La fine del Generale Bellomo

11 settembre 1945

La fine del Generale Bellomo

di VINCENZO CASTALDI

 

Particolarmente significativa la lotta di resistenza antitedesca che vide il generale barese Nicola Bellomo (1881-1945), comandante della Milizia (MVSN) per le Puglie, opporsi ai nazisti nel porto di Bari nelle ore immediatamente successive all’8 settembre.

La mattina del 9 settembre 1943 i tedeschi, con il pretesto di voler recuperare materiale bellico, inviarono un nucleo motorizzato ad assumere il controllo dell’importante porto.

Subito affondarono due piroscafi e si impossessarono di due batterie della contraerea. Ma a questo punto, con grande prontezza, il Bellomo, con l’aiuto di alcuni portuali e di un gruppo di uomini di diverse armi, riuscì a ottenere la resa dei tedeschi dopo un combattimento durato tutto il pomeriggio. I tedeschi fatti prigionieri furono lasciati liberi dal Comando di presidio. Quest’ultimo, diretto dal generale Caruso, si era rifiutato di dare ascolto agli antifascisti baresi, i quali lo avevano esortato a opporre resistenza ai nazisti.

Quando gli Alleati giunsero in città, grazie anche a questo episodio, che aveva avuto come protagonista il generale Bellomo, trovarono l’importante centro già libero.

Ma il generale Bellomo, nonostante quest’azione bellica, certamente coraggiosa, che vide uniti civili e militari, l’11 settembre 1945 sarà fucilato dagli inglesi che lo accusavano di aver consentito l’uccisione di un ufficiale britannico e il ferimento di un altro, durante una fuga dei due, prigionieri a Torre Tresca (Bari), verificatasi nel novembre 1941.

Il processo contro Bellomo non ha mai convinto la stessa stampa inglese, la quale ha sempre sostenuto che a Bellomo fu negato il diritto di reperire documenti utili alla sua difesa. In ogni caso gli inglesi, a quanto pare, si dimostrarono molto più indulgenti nei confronti dei generali nazisti come Albert Kesselring. Questo, almeno, è il parere anche dello storico Richard Lamb, autore del libro La guerra in Italia.

Bellomo non accettò la richiesta della grazia, e affrontò con serenità la morte. Lasciò un testamento nel

quale auspicava il riesame della sua vicenda, tenendo conto del fatto che egli non aveva preso parte

ai fatti che gli venivano contestati.

A quanto pare il caso Bellomo rimane un mistero. Peter Tompkins, capo del servizio di spionaggio

dell’OSS a Roma occupata dai tedeschi, nel suo libro Italy Betrayed (edito da Somon e Schuster, New

York, 1966) così scrive in una nota: «Dopo una lunga e accurata ricerca sulle circostanze relative all’arresto di Bellomo, Zangrandi è stato in grado di documentare come la corte britannica fosse stata tratta in inganno da Badoglio e da agenti monarchici che, in tutta segretezza,fecero ricorso al falso per favorire la fucilazione di Bellomo. Essendo l’unico generale italiano che di propria iniziativa combatté i tedeschi e mantenne la città di Bari fino all’arrivo degli Alleati, rappresentava una minaccia per il re e

per Badoglio, perché rivelava al mondo lo squallore del loro tradimento».

In una richiesta scritta in carcere prima della fucilazione Bellomo effettivamente aveva auspicato un

nuovo processo in cui fossero presi in considerazione i testimoni da lui citati e i documenti che voleva

esibire. E ciò fece non soltanto in difesa della sua reputazione, ma anche di quella degli inglesi. Decisiva, contro Bellomo, si era rivelata la testimonianza di un ufficiale italiano, il quale non esitò a sostenere che il generale si era reso responsabile della fucilazione di due prigionieri inglesi che stavano

fuggendo da un campo di prigionia. Secondo Tompkins questo testimone era uno spergiuro.

Il pubblicista Bruno Anatra ha confermato nell’Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza

(Ed. La Pietra, Milano) quanto sostenuto da Tompkins, e cioè che nel 1945 fu celebrato contro il generale un processo affrettato e con vari aspetti oscuri. Le conclusioni della corte vennero troppo tacitamente accettate dalle autorità militari italiane.

Colpito nell’orgoglio, Bellomo rifiutò di aderire all’offerta di chiedere la grazia e affrontò serenamente il plotone di esecuzione inglese. Era l’11 settembre 1945.

 

Da PATRIA INDIPENDENTE 29 SETTEMBRE 2002

 

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