale che in essi dovrebbe essere rappresentato.

Inoltre l’ANPI di Brindisi esprime preoccupazione al riemergere nel Paese e nell’Europa di egoismi particolari, localistici e /o nazionali che si esprimono attraverso squallidi rigurgiti neofascisti e di populismi di vario tipo che minano la convivenza pacifica.

 

LE INIZIATIVE PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE NELLA PROVINCIA DI BRINDISI CON IL PATROCINIO DELL’ANPI:

Quest’anno molte sono le iniziative nelle quali l’ANPI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA) della Provincia di Brindisi , cura il patrocinio e/o è stata invitata a organizzare/partecipare. Questo è il segno dell’interesse e il bisogno della società civile di ritrovarsi in momenti difficili per il nostro Paese intorno a i valori comuni nati dalla Resistenza e dalla lotta la Nazifascismo.

SAN PIETRO VERNOTICO 24 aprile 2014 ore19.00: a cura della locale sezione dell’ARCI (la Factory) e nella sede della stessa in via S.Antonio 2, proiezione del film ENERGIA RINNOVABILE (il messaggio di 4 partigiani su Resistenza e Costituzione) e incontro dibattito con il presidente provinciale dell’ANPI: D.Peccerillo

BRINDISI: ORE 10.30 Cerimonia istituzionale con le rappresentanze militari e associazioni combattentistiche a Piazza Santa Teresa. Ore11,15: presso Piazza Sottile De Falco ( antistante al Palazzo Nervegna) Cerimonia commemorativa dei delle medaglie d’oro e d’argento dei caduti brindisini alla Resistenza , con la presenza di familiari e lettura di lettere del maggiore ostune Ayroldi caduto alle Fosse Ardeatine

FRANCAVILLA FONTANA 25 APRILE ORE 9,30 COMMEMORAZIONE DEL PARTIGIANO ANTONIO SOMMA: presso il cimitero comunale di Francavilla Fontana, una delegazione di giovani militanti di Rifondazione Comunista di Francavilla Fontana, assieme ad un rappresentante dell’Anpi e alla famiglia di Antonio Somma, apporrà una targa sulla tomba del partigiano Antonio Somma.

MESAGNE : La Liberazione sarà ricordata per tutta la giornata con iniziative patrocinate dall’Amministrazione comunale, l’ANPI e l’Associazione Combattenti e Reduci: ore 10.00 corteo musicale per le vie maggiori della città. Ore 17.30 Corteo musicale che partendo da Piazza san Michele Arcangelo terminerà nell’atrio di Palazzo del municipio ex convento dei Cellestini(via Roma 4 ) , ove alle 18,00 sarà inaugurata la Mostra VENTO DA SUD ( su guerra di Liberazione nell’Italia Centro-meridionale 1943-1944)

CEGLIE MESSAPICA 25 APRILE ORE 19 PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU ANTONIO SOMMA A CEGLIE MESSAPICA: Il Circolo “Peppino Impastato” di Sinistra Ecologia Libertà – Ceglie Messapica e la CIA – Confederazione Italiana Agricoltori – organizzano la presentazione del libro di Antonio Somma “La storia di un protagonista del Sud”.

SAN PANCRAZIO 25 APRILE : serata al teatro patrocinata dal Comune e dall’ANPI con la rappresentazione dell’opera teatrale IL RITORNO (del partigiano Brindisi)ideata da Salvatore Arena e interpretata da Massimo Zaccaria ed ispirata dalla storia del partigiano –maratoneta Pietro Parisi di Cisternino.


 

Caduti nella lotta di Liberazione della provincia di BRINDISI (lista provvisoria)

 

ALTAVILLA Raffaele di Albino e di Maria Giovanna. Nato a Tuturano, nel 1920. Partigiano nella Div. Garibaldi in Iugoslavia. Medaglia di bronzo alla memoria.“In territorio scoperto, primo fra i primi, gareggiando tra i più coraggiosi ed incurante della reazione nemica, si portava fin sotto alle postazioni avversaria finché veniva colpito a morte da scheggia di granata. Nonostante le gravi ferite riportate, incitava i compagni a proseguire con la lotta, ed a non curarsi di lui. Nobile esempio di alte virtù militari, di abnegazione e senso del dovere. Serengrad, 12 aprile 1945”. Cfr. G. Scotti, Ventimila caduti, gli italiani in Iugoslavia dal 1943 al 1945, Mursia, Mi, 1970, pag.511; G.U. n. 183 del 24 luglio 1957.

 

ANDRIOLA Giovanni, di Pietro. Nato a Ostuni. Partigiano della Brg. Girolamo cade in combattimento dopo aver combattuto per ben 7 mesi e 22 giorni i nazifascisti. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 73, f. 1.

 

AYROLDI Antonio. Medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..). Collegatosi con il Fronte militare clandestino con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

 

BARLETTA Giuseppe. Nato a Brindisi l’8 aprile 1925 e morto a Sestri Levante il 18 marzo 1945. Partigiano combattente.“Partigiano ardito ed entusiasta si distingueva nel corso di dure operazioni ed in rischiose imprese per capacità, tenacia ed elevato senso del dovere. Comandante di un distaccamento, attaccato di sorpresa da rilevanti forze nemiche, opponeva disperata resistenza, animando i compagni con l’esempio e battendosi sino all’ultima cartuccia. Catturato e sottoposto ad atroci sevizie, manteneva fiero ed esemplare contegno e serenamente affrontava l’estremo supplizio nel nome d’Italia e con il coraggio dei forti. Santa Margherita di Fossa Lupara (Sestri Levante), 18 marzo 1945”.Cfr. Gemelli G., op, cit., pag 361.

 

CALABRETTI Mario o Mariano; – Partigiano – di Angelo e Maria Concetta Mustica, nato il 14 febbraio 1918. Fante in servizio nella 90a Compagnia del 3° Btg. Presidiano. Dopo l’8 settembre 1943 diviene partigiano assumendo il nominativo in codice “Beten”. Combatte nella la Zona Liguria con il 1° Btg. della 5a Brigata, 2a Div. “E Cascione”. Il Ministero della Difesa nell’atto di morte lo dichiara deceduto il 2 febbraio 1945 a Imperia, fucilato in base ad una sentenza del Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. che lo ha condannato per appartenenza a bande di partigiani. E1 sepolto in una località rimasta tuttora sconosciuta. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

CAMARDA Antonio. Nato a Francavilla Fontana, il 15 agosto 1922. Soldato della Divisione Acqui. Disperso in prigionia, il 15 ottobre, 1943 nell’isola di Cefalonia. cfr.http://www..cefalonia.it/Elenco_CADUTI,html.

 

CAPOCCIA Carmelo, di Aurelio e Angulli Assunta. Nato a Brindisi il 14 gennaio o 18 novembre 1927. Partigiano appartenente al Comando – Centro Miralago Brg. San Giusto e deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento il 13 maggio 1945 a Milano. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 1, f. 2.

CATI Nicola. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 7 ottobre 1943.Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

CHIONNA Umberto di Giacinto. Nato a Brindisi il 29 gennaio 1911 e residente a Milano. Falegname della Pirelli. Comunista. Arrestato il 2 novembre 1926 per organizzazione giovanile comunista e condannato dal T.S.D.S. (Tribunale speciale per la difesa dello Stato) a 3 anni di reclusione, per “organizzazione comunista”, verrà poi prosciolto il 10 novembre 1932. Arrestato con la stessa imputazione il 9 maggio 1931, verrà confinato a Lipari per 3 anni e successivamente diffidato. Denunciato per offese al capo del governo, denunciato al Tribunale speciale. Combatte nella 107 Brg. Garibaldi per un anno e 5 giorni. Arrestato il 17 marzo 1944 e imprigionato a San Vittore. Tra il 5 e l’8 aprile 1944 arriva nel lager di Mauthausen e viene identificato con il numero 61606. Successivamente viene trasferito a Gusen il 18 maggio 1944 ed ancora a Mauthausen il 6 marzo 1945 dove muore il 23 aprile.

 

DE TOMMASO Orlando. Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Capitano dei carabinieri. Cadde alla testa dei suoi uomini, nel tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”.

DEL VECCHIO Michele Armando. Nato a Cisternino, il 17.12.1910. Partigiano morto, in territorio metropolitano, il 2.12.1943.Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in: http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

DELLA PORTA Donato

DI MURI Libero. Nato a Brindisi, il 10 aprile 1922. Partigiano caduto in combattimento nel comune di Paesana. 1 Divisione Garibaldi – 4 Brg. dal 10 settembre 1943 al 30 dicembre 1943. Cfr. BDPP.

EFTIMIADI Marco. Nato a Brindisi, il 24 gennaio 1921. Partigiano dal 9 settembre 1943 nella formazione GAP del IX Corpo dell’ELPJ. Viene impiccato come ostaggio, assieme ad altri 50 martiri, a Trieste, in via Ghega, il 23 aprile 1944. Cfr. C. Ravnich, Martiri ed eroi della divisione Garibaldi, op. cit., Padova, 1950, pag. 91; Brigata d’Assalto Garibaldi – Trieste, Elenco nominativo dei caduti, c/o IFSML.

FAGGIANO Pompilio. Nato a San Donaci (BR) il 4/6/1916, da Vincenzo e fu Sturdà Vita Maria nato il 4.6.16 residente a S. Donaci Via 28 ottobre 3.Arrestato il 27/2/1944. Deceduto assieme ad altri 22 italiani soppressi dalla Gestapo il giorno 12 settembre 1944 a Bolzano e qui sepolti il giorno stesso in una fossa comune. in:http://www.venegoni.it/venegoni_sec.pdf

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli. Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione: “Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie. Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

 

FIORE Luigi. Nato l’8 marzo 1892 a Ostuni. Scrivano. Partigiano in Liguria. Arrestato e deportato in Germania. Giunge nel lager di Mauthausen l’8 aprile 1944. Morto nel sottocampo di Gusen il 3 febbraio 1945. Cfr. Gemelli G., op, cit., pag. 379; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 872.

 

GASCO Giovanni Mario. Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Div. Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli. Cefalonia, 24 settembre 1943”. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani.

 

Gatti Edilio. Partigiano. Nato il 31 agosto 1924, a Brindisi. Nome di battaglia – Flok – combatte nella Brg. Valle Pesto – Gruppo Divisioni R, dal 15 gennaio 1945 al 25 aprile. Fucilato a Cuneo. Cfr. BDPP.

 

GIGANTE Antonio Vincenzo. Nato a Brindisi il 3 febbraio 1901 e residente a Roma. Muratore. Dirigente comunista. Denunciato al Tribunale speciale nel 1934, al termine di una condanna ventennale, per “costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda”, viene internato il 3 gennaio 1942. Evaso nel settembre 1943. Viene iscritto alla Rubrica di frontiera. Catturato dai nazisti nel novembre 1944 ed ucciso nella risiera di San Saba. Medaglia d’oro della resistenza. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

 

GUARINI Enrico, 23 anni di Mesagne in provincia di Brindisi. “Alle 21 del 23 agosto 1944 a Suno (Novara), raffiche di mitra stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano nella scarpata e i moribondi vengono finiti con la pistola dal maresciallo comandante il plotone di esecuzione alla presenza del capitano Sciller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria a gozzovigliare. Ci vogliono tre giorni per identificare gli assassinati che erano stati prelevati dal carcere di Novara dove si trovavano in attesa di giudizio.” Cfr. 23 agosto 1944 partigiano, pubblicata da 122 brg. d’assalto Garibaldi – A. Gramsci.

 

Laghezza Pietro; di Francesco e Maria Francesca Pizzuto, nato il 26 febbraio 1921. Fante, Matr. 18010, del 225° Rgt. Fanteria della 53a Div. “Arezzo”. Ha combattuto sul Fronte Greco-Albanese. In seguito aderisce alla resistenza nella formazione partigiana “Brigata Stella”. Deceduto il 26 aprile 1945 in via Roma ad Oppeano (Verona) trucidato freddamente dalle truppe tedesche in ritirata. La notizia del decesso viene comunicata dal Comitato Liberazione Nazionale di Oppeano. Il Laghezza, sbandato dopo l’Armistizio, era da poco rientrato in Italia ed aveva trovato ospitalità e sicuro rifugio presso la famiglia del sig. Giacomo Trevenzuoli di Oppeano che fu anch’egli trucidato nella stessa occasione. Viene sepolto nel Cimitero Comunale di Oppeano. Dal 26 febbraio 1993 i suoi resti riposano nel Cimitero Comunale di S. Vito. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MASIELLO Vito. Nato a San Vito dei Normanni. Decorato con Medaglia di bronzo, (alla memoria). Combattente i nazifascisti, in zona La Fratta (Bologna) – 19 aprile 1945. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani. MATARRELLI Infanzio. Nato il 17.2.1883 ad Oria. Partigiano morto in territorio metropolitano il 29.4.1945. Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in:http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

 

MELLONE Florido. Nato a (BR), il 6 settembre 1923. Studente. Sergio. 10 Divisione Garibaldi, dal 10 marzo 1944 e vice comandante di distaccamento dal 1 dal 12 marzo fino al 29 luglio dello stesso anno, quando cade in Val di Susa. Cfr. BDPP.

 

MICELLI Ferdinando, «Capo», da Vincenzo e Crocifissa Pagliarini; Nato il 5/3/1903 a S. Pancrazio Salentino (BR). Nel 1943 residente ad Anzola Emilia. Licenza elementare. Appuntato dei carabinieri. Militò nel btg Tarzan della 7a brg GAP Gianni Garibaldi e operò ad Anzola Emilia. catturato dai tedeschi il 5/12/44 durante il grande rastrellamento nella zona di Amola (S. Giovanni in Persiceto). Dopo una breve detenzione nel carcere di S. Giovanni in Monte (Bologna), deportato dapprima a Bolzano e poi in Germania. Giunto nel campo di sterminio di Mauthausen (Austria), l’11 gennaiuo 1945, dove morì il 22/4/1945. Riconosciuto partigiano dal 10/5/44 alla Liberazione. Il suo nome è stato dato alla caserma dei carabinieri diAnzola Emilia. [O] Cfr. Albertazzi A. – Arbizzani L. – Onofri N. S., op, cit, 4 vol°, p. 181; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 1412 – 1413.

 

MINGOLLA V. Antonio; – Partigiano -di Antonio e Maria Roggia, nato il 28 ottobre 1920. Soldato, Matr. 14976. In servizio all’Ospedale Militare di Riserva di Roma ma dislocato a Lubiana (Jugoslavia). E’ dapprima riportato come militare disperso e successivamente è dichiarato deceduto in data 25aprile 1944. Il Soldato Vitantonio Mingolla prestava servizio fino al giorno dell’Armistizio nell’Ospedale di Lubiana in Jugoslavia. Dopo tale data si dette alla fuga verso le montagne e da allora non si ebbero più sue notizie. La famiglia venne a conoscenza della sua sorte attraverso un comunicato datato 19 luglio 1948 pervenutole il 9 novembre dal Distretto Militare di Taranto. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MUSTICCHI Giovanni. Di Latiano. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 20 settembre 1944. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

PALUMBO Vincenzo Salvatore 226° Reggimento Fanteria . Divisione Arezzo,In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre, preso prigioniero, riuscì a scappare e ad unirsi ai partigiani albanesi, dai quali si staccò per passare nelle fila dei partigiani jugoslavi, nella Prima Compagnia, Battaglione “Matteotti”. Con i partigiani rimase a combattere dal 30.10.1944 al 12.04.1945. Morì il 12 Aprile 1945 sul fronte jugoslavo “verso le ore sei in Località Babin Dol nei pressi di Mohovo (Vukovar) mentre trovavasi impegnato in combattimento a seguito di ferite al torace e all’addome prodotte da raffiche di mitraglia nemica” * La salma fu sepolta dalla “Compagnia Genio della Brigata “Italia” in Località (Babin) Boni Dol, nei pressi di Mohovo (Vukovar). I resti del partigiano Palumbo Salvatore, tramite l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Comitato Provinciale di Brindisi-, giunsero il 16 Ottobre 1957, alle ore 16.00 in San Pancrazio Salentino; furono seppelliti nel cimitero comunale. *Registro (G) degli Atti di Morte della Divisione “Garibaldi “Italia” – 2° Battaglione “Matteotti”-Atto di Morte n, 39. Trascrizione: Registro Stato Civile del Comune di San Pancrazio Salentino Atti di Morte – P. II- Serie C – anno 1946 – n. 1 (Pancrazio Stridi Seconda guerra mondiale testimonianze di reduci, caduti militari e civili di San Pancrazio Salentino . Trepuzzi Le ottobre 2012)

 

PENTASSUGLIA Angelo. Nato a Cisternino (BR) il 27 novembre 1912. Partigiano in Jugoslavia, già appartenente al 19 Artiglieria, muore il 15 maggio 1945 nel 38 reparto gulag. Cfr. ANVRG, Caduti della Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, op. cit, nr. 65.

 

RE Francesco. Nato il 21 maggio 1897, ad Oria. Meccanico. Partigiano della 7 Brg. Sap De Angeli, dall’ 11 settembre 1943 al 21 ottobre 1944. Arrestato a Torino. Deportato in Germania giunge nel lager di Mauthausen l’11 marzo 1944. Trasferito nel sottocampo di Gusen (Mauthausen), muore il 21 ottobre dello stesso anno nel sottocampo di Erholungsheim – Harteim (Mauthausen). Cfr. BDPP; CPC; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., pag. 1799.

REMO Italiano. Figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abitava. Di professione era cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. Cfr. http://anpicatania.wordpress.com/2011/01/03/ossario-dei-caduti-partigiani-di-forno-di-coazze-i-98-nominativi-tre-catanesi-e-un-siciliano/(68 Remo Italiano Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze.)da. i 98 caduti di Coazze- Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in ra-strellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. (CENTRO DI DOCUMENTAZIONE ANPI SULLA RESISTENZA IN VAL SANGONE rif. Mauro Sonzini, cell.: 335/66.99.043, mail: mauson@libero.it )

SACCHETTINO Vincenzo. Nato a Brindisi, nel 1915. Caduto. – Vince – Calzolaio. Partigiano – Torino – 10 divisione GL dal 10 aprile 1945 al 26 aprile dello stesso anno. Quando ad Alba (CN) muore dopo essere stato ferito in combattimento. Cfr. BDPP.

SANTORO Antonio. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 22 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

SCARAFILE Donato. Di Cisternino. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 18 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

TEDESCO Gino. Di Brindisi. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 9 settembre 1943 nell’isola di Leros. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI

VALENTE Angelo; – Partigiano – – Decorato al Merito di Guerra di Vito Vincenzo e Maria Luigia Iaia, nato il 19 aprile 1923. Carabiniere del 24° Btg. e in servizio nella la Brigata della Div. “Garibaldi”. Il Ministero della Difesa ne dichiara la morte avvenuta il 20 novembre 1944 in seguito a ferita d’arma da fuoco in parti multiple subite durante un combattimento a Berane (Montenegro). E’ sepolto nel Cimitero di Berane. . (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

 

335 martiri uccisi alle Fosse Ardeatine

l´ordine è già stato eseguito” queste sono le parole con cui si concludeva il comunicato emesso la sera del 24 marzo del 1944 alle ore 22,55 dall’alto comando tedesco di Roma e trasmesso dall´Agenzia Stefani, che appare sui quotidiani romani soltanto il giorno dopo (il 25 di marzo) nella loro edizione di mezzogiorno.

Il comunicato in questione che facendo riferimento all’attentato di via Rasella, l’aveva qualificato come “imboscata eseguita da comunisti-badogliani“, dichiarava la volontà di “stroncare l’attività di questi banditi” e rivelava che “per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati”

Il terribile comunicato dell’alto comando tedesco era stato emesso, senza ombra di dubbio, quando i 335 martiri erano già stati uccisi con un colpo di pistola alla nuca e sepolti nella cava di pozzolana minata dai genieri tedeschi, sulla via Ardeatina poco lontano da Roma.

 

Era accaduto che i giorno prima, il 23 marzo del 1944, una bomba sistemata in via Rasella, da un gruppo di partigiani membri dei GAP ( i Gruppi di Azione Patriottica),aveva ucciso 33 soldati tedeschi e 6 civili italiani.

L’attentato aveva causato la violenta rappresaglia nazista. I tedeschi rastrellarono 335 persone in tutta Roma, e il giorno dopo furono uccise e sepolte nelle fosse Ardeatine. Era stata compiuta una delle stragi più gravi fatte in Italia durante la seconda guerra mondiale e, insieme all’azione di via Rasella, ha continuato a causare polemiche strumentali fino ad oggi.


In realtà nessun annuncio della rappresaglia venne affisso sui muri di Roma e non venne fatta nessuna richiesta di consegnarsi agli autori dell’attentato. La rappresaglia venne portata avanti rapidamente e in segreto. L’annuncio ( come già si è visto) venne dato soltanto il giorno successivo.

Pare che quando gli venne comunicata la notizia dell’attacco, Adolf Hitler chiese una punizione esemplare: cinquanta italiani avrebbero dovuto essere fucilati per ognuno dei soldati tedeschi morti nell’attentato. Scrive infatti Robert Katz, in Roma città aperta,a pag. 265:” Adolf Hitler venne avvertito nel primo pomeriggio, egli dispose una rappresaglia immediata “che avrebbe fatto tremare il mondo”


L’esercito tedesco – come quello italiano quando aveva occupato la Grecia e la Jugoslavia – aveva da sempre praticato la tattica della rappresaglia. Ma una proporzione di uno a cinquanta sembrò eccessiva anche ai militari nazisti. Albert Kesselring, il comandante dell’esercito tedesco in Italia, si oppose insieme a molti degli altri ufficiali e riuscì a persuadere Hitler ad abbassare le sue richieste. Venne deciso che dieci italiani sarebbero stati uccisi per ognuno dei tedeschi morti nell’attentato.

“Alle ore 15.30 arrivarono anche i prigionieri provenienti da Regina Coeli e dopo pochi minuti ebbero inizio le fucilazioni. I prigionieri, suddivisi in gruppi di cinque, vennero condotti nelle gallerie illuminate da soldati tedeschi muniti di torce elettriche; all’entrate del luogo di esecuzione il capitano Priebke richiedeva il nome al condannato e controllava la lista; quindi le vittime venivano fatte inginocchiare e gli esecutori, all’ordine del capitano Schütz, sparavano un colpo di pistola dall’alto in basso all’altezza del collo; in questo modo si riteneva di ottenere una morte immediata. Un soldato accanto all’esecutore illuminava la scena con un’altra torcia. Il colonnello Kappler prese parte al secondo turno di eliminazione; il capitano Priebke invece sparò con il terzo turno. In totale furono effettuati 67 turni di esecuzioni; mentre all’inizio la procedura di annientamento delle vittime sembrò avviarsi con precisione e disciplina, con il passare del tempo la situazione divenne più confusa” (da R. Katz, Roma città aperta, pp. 288-289)



 

Tra le 335 vittime, 16 sono pugliesi:

 

tra cui un prete, don Pietro Pappagallo, medaglia d’oro al merito civile, e un professore di filosofia, Giacchino Gesmundo medaglia d’oro al valore militare, entrambi di Terlizzi. Diversi i decorati con significative onorificenze al valore militare, tra cui gli ufficiali dell’Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni e Manfredi Azzarita, nato a Venezia, figlio di molfettesi; Antonio Pisino di Maglie, ufficiale di Marina, e Federico Carola di Lecce, capitano d’aviazione (arrestato e fucilato assieme al fratello Mario, nato a Gaeta); Umberto Bucci un impiegato nato a Lucera e suo figlio Bruno (arrestati perché trovati in possesso di una copia di «Italia Libera»); due artigiani originari di Andria, Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccottelli; Teodato Albanese, un avvocato di Cerignola; Gaetano La Vecchia, un ebanista di Barletta; Nicola Ugo Stame, un tenore lirico di Foggia; Ugo Baglivo un giurista e docente universitario di Alessano, tutti protagonisti dopo l’8 settembre della Resistenza militare e civile contro i tedeschi. A questo elenco va aggiunto anche la medaglia d’oro al valore militare, il maggiore dei carabinieri, Ugo De Carolis, nativo di Napoli, ma tarantino di adozione, al quale è stata intitolata, tra l’altro, nell’immediato dopoguerra, la Caserma della Legione dei carabinieri di Taranto.

 

 

Antonio Ayroldi

Antonio Ayroldi, nato a Ostuni (Brindisi) il 10 settembre 1906, ucciso alle Fosse Ardeatine era maggiore dell’Esercito. Nel 1925 era entrato nell’Esercito a Roma, come allievo sottufficiale dell’8° reggimento del Genio, specialità telegrafisti. L’anno dopo guadagnò la prima promozione, a caporale. Fece rapidamente carriera e nel 1933 divenne tenente. Quando scoppiò la guerra, fu inviato in Libia, e impiegato nel Comando del XX Corpo d’armata. Dal febbraio del ‘41 al dicembre del ‘42 partecipò alle operazioni di guerra in Africa settentrionale, meritando sul fronte la Croce al valor militare italiana e la Croce di ferro tedesca. Proprio in Africa maturarono le sue convinzioni antifasciste, come testimoniano le lettere alla famiglia.

Rientrato a Roma allo Stato maggiore, dopo l’8 settembre del ‘43, nonostante i bandi tedeschi e italiani, non si arruolò nell’esercito della Repubblica Sociale e si nascose per qualche settimana nella clinica “Bianca Maria”. A novembre entrò nella banda militare comandata dal colonnello Ezio De Michelis, che faceva parte del Fronte clandestino del colonnello Giuseppe Cordero Lanza Montezemolo.

Il suo ruolo era importante: organizzò una rete di informazioni nella Capitale, teneva i collegamenti con le bande dei Castelli e del Lazio Sud, trasportava documenti e carichi di armi e munizioni.

Ricercato dalla polizia, il 2 marzo del ’44 Antonio Ayroldi fu arrestato dai tedeschi con altri partigiani e rinchiuso nel carcere di via Tasso, nella cella n. 11. Il 24 marzo fu fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. Dopo la Liberazione è stato decorato “alla memoria” con la medaglia d’argento al valor militare.

Fu scritto sul periodico “La Lanterna”, del 1° maggio 1945: “Pedinato e scoperto viene il 2 marzo arrestato insieme ad altri e condotto nel carcere via Tasso. Interrogatori, torture, sofferenze; ed infine il 24 marzo viene condotto su di un autocarro alle Fosse Ardeatine. Lungo il percorso, tra i passanti, scorge la moglie di un collega e le sorride con rassegnazione ma anche con fierezza.

E’ l’ultimo ricordo che di lui sia restato!

Era un uomo semplice e modesto che dagli affetti concreti e quotidiani, da una vita di lavoro e di onestà ha saputo ascendere alla luce della gloria, esempio di quelle che sono le migliori qualità dei figli della nostra terra.

Onore alla memoria di Antonio Ayroldi. Onore a tutti quanti combattono e muoiono per la libertà della propria Patria.”

Altri militari del fronte clandestino trucidati alle Fosse Ardeatine


Il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo dall’8 settembre 1943, era incaricato di dirigere l’Ufficio affari civili di Roma. Due settimane dopo è già alla macchia, sotto il nome di ing. Giacomo Cateratto. Per quattro mesi organizza l’attività militare clandestina di ufficiali in gran parte di orientamento monarchico, si collega sia con il governo Badoglio sia con il Comando Alleato, tiene contatti con esponenti del Comitato di liberazione nazionale centrale di Roma. I nazifascisti, furibondi, lo cercano dappertutto; mettono su Montezemolo una grossa taglia. Infine riescono a sorprendere il colonnello nella casa del tenente Filippo De Grenet, che è uno dei suoi principali collaboratori. Arrestato con De Grenet, Montezemolo finisce, con il suo subalterno, nel comando della polizia tedesca di via Tasso. I due ufficiali vengono torturati, ma non parlano. Al colonnello vengono strappati ad uno ad uno i denti; poi i carnefici passano alle unghie dei piedi. Nella motivazione della ricompensa al valore è scritto che l’alto ufficiale, “sottoposto alle più inumane torture, manteneva l’assoluto segreto, salvando così l’organizzazione e la vita ai propri collaboratori”. Due mesi è durato il calvario di Montezemolo, poi lui e De Grenet finirono trucidati, con altre 335 persone, alle Fosse Ardeatine.

Sabato Martelli Castaldi, di anni 47 – generale di Brigata Aerea – nato a Cava dei Tirreni (Salerno) il 19 agosto 1896.Generale a 36 anni – decorato di una Medaglia d’Argento e tre di Bronzo nel 1934 collocato nella riserva perchè, in qualità di capo-gabinetto del Ministero dell’Aeronautica, aveva redatto un rapporto a Mussolini denunciando l’effettiva consistenza e la reale efficienza dell’Arma – direttore, con il generale Lordi pure trucidato alle Fosse Ardeatine, del Polverificio Stacchini di Roma, dopo 1’8 settembre 1943 sabota la produzione destinata ai tedeschi, fornisce al fronte clandestino di Roma e ai partigiani del Lazio e dell’Abruzzo forti quantitativi di dinamite, mine, detonatori e armi, esponendosi spesso di persona per il loro trasporto – esegue e trasmette rilievi di zone e installazioni militari – prepara un campo di fortuna per aerei nei dintorni di Roma -compie missioni militari -. Il 16 gennaio 1914, nel tentativo di ottenere il rilascio del titolare del Polverificio Stacchini , che era stato arrestato, si reca con il generale Lordi in via Tasso – E’ fermato dal colonnello tedesco Kappler venuto in possesso di prove schiaccianti sulla attività da lui svolta e gettato nella cella ove rimarrà 67 giorni – molte volte torturato – Trucidato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine fuori Roma per rappresaglia all’attentato di via Rasella, con altri trecentotrentaquattro detenuti politici prelevati dalle carceri di via Tasso e Regina Coeli Medaglia d’Oro al Valor Militare.

 

 

Sabato 25 gennaio 2014 Sala Consiliare del Comune di Bari cerimonia per il 70° anniversario del primo Congresso dei CLN

70° Anniversario

Congresso di Bari dei CLN del 28 e 29 gennaio 1944.

Sala Consiliare del Comune di Bari

Sabato 25 gennaio 2014

Organizzato da: l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, il Comune di Bari, l’ Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea “Tommaso Fiore”, e Istituto Campano per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea “Vera Lombardi”

con la collaborazione dell’Istituto Nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia, e la CGIL Camera del Lavoro di Bari

Ore 9,00

Saluti Istituzionali

Antonio Nunziante, Prefetto di Bari

Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia

Onofrio Introna, Presidente del Consiglio Regionale

Francesco Schittulli, Presidente Amministrazione Provinciale

 

Ore 9,30

Apertura dei lavori

Michele Emiliano, Sindaco di Bari

Marta Herling, Istituto italiano studi storici

Gerardo Marotta, Istituto italiano studi filosofici

Giovanni Battafarano, ANPI nazionale

Pino Gesmundo, CGIL Camera del Lavoro di Bari

Francesco Giustino, Fondazione cultura e cooperazione europea

 

Ore 10,15

Relazioni

Guido D’Agostino, Università di Napoli Federico II e Presidente ICSR

Luigi Masella, Direttore Dipartimento Fless Università di Bari Aldo Moro

Vito Antonio Leuzzi, IPSAIC

Letture a cura degli studenti dei Licei Classici “Socrate” e “Orazio Flacco” di Bari

Ore 12,00

Canti che hanno fatto l’Italia “… a conquistare la rossa primavera…” Coro Antiphonia diretto da Francesco Lucatuorto

Con l’adesione dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Dipartimento Fless Università di Bari Aldo Moro, Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, Istituto Italiano per gli studi filosofici di Napoli, Fondazione di cultura e cooperazione europea, Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, Biblioteca Consiglio regionale della Puglia, Fondazione “Giuseppe Di Vagno”, Fondazione “Gramsci di Bari”, “Associazione Casa Di Vittorio”, Associazione mazziniana italiana di Bari, Liceo Classico “Socrate”, Liceo Classico “Orazio Flacco” Istituto studi filosofici e scientifici “G. Tarantino” Gravina.

 


Sovversivi 1900-1943- Mostra documentaria palazzo Granafei-Nervegna 22 novembre 2013 – 9 gennaio 2014

Le radici dell’antifascismo brindisino, il controllo e la repressione del dissenso politico prima, durante e dopo la dittatura.
Fatti e personaggi attraverso i documenti del casellario politico della questura conservati nell’Archivio dì Stato di Brindisi

mostra documentaria e fotografica “Sovversivi (1900 – 1943)”

Palazzo Granafei – Nervegna – 22 novembre 2013– 09 gennaio 2014

Venerdì 22 novembre alle ore 17.30 sarà aperta al pubblico nelle sale di Palazzo Granafei – Nervegna la mostra documentaria e fotografica dal titolo “Sovversivi (1900–1943)” curata dall’Archivio di Stato di Brindisi, con il Comitato provinciale ANPI e il Comune di Brindisi.

Dopo i saluti del sindaco Mimmo Consales, di Donato Peccerillo presidente provinciale dell’ANPI e di Francesca Casamassima, direttore dell’Archivio di Stato, interverrà Vito Antonio Leuzzi direttore dell’IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) e coordinatore dell’ANPI Puglia.

 

A seguire, visita alla mostra a cura dei funzionari dell’Archivio di Stato, letture e recitazione da parte di studenti del Liceo artistico “E. Simone” e di studentesse del Liceo linguistico “E. Palumbo”, di testi ispirati alle storie presentate, elaborati dall’Associazione AB²-Luoghi di educazione attraverso l’arte. Alla stessa associazione si deve la cura di allestimenti speciali e attività educative all’interno della mostra, realizzati con gli studenti del Liceo artistico.

Sono previste visite guidate a cura dell’Archivio di Stato e laboratori didattici artistici per le scuole e le famiglie a cura dell’Associazione AB² Luoghi di educazione attraverso l’arte: prenotazione obbligatoria ai numeri 0831 523412/13 e 3487288029.

La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 22 novembre 2013 al 09 gennaio 2014

L’ingresso libero e gratuito dal martedì alla domenica dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 17,00 alle 20,00

 

[..]Sovversivo, secondo il dizionario, è colui che «cospira, minaccia o agisce per distruggere l’ordinamento dello Stato» o chi «professa idee rivoluzionarie o appartiene a movimenti eversivi». Con il nome generico di sovversivi vennero indicati durante il governo di Francesco Crispi gli oppositori politici più pericolosi: i socialisti, i repubblicani ed in particolare gli anarchici

Nel 1894 in seguito ad una serie di attentati di matrice anarchica il governo Crispi emanò una legge speciale (19 luglio 1894, n. 316) intitolata «Provvedimenti eccezionali di pubblica sicurezza», che con l’art. 5 vietava le «associazioni e riunioni che abbiano per oggetto di sovvertire per vie di fatto gli ordinamenti sociali».

Nello stesso anno istituiva presso la Direzione generale della pubblica sicurezza lo Schedario dei sovversivi, in cui vennero raccolte le biografie di socialisti e anarchici segnalati dagli organi di governo locali.[..]