Un giornale fuorilegge

da: CIVILTÀ CAMPANA -COLLANA DI STUDI STORICI. ARCHEOLOGICI. FOLCLORICI, SOCIALI

 

 

di FRANCO E. PEZONE

 

Un giornale fuorilegge

 

Edizioni

ISTITUTO DI STUDI ATELLANI

 

 

 

 

ANIELLO TUCCI, UN GIORNALE FUORILEGGE, I GRUPPI PROLETARI E LA RESISTENZA IN TERRA DI LAVORO

 

ISTITUTO di STUDI ATELLANI

 

Questo libro su “Aniello Tucci. un giornale

fuorilegge, i Gruppi Proletari e la Resistenza

in Terra di Lavoro” di Franco E. Pezone

fu composto ed impresso nella

Grafica Esposilo s.n.c. – Afragola (NA)

e dalla stessa compiuta in volume

per la collana Civiltà Campana

edita dall’istituto di Studi Atellani

plz. Ducale -81030 S. Arpino (CE)

il 25 aprile 1993.

 

 

 

QUASI UNA PREMESSA

 

Per una serie di coincidenze, conobbi Aniello Tucci, nel 1969, nell’ufficio dello Direzione del

Museo Campano di Capua dove egli si recava per incontrarsi col conservatore Salvatore

Garofano Venosta, che lo aiutala a scrivere delle “testimonianze” (mai finite) sulla Resistenza in Terra di Lavoro.

Il palazzo Aintignano – Di Capua. sede del Museo campano, era stato il punto d’incontro di

un gruppo di antifascisti, idealmente collegati ai Partiti: Popolare, d’Azione, liberale, Socialista.

Di questo gruppo, esponenti di rilievo erano: Giovanni Rendina, Raffaele Acunzo. Giovanni Scialò, Pasquale Monetti, Vincenzo Mentillo, il canonico don Anicio D’Ambrosio e l’avv.

Luigi Garofano Venosta (padre del dott. Salvatore) allora direttore del Museo Campano di Capua .

Aniello Tucci, dopo “una vita” dedicata al suo partito, era stato espulso dal Comitato Federale dal Partilo Comunista di Terra di Lavoro alla fine del 1947, insieme a Salvatore Tinto, Francesco Lugnano. Antonio Del Vecchio ed altri .

Essi si erano opposti, prima, alla linea tracciata da Palmiro Togliatti al 2° Consiglio Nazionale e. poi, alla imposizione da Roma di “Quadri ” di partito, appositamente formati .

A. Tucci si era ritirato dalla vita politica attiva, e. negli anni, si era sempre rifiutato di scendere in polemica con esponenti provinciali del suo partito (che, nel frattempo, “facevano carriera”); di rientrare quando le “ragioni storiche ” del suo allontanamento non esistevano più; di dare notizie a giornalisti o ricercatori del suo partito sulle attività dei Gruppi Proletari e del suo giornale: ma, poi, con un certo rammarico mi mostrava un libro e un periodico che riportavano solo due foto de IL PROLETARIO e poche cose sulla sua esistenza. Egli non fu mai un “pentito”. Era fiero del suo passato di “proletario”. E rimase sempre un uomo di sinistra.

Non viveva nel passato. Si aggiornava e seguiva le pubblicazioni del suo partito.

Un giorno, agitando un giornale ed indicando la firma ad un articolo “ideologico “, mi disse “sono dirigenti centrali come questo che hanno fatto smorzare la spinta rivoluzionaria della base: hanno imborghesito il partito: lo hanno inserito nel gioco della partitocrazia “.

E quando gli dissi che, servendomi delle sue testimonianze e dei documenti che mi dava, intendevo scrivere un “pezzo ” proprio su quel giornale e una testimonianza per gli archivi del suo partito . “Va bene – mi disse – ma devi promettermi che non parlerai dì me, ma solo

de IL PROLETARIO ”

E, poi, fra l’ironico e il faceto aggiunse “Non vorrei essere accusato, dopo più di venti anni, di personalismo o di autoculto della personalità “.

Solo oggi che Aniello Tucci è morto riprendo in mano i vecchi appunti, i pochi numeri del suo giornale che mi regalò, le sparse notizie sulla resistenza casertana che egli visse, per dare un contributo inedito alla conoscenza della resistenza in Terra di Lavoro e, ancor più, per rendere omaggio alla sua memoria.

A. Tucci, i Gruppi Proletari ed il periodico clandestino non hanno avuto la giusta ollocazione nella storia della resistenza campana, ed italiana principalmente, perché l’impatto fra i “due partiti comunisti” (quello dell’interno e quello all’esterno) fu traumatico, sia a livello umano-generazionale che ideologico.

L’ espulsione di A. Tucci e di alcuni “proletari” e l’emarginazione di altri dal P.C. ufficiale fece sì che sul gruppo di “incoscienti” e sulla loro avventura rivoluzionaria calasse un assoluto silenzio; imposto dal ‘alto.

Lo stesso destino toccò a IL PROLETARIO, che per la linea politica ed organizzativa precedeva di decenni quella del partito.

“Noi sognavamo una repubblica democratica da conquistare attraverso l’unità di tulle le forze democratiche e progressiste. E quando dico progressiste intendo anche, e principalmente, quelle cattoliche “.

Per uno strano “gioco di interessi ” la storiografia ufficiale e quella di parte vollero ignorare II. PROLETARIO.

Esso oltretutto era la prova che la resistenza in Campania non era stata solo sussurro e maneggio di “paglietti ” o spontanea ribellione di scugnizzi ma qualcosa di organizzato, vissuto e sofferto.

 

ANIELLO TUCCI

Aniello Tucci nacque ad Afragola nel 1901. Ebbe un’infanzia normale (per quei tempi) e riuscì finanche a ‘”prendere la licenza di 3° elementare”.

Visse in un ambiente popolare – contadini poveri, operai saltuari, disoccupati – e “respiravo con l’aria, la povertà e le ingiustizie sociali”.

“Continuai a studiare per conto mio e. fra un lavoro e un altro, presi la licenza della scuola elementare.

E  già grande, da privatista, anno dopo anno, presentandomi agli esami, riuscii a prendere la licenza della scuola di avviamento”.

Non aveva idee politiche precise ma “leggevo molto, mi guardavo intorno e cercavo di capire la società nella quale vivevo … se dovessi dare una definizione delle mie idee politiche di allora potrei dire d’essere stato un anarchico romantico”.

Appena a 18 anni riuscì ad entrare nelle Ferrovie dello Stato e prendere servizio alla stazione centrale di Napoli.

“A contatto col mondo operaio evoluto incominciai ad acquisire una coscienza di classe.

Simpatizzai per la Sinistra.

Partecipai a diversi scioperi. E. quando venni apertamente minacciato dai superiori di licenziamento, per reazione, mi iscrissi al Partito Socialista. Era il 1920.

Dopo la scissione, per un ceno periodo fui incerto; poi … l’ansia di cambiare subito le cose, i vent’anni, il trionfo del proletariato in Russia e il desiderio di fare qualcosa e subito, mi fecero aderire al Partilo Comunista”.

E’ il 1922. Aniello Tucci abita ancora ad Afragola e risulta iscritto alla sezione del Partito di quel paese.

“Il segretario politico era Pasquale Esposito. Il responsabile della zona era un farmacista di Caivano. il dott. Pasquale Donadio”.

Intanto c’era stata la marcia su Roma.

A. Tucci ebbe incarico di organizzare la sezione anche nella vicina Casoria.

Si era esposto troppo e un giorno del 1923. mentre, di mattina presto, aspettava il tram per recarsi alla vicina stazione di Napoli-Centrale. fu circondato da un gruppo di fascisti.

Con la forza gli fecero bere mezzo litro di olio di ricino, lo bastonarono senza pietà e scomparvero.

Per quattro mesi stette a letto. Con tutto ciò “nel 1924 ero capogruppo del sindacato ferrovieri di Napoli-Centrale.

Le elezioni politiche, pur fra violenze, intimidazioni e brogli mi videro in prima fila in una battaglia che ormai tutti giudicavano persa.

Nel mese di giugno – dello stesso anno – il compagno De Pasquale, comunista, fu arrestato. In tasca aveva la tessera del Sindacato e quella del Partito. Sotto le minacce confessò che le tessere gli erano state date da me.

Un milite fascista (ferroviere-fuochista) di nome Giordano mi arrestò”.

Mentre a casa avvenivano perquisizioni e ricatti. A. Tucci fu messo a confronto col De Pasquale.

“Ammisi di aver dato una busta chiusa al De Pasquale ma di non sapere cosa c’era dentro …

Chi mi aveva dato la busta non lo conoscevo”.

Non lo credettero. Lo trattennero. Lo picchiarono ferocemente per farlo parlare. Lo ferirono al collo ed al viso. “Mi consegnarono al Commissariato di P.S. della Ferrovia di Napoli”…

Pochi giorni prima era stato ucciso Giacomo Matteotti e la reazione popolare era enorme contro il governo degli assassini e loro cominciavano ad aver paura.

Presentai denuncia contro il Comando della Milizia ferroviaria per sequestro, minacce, percosse e ferite.

Un console della Milizia ferroviaria. Dario Loffredo, anche lui di Afragola, cercò di convincermi a ritirare la querela …

Ma gli eventi precipitarono. Chiuse e bruciate le sezioni dei partiti, i Comunisti della zona, per non disperdersi e decidere come sopravvivere come organizzazione, si riunivano segretamente nei luoghi più impensati.

“Durante una riunione nel cimitero di Afragola fummo scoperti, lo fui degradato a manovale e il giorno dopo, trasferito d’ufficio alla stazione di Ariano di Puglia (oggi Ariano Irpino)”.

Nel luglio del 1925 Tucci si sposava. Secondo il suo racconto, il viaggio di nozze lo fece ad Ariano. E, fra neve e lupi, quell’inverno fu durissimo.

“Persi i contatti con tutti quelli del Partito. E poi. tra lavoro, moglie e figlio avevo ben altro da pensare … e questo fu un bene perché per buona condotta (o. forse, per non farmi fare proseliti anche ad Ariano) venne accolla l’ultima mia domanda di trasferimento e fui mandato alla stazione di Capua”.

Quando giunse in questa città (“si era nel 1927”) l’atmosfera politica era greve: quindici giorni prima era stato ucciso un fascista.

“Stetti a Capua quasi nove anni e furono anni, diciamo, di attesa e di preparazione ideologica.

Le rare notizie del Partito che mi giungevano erano di fughe all’estero, uccisioni, diatribe ideologiche, espulsioni e controespulsioni e più di tutto, di arresti…

L’unica cosa piacevole (e che ritenni massimamente importante) fu il sapere dell’esistenza della Concentrazione Antifascista e del Patto di Unione e di Azione fra il P.C.d’I. e il P.S. Unificato”.

Nel 1935 A. Tucci venne trasferito da Capua alla stazione di Napoli-Porto.

“Il capostazione di Capua era un democratico di sinistra … un fiorentino di cognome Rosini (il nome non lo ricordo)… riuscì, non so come, a portarmi con sé da Capua a Napoli-Porto …

Il ritorno a Napoli segnò per Tucci l’occasione di conoscenze e di rapporti fraterni con antifascisti di antica e nuova data come Antonio Spinosa, capostazione licenziato nel 1922, Giuseppe Iazzetti. proprietario di una tipografia. Michele Semeraro di Taranto, militare di

stanza a Capua e studente all’Università di Napoli, e tanti altri.

“E il fascismo, come una malattia infettiva, faceva il suo corso … guerra all’Etiopia, l’Impero, gli italiani nella guerra civile spagnola, il manifesto della razza, l’avventura albanese, il patto d’acciaio, la guerra, l’attacco alla Grecia, i bombardamenti sull’Italia, l’invasione della Russia”.

Con la guerra. Tucci. con la famiglia, “era sfollato” a Capua dove già vivevano la madre e il fratello con la famiglia.

“In quel triste periodo capimmo che il fascismo, con la guerra, aveva segnato non solo la sua rovina ma anche quello della patria. Bisognava fare qualcosa!…

Era la fine del 1941 quando Semeraro. Iazzetti (che si era trasferito a Capua anche lui. Essendo la moglie capuana), mio fratello Tommaso, che aveva un negozio di generi alimentari in paese, ed io decidemmo di costituirci in Gruppo, fare proseliti e. se il caso, riprendere le fila degli antichi aderenti ai partili democratici (dispersi o isolati) della provincia di Caserta, aggregare forze nuove ed antifasciste … prime fra tutte quelle socialiste e quelle cattoliche progressiste”.

Cosi il Gruppo si allargò. Spinosa portò Corrado Graziadei di Sparanise e questi, successivamente, fece inserire nel Gruppo Vincenzo La Rocca di Nola, che era stato – per anni – l’avvocato difensore (insieme a Mario Palermo) dei confinati e dei processati politici.

Subito dopo entrò il prof. Alberto Iannone. nobile figura di antifascista, capuano.

“In una delle tante riunioni del Gruppo (diciamo così) Capuano si decise di creare tanti Gruppi operativi antifascisti per quante più zone si sarebbero potute attivare.

I vari Gruppi avrebbero dovuto essere autonomi e non in contatto diretto col Gruppo principale (cioè con quello di Capua). Con un solo responsabile facente capo a noi.

In tal modo, in caso di denuncia o di arresti, sarebbe stato difficile per la polizia risalire la catena.

In seguito (siamo nel 1942) si decise di:

– fare dell’unità antifascista la base per prepararsi alla sicura lolla armata contro i tedeschi ed i fascisti;

– considerare i Gruppi come nuclei dei futuri partiti politici;

– pubblicare un giornale che fosse il momento unificante ed operativo dei vari Gruppi”.

E fu così che. nel 1942. a Capua. nacque il solo giornale di opposizione di tutta l’Italia meridionale: IL PROLETARIO.

 

IL PROLETARIO

 

Il periodico sopra la testata portava la frase fissa “Proletari di tutto il mondo unitevi”, sotto la testata, di volta in volta. “Organo clandestino dei lavoratori comunisti” oppure “Avanguardia della rivoluzione” o ancora “Organo del Partito Comunista Italiano” e in ultimo. “Organo dei Lavoratori Comunisti del Mezzogiorno”.

Ai due lati, quando c’erano, due manchettes fisse “La distruzione delle città italiane non costa niente ai tedeschi” e ‘I tedeschi vogliono che l’Italia sia il loro campo di battaglia, ma gli italiani hanno il dovere di evitarlo”.

Qualche volta, fra le due manchettes. sotto la testata, la dicitura “Fondatori Rosso e Leniscki”, che sovrastava il simbolo della falce e martello, circoscritto.

Il formato del giornale era. approssimativamente, di cm. 30×38 oppure di cm. 25×34. Molte volte, essendo le risme di carta di misure e colorazioni diverse, lo stesso numero risultava stampato in misure e colori diversi. Alcuni numeri furono stampati su una sola facciata, altri su entrambe.

Solo gli ultimi numeri uscirono a foglio grande, diviso in quattro pagine, stampato nelle quattro facciate.

Ogni facciata era stampata a tre colonne.

La carenza di caratteri (in piombo o in legno duro) rendeva problematica la stampa: si passava dal maiuscolo al minuscolo solo per ragioni “tipografiche”; qualche volta una stessa parola veniva scritta con caratteri maiuscoli e minuscoli; altre volte al posto di una A mancante veniva usata una V capovolta e viceversa; altre volte ancora invece di una O mancante veniva utilizzata una C capovolta. Insomma “ci si arrangiava, come meglio si poteva”.

Per quanto riguardava la fornitura della materia prima, provvedeva G. Iazzetti. Che, vestito da milite fascista, in più viaggi, portava da Napoli, dove aveva la tipografia, a Capua. dove era sfollato, carta, caratteri, inchiostri e, qualche volta, anche clichées. Anche Tucci, vestilo da ferroviere, aiutava, qualche volta, nel trasporto da Napoli a Capua.

Iazzetti non mancava di insegnare, con lezioni teorico-pratiche la difficile arte tipografica a Tommaso Tucci.

Questi, col tempo, divenne lo “stampatore ufficiale” del giornale; aiutato, però, da tutta la redazione.

Il primo numero fu realizzato a casa della madre dei fratelli Tucci. a villa Palladino, in via Gran Maestro di Capua.

La “stamperia” si spostò poi a casa di Tommaso Tucci e, dopo ancora, nel retrobottega del suo negozio di alimentari.

Benché la polizia procedesse a vigilanza ed a continue perquisizioni nei “luoghi sospetti”. IL PROLETARIO fu sempre stampato a Capua. nella tipografia mobile, e uscì con una certa regolarità fino al luglio 1943.

I fondatori, come scritto anche sul numero 19 del periodico, erano Rosso e Leniscki, pseudonimi di Michele Semeraro (il primo) ed Aniello Tucci (il secondo).

Anche se IL PROLETARIO (fra manchettes. slogans, sopra e sottotitoli e simbolo) fosse dichiaratamente comunista, ebbe come collaboratori (nello scriverlo, stamparlo e diffonderlo) esponenti di tutti i partiti. Infatti la redazione, quasi fissa, del giornale era cosi strutturata:

– per gli articoli di fondo. M. Semeraro (democratico di ispirazione marxista) :

– per i bollettini. le notizie e i commenti. Alberto Iannone (socialista) ;

– per le notizie estere, A. Tucci (comunista) ;

– per “tutto l’altro”. C. Graziadei e V. La Rocca (comunisti);

– per la stampa. G. Iazzetti (democratico di ispirazione cattolica) e T. Tucci (democratico di sinistra).

Quasi sempre gli articoli non erano firmati. Dai numeri consultali, solamente due articoli sono a firma di Rosso ed uno di Leniscki.

”Il giornale, in quelle difficili ore fu la sola voce dei partiti che, per lunghissimi anni, a causa della perdita di quasi tutti i dirigenti in carcere, in esilio o all’estero, era andata sempre più affievolendosi ed era stata dimenticata.

IL PROLETARIO era l’antifascismo antico e vero, quello pulito ed onesto di quando le truppe alleate erano ancora lontane ed il fascismo era ancora il padrone della nostra Italia.

… Scrivilo questo e ripetilo perché è molto importante; specialmente per capire le differenze ed il valore fra la resistenza dell’ultima ora e quella genuina, campana, delle origini, (e lasciamelo dire) capuana”.

Il giornale risvegliò sentimenti sopiti, ridiede coraggio, riallacciò le file sparse del movimento antifascista. Preparò ed incitò alla lotta.

Per la diffusione de IL PROLETARIO la Campania era stata divisa in zone con un responsabile (in contatto diretto con un solo componente del gruppo capuano) al quale erano collegate delle sotto-zone.

Per fare un esempio:

– “Per la zona di Cassino. C. Graziadei consegnava le copie al Responsabile della zona. (In seguito ho saputo che era il compagno D’Innocenzo che, nel 1922. aveva ospitato a casa sua Terracini, a Calvi Risorta). Questi, poi. le distribuiva ai componenti del suo gruppo; ognuno dei quali le consegnava al responsabile di ciascuna sotto-zona …”. Per la zona di Caserta c’era Raffaele Perretta. macchinista delle ferrovie dello stato.

– Per la zona di Fratta-Afragola responsabile era Marco Di Palo.

– Per Napoli-periferia c’era il tipografo Iazzetti.

– Per Napoli-porto interessato era l’operaio Galletto.

– Per Napoli-vecchia c’era un orafo (“usava uno pseudonimo e non mi è possibile indicartelo”).

– Per Napoli-provincia il responsabile era Vincenzo La Rocca.

– Per Portici c’era Agostino Buono, che provvedeva anche a portare le opere al responsabile di Castellammare. La zona era ricca di complessi industriali, specialmente navalmeccanici.

– Nello stabilimento pirotecnico di Capua diffondevano il periodico A. Affinito e R. Gianquinto.

– Per le caserme del casertano e l’Università di Napoli c’era Semeraro, con un altro suo gruppo.

– Per le zone del Malese e Sparanise c’era sempre Graziadei.

Questi erano i nomi dei responsabili che ricordo e le zone dove operavano i G. P. (Gi-Pi erano comunemente chiamali quelli che operavano in stretto contano con IL PROLETARIO). E ti assicuro che i Gruppi Proletari non erano solo dei …giornalai clandestini”.

Artefici principali della diffusione capillare del giornale furono i ferrovieri.

“Il primo viaggio da Capua a Napoli IL PROLETARIO lo faceva gratis: ero ferroviere

(abitavo a Capua e lavoravo a Napoli) e portavo con me le copie.

Senza uscire dalla stazione le copie del giornale, già divise per zona, entravano nei treni in partenza per i più svariati paesi per raggiungere gli antifascisti nelle loro case e nei loro rifugi.

I canali più attivi di diffusione furono le linee: Napoli-Reggio Calabria (la Tirrena). Napoli-Taranto (l’Adriatica), la linea cosiddetta di cartone, l’Alifana. la Vesuviana”.

IL PROLETARIO fu un valido strumento di collegamento e di unità fra intellettuali, lavoratori e militari.

Esso concretizzò un antifascismo non da salotto, e fu il tramite più valido fra i movimenti operai di Capua. Napoli e Castellammare e i contadini dell’entroterra campano. Ma più di tutto il giornale fu scuola di coraggio e di lotta.

Dal 1942 al luglio 1943 uscirono una ventina di copie de IL PROLETARIO. “… ma il 22 agosto, alla Cappella di Cangiani (Napoli), nella casa di un compagno, nelle vicinanze della polveriera, ci fu una riunione per stringere le fila del movimento clandestino e per raccogliere fondi per il periodico, che si risolse con 49 arresti fra 79 partecipanti…

Con noi c’erano anche, e furono arrestali, il giudice Gentile, un certo Russo di Fratta Maggiore e Corrado Graziadei che in quella occasione, si ruppe una gamba.

La riunione sediziosa contro i poteri dello Stato (così nell’atto di incriminazione) fece perdere quasi tutti i collaboratori al periodico e la pubblicazione fu sospesa.

II periodico si manifestò subito un vero giornale politico che niente aveva a che fare col solito giornaletto (molte volte ciclostilato) di ordini interni di un Gruppo o di un Partito in formazione o col solito foglio di provincia con velleità cultural-politiche.

 

IL PROLETARIO – per fare un esempio – nel numero del 16 maggio 1943 uscì, come sempre, col sopratitolo “Proletari di lutto il mondo unitevi”, e col sottotitolo “Avanguardia della Rivoluzione”.

L’apertura, su due colonne, era la SCHIACCIANTE SCONFITTA DELLA INFAME MANOVRA PROPAGANDISTICA HITLERIANA.

L’articolo, dopo aver dato la notizia che il tentativo di Hitler di pace separate (prima con gli Anglo-Americani e poi con i Russi) era fallito e che le sconfitte tedesche si susseguivano, conclude:

“… Per la prima volta Stalin è ottimista, come lo sanno essere i comunisti puro sangue i quali non s’allontanano mai dalla realtà. E’ sintomatico ciò che comporta l’ordine del giorno di Stalin. Che le sue parole scendino (?) nei cuori di tutti i compagni per attingere forza e ancor più certezza per la sicura vittoria della Giustizia…”

Sul 2° quarto della prima colonna, il titolo I GASISTI NAPOLETANI PER L’AUMENTO DI SALARIO.

E’ una breve cronaca di uno sciopero rientrato grazie a promesse (sulla parola d’onore) che poi non furono mantenute. La prosa è breve e didascalica.

“… decidono di non riprendere il lavoro finché non sarebbe giunto il famoso aumento …” Arriva la promessa di aumento e il lavoro riprende. Ma l’ingegnere capo-servizio al ritorno degli operai “… chiamò la polizia per ricercare i responsabili del tentato sciopero. Ecco come si risolve la parola d’onore dei farabutti dirigenti. Ma i Gasisti terranno duro ottenendo il nostro appoggio.”

Sempre sulla prima colonna, prima di un breve NOTIZIARIO, alcuni slogans “La resistenza contro il fascismo è la garanzia della liberazione! “… L’ora della liberazione dell’Europa è suonata! La fine del nazismo e del fascismo è giunta!!” … La parola d’ordine per tutti gli Italiani: salvare l’Italia! Pace separata! Cacciare i tedeschi!”

A meno della metà della seconda colonna un “pezzo” titolato LA SITUAZIONE: “Sono capitolate tutte le forze dell’Asse in Tunisia. L’inizio della guerra aerea nel Mediterraneo e in Italia è il preludio dell’attacco alla fortezza europea …  La prossima battaglia in Europa è già perduta per l’Asse prima di cominciare. Gli alleati saranno in Europa fra breve e arriveranno a Berlino e solo allora Miller e Mussolini si accorgeranno di aver assassinalo due popoli e due eserciti”.

La terza colonna inizia con un breve articolo titolato 9 MAGGIO. La celebrazione dell’impero fatta dal regime è analizzata nella prospettiva critica più pura del marxismo ortodosso. La conclusione è: “Ma questa volta c’è tutto un popolo che insorge e fa, come meglio farà, sentire il suo poderoso basta!” (L’articolo è firmalo Rosso).

La terza colonna in basso riporta la sottoscrizione lanciata da IL PROLETARIO fin dal primo numero.

La cifra raccolta al 16 maggio 1943 è di £. 1.827.

Il numero 18 del 4 giugno, di notevole interesse, riporta, alle prime due colonne, la notizia: LA III INTERNAZIONALE COMUNISTA SI E’ SCIOLTA. “L’esecutivo del Comintern – scrive – ha ufficialmente dichiarato che la terza Internazionale Comunista ha cessato di esistere, avendo ormai assolto il suo compito di preparazione della classe operaia … Il Comitato Esecutivo del Comintern invita tutti i comunisti di tutti i paesi a svolgere la loro azione rivoluzionaria secondo le esigenze e le situazioni creatisi nei rispettivi paesi… avendo la convinzione che ormai tutti i dirigenti del Partito Comunista dei singoli Paesi abbiano raggiunto quella maturità politica per la quale possono direttamente e liberamente risolvere il problema rivoluzionario della classe lavoratrice… Parliamo sempre da un punto realistico degli interessi di massa puntando decisamente al fine: la vittoria del proletariato! … Potevamo noi dare direttive uguali ai Comunisti italiani e a quelli inglesi? … Se alleati noi siamo con la borghesia liberale inglese, potevamo noi combatterla? … Ora di

fronte alle masse lavoratrici si erge il mostro nazi-fascista e noi ci alleiamo con tutti i suoi nemici per abbatterlo, distruggerlo definitivamente … I Comunisti italiani si stringono in un solo blocco più che mai e in stretta collaborazione con tutti gli antifascisti in un Fronte Unico marciano decisamente alla Vittoria per l’abbattimento del fascismo sfruttatore e massacratore del popolo italiano e della umanità intera. Pane Pace Libertà!” (firmato Rosso).

 

Circa a metà della seconda colonna, in un articolo titolato 24 MAGGIO, l’autore annota che il regime ha fatto passare sotto silenzio “la data che pur venne chiamala fatidica”, e conclude “…mentre le divisioni germaniche bivaccano tra le nostre case, mentre le madri, le figlie e le spose di coloro che caddero allora confondono le lacrime e le maledizioni con le famiglie di coloro che sono assassinali oggi, i lavoratori italiani hanno il sacro dovere di serrare le file.

Fermo e deciso si elevi il grido delle libere coscienze fino a scuotere i dormienti: Abbasso la guerra! Viva la pace! La pace ad ogni costo, la pace immediata”. Segue, a metà della terza colonna COME DOBBIAMO COMBATTERE “Fa obbligo – scrive il giornale – a tutti i comunisti italiani di elevare al massimo punto il loro spirito di combattività. Ogni lotta isolata può sboccare nella Lotta per l’abbattimento del fascismo. Il Partito Comunista Italiano non può acquistare questo spirito di combattività, se non dà all’insieme della sua agitazione il carattere di un appassionato attacco contro il fascismo; se in questa agitazione non sa legarsi alle masse popolari e parlare loro in modo che acquistino la convinzione di essere sotto la direzione di una avanguardia lottante per l’abbattimento del fascismo.

In Italia, dove la situazione delle masse operaie diventa sempre più intollerabile, il Partito Comunista deve tentare tutto per condurre le masse operaie alla lotta per la difesa dei loro interessi. I Compagni hanno il dovere di organizzare il Proletariato su un Fronte Unico per la conquista dei diritti del lavoratore. Questa lotta cosciente ed attiva sarà coronata di successo, riuscirà a scuotere le masse  ritardatarie”.

La sottoscrizione per IL PROLETARIO, al 4 giugno 1943, raggiungeva la somma di £. 1.943.

Il numero 19 si apre con un APPELLO AGLI INTELLETTUALI che occupa quasi tutta la prima pagina … In una specie di sottotitolo il giornale scrive: ‘”Gli eventi precipitano e fra poco a nessuno sarà dato sottrarsi alle proprie responsabilità!”.

L’articolista, rivolto agli intellettuali, ricorda che “trascinati dall’irresistibile e disinteressato amore della verità, la stragrande maggioranza di voi ha covato, per un ventennio, la santa avversione verso l’impero della sopraffazione, della corruzione e dell’ingerenza dell’Anti-Verità” ed esorta “voi che avete alimentato la fiaccola della speranza, anche quando questa sembrava farsi esangue, ed a lungo avete cullalo il segreto perpetuo delle cose sante – la libertà, la verità, la giustizia [per voi] è scoccata l’ora santa indicata”. Alcuni “vi hanno mentito … quando dipingevano a vivide tinte la disorganizzazione della Russia vi hanno mentito, i demolitori del nostro esercito, quando proclamavano la fragilità del colosso dai piedi d’argilla … e la smentita è venula a Leningrado, a Mosca, a Stalingrado, nelle retrovie dove la leggenda è diventata cronaca per l’irriducibile spasmo di una massa d’eroi. Ed è noto che non si può imporre l’eroismo”. Essi non si sarebbero comportati così “se non avessero avuto un patrimonio da difendere a tutti i costi. Un patrimonio di conquiste ideali e sociali”.

Dopo una lunga disamina sulle menzogne della propaganda fascista e sul ruolo degli intellettuali e delle masse lavoratrici, segue il vero e proprio appello: “Voi siete carne viva delle masse lavoratrici, destinata ad un grande inalienabile compito, quello di educare ed

elevare i vostri compagni, tesi in uno sforzo più duro quantunque più oscuro, di riscattarvi dalle tenebre in cui vi ha immerso la menzogna, ed alleviare, mediante il vostro canto, i vostri quadri. le vostre statue, le vostre scoperte, la loro immane fatica. Voi non tradirete questo compito. Compagni intellettuali, in piedi dunque’ ai posti di combattimento tra i proletari tutti, e  contro il comune nemico!”.

Al centro, nella seconda colonna, una fotografia di operai russi “Barbaramente impiccati dai tedeschi perché rei di… non essersi sottomessi”.

In basso, a destra, L’OPERAIO VINCE SEMPRE BASTA VOLERE, che riporta la notizia delle lotte operaie alla Navalmeccanica di Napoli, iniziale il 30 maggio.

Il numero 20 del 26 luglio 1943 riporta a tutta pagina GLI ULTIMI RITOCCHI FUNEBRI PER IL FASCISMO SONO SUONATI L’UOMO CHE DISSE AI SUOI SCIACALLI SE INDIETREGGIO UCCIDETEMI HA RASSEGNALO LE DIMISSIONI. NON BASTA DUCE,ASSIEME A VOI VOGLIAMO TUTTI I VOSTRI COMPLICI. Più sotto due titoli: COMUNISTI E L’ORA PRESENTE e APPELLO AI LAVORATORI.

Il primo articolo (sulla prima e seconda colonna), dopo una breve cronistoria dell’attacco tedesco al mondo occidentale e all’Unione Sovietica, sostiene “… Oggi stanno di fronte due forze: quelle dell’asservimento della libertà umana, rappresentate dal nazismo e dal fascismo, e quelle della democrazia e del lavoro rappresentate dalla Russia e dagli Anglo-americani… Il primo passo sul cammino della riscossa e della liberazione deve essere fatto contro il nazismo ed il fascismo.  Liberare l’Italia e il mondo da questo nemico è il primo, assoluto dovere dei Comunisti e di lutti i veri democratici… La vittoria sul fascismo deve significare la vittoria della libertà e del lavoro”.

Il secondo articolo, su tutta la terza colonna, è un appello ai lavoratori, che si chiude “… nella breve e vigile attesa della nostra rivoluzione, unitevi ed organizzatevi nelle fabbriche, lottate i fascisti e le loro istituzioni, disorganizzate i servizi, fate opera di sabotaggio e di disorganizzazione. Siate orgogliosi di voi stessi, siate forti nella vostra fede, venerate le vostre bandiere rosse,

siate spietati nella lotta”.

Nell’ultima pagina su due titoli affiancati: MUSSOLINI HA PARLATO e SCORZA HA PARLATO (titoli che il ‘proto’ ha erroneamente invertito), nel primo articolo, a sinistra, si legge “… il fallimento della politica del regime fascista è dovuto agli errori degli uomini, e per di più quegli errori furono commessi in buonafede … questa la stupefacente affermazione del segretario Scorza … Oggi che il nemico si affaccia ai termini sacri della patria gli Italiani secondo Mussolini, devono farsi massacrare per impedire l’invasione straniera. Indubbiamente tale è il dovere di ogni cittadino. Ma quando il cittadino ha un simile e sacrosanto dovere? Quando la patria è la terra su cui i figli vivono in libertà e giustizia; quando i diritti accompagnano i doveri. Il Proletariato Russo oggi è tutto in armi non per difendere una plutocrazia che lo affama (come in Italia) ma per salvare i suoi campi. le sue fabbriche. la sua Libertà e la sua Civiltà. I servi si piegano al padrone quando è forte e potente: ma quando è in pericolo si trasformano in rovina, lo abbandonano a se stesso, se addirittura non gli danno il colpo di grazia. Ha letto Mussolini i “Promessi Sposi”?

Gentile certamente, il filosofo del fascismo, potrà ricordare al suo duce l’episodio di don Rodrigo e del Griso durante la peste di Milano”.

L’altro articolo, tra l’altro, scrive “… Lui (Mussolini) si è rivolto a lutti gli italiani perché in questa ora tragica e grave (toh! se ne è accorto anche lui!) facciano barriera alle truppe straniere …

L’eminente oratore si è accorto che ci sono anche 44 milioni di esseri che non hanno alcuna tessera, che non possono aspirare ad impieghi pubblici o privati, che non possono parlare, né pensare, tenuti rigorosamente lontani da ogni ingerenza nell’amministrazione dello Stato, insultati, vilipesi, confinati, arrestati, manganellati, affamati … Buffone! Ma dove sono gli eroici squadristi, quelli dei cento armati contro uno inerme?

… E gli italiani, i martiri di questi 20 anni di terrore e, proprio gli italiani dovrebbero ora intervenire con i loro petti per tentare, in extremis, di salvare la pelle ai criminali incoscienti che ci hanno coperto di vergogna?…

Gli italiani, i veri italiani, tutti gli italiani, attendono con ansia il momento di veder liberata dai fascisti la terra dove sono nati; dove hanno appreso ad amare la libertà, dove hanno studiato la storia del Risorgimento, periodo luminoso di lotte contro tutte le tirannidi, prima fra esse quella teutonica. Questo attendono gli italiani, questo vogliono gli italiani. Via. andate via dal potere, briganti ed assassini…

Solo allora gli italiani saranno liberi, sentiranno il dovere di difendere questa libertà contro tutti. Fuori i tedeschi dall’Italia! Via i fascisti dal potere!”.

La sottoscrizione per IL PROLETARIATO, nel numero del 26 luglio 1943, registrava la somma di Lit. 2.926.

Il numero 21 de IL PROLETARIO (forse l’ultimo) porta la data del 18 agosto 1943. Sotto, il titolo “Organo dei Lavoratori comunisti del Mezzogiorno”. E ancora più sotto “Fondatori: Rosso e Leniski”.

L’articolo (se cosi si può dire) di fondo tratta de L’UGUAGLIANZA NELLA CONCEZIONE COMUNISTA ed è a firma di SPARTACUS. Quasi come sottotitolo l’avvertenza ‘Tratto di (?) uno scritto… clandestino”.

L’articolo, che potremmo definire ideologico, smentisce “le chiacchiere intorno ad un marxismo che vorrebbe e farebbe gli uomini della medesima altezza e li manderebbe in giro vestiti di un medesimo camiciotto”.

Dopo aver attribuito queste idee alla più idiota propaganda anticomunista e al “socialismo utopistico” che l’articolista qualifica “reazionario per la sua propaganda di ascetismo universale e di livellamento grossolano”, cita Marx ed Engels e poi Lenin e Stalin, il quale aveva sostenuto che, il marxismo intende per uguaglianza non il livellamento dei bisogni personali e delle condizioni di esistenza ma la soppressione delle classi, vale a dire: la liberazione eguale, di tutti i lavoratori, dallo sfruttamento…”

L’articolo conclude che. per quanto riguarda l’Italia. l’uguaglianza è “se non l’abolizione delle classi, la fine dello sfruttamento dell’uomo su l’uomo”.

Un importante articolo, che occupa la metà della seconda Colonna centrale e quasi tutta la terza, ha per titolo LA NOSTRA VIA.

“Mussolini è caduto – inizia il “pezzo” – ma l’impalcatura resta. Gli uomini, che temevano lo scatenarsi della tempesta espiatrice e demolitrice, sono vivi ed incolumi: e forse hanno anche il tempo per rinfrancarsi e ricomporre le file … Mussolini non è il solo responsabile. Chi lo ha investito di quel potere che per ventun anni si è scatenato orribile e spietato sul popolo

italiano? Più di lui è responsabile la Monarchia e le classi capitaliste … Ma la caduta di Mussolini e la condanna non solo del regime, ma anche e soprattutto della guerra.

Il popolo non sentiva e non sente questa infame guerra …. Perché dunque continuare la guerra? Per chi? Per Hitler? No! I lavoratori non si prestano a questo ignobile gioco.

L’onore della patria, signori delle gazzette d’Italia, che avete sostituito gli scribi di ieri, non è nel continuare la guerra … Senza Mussolini, voi volete portare a termine il suo piano. Ieri, prima dell’episodio del gran consiglio, vi auspicavate il crollo perché la patria si liberasse del pericolo interno e di quello esterno. Oggi restate legati a quello esterno, ad Hitler.

I lavoratori, i Comunisti, restano al loro posto e continuano sulla stessa strada contro il fascismo e contro il nazismo; con la certezza che la Russia e i suoi alleati Anglo-americani piegheranno il pangermanesimo per aprire al mondo la via della giustizia e della libertà”.

Gli ultimi righi della terza ed ultima colonna della prima pagina sono dedicati alla DISCIPLINA.

Il “cuore” dell’appello è “… Compagni rivoluzionari, in questo momento il primo dovere che incombe su dì noi è la disciplina: disciplina di ferro. L’obbedienza cieca ed assoluta agli ordini del giorno emanati dai vostri dirigenti da voi stessi scelti. Ogni timore è disfacimento di forze. Ogni indugio è viltà. Ogni titubanza e vane discussioni di ordini è tradimento. Le masse ormai non guardano che a noi. Il popolo italiano non ha fiducia che in noi”.

Nella pagina successiva, un breve scritto titolalo I.A MORALITÀ E L’ONESTA’ FASCISTA. Nel commentare una notizia del CORRIERE DELLA SERA (del 27 luglio 1943) è scritto “… il trapasso da Mussolini a Badoglio lascia permanere il pus… La stampa liberale è di facile contentatura … se per voi (signori Liberali) il fascismo trova il suo superamento nei bandi e nei provvedimenti di Badoglio, per noi italiani e Comunisti esso potrà essere liquidato e risolto dall’azione del proletariato e dal popolo. Non è il re, maggiore responsabile, e Badoglio che liquideranno il fascismo. Ma il proletariato, unito alle forze sane della democrazia non addomesticala”.

I “pezzi” brevi ma incisivi continuano con: INTERROGATIVI (E’ vero che il maresciallo Badoglio allestisce 40 divisioni per proseguire la guerra? E” vero che Bottai. Ciano ed altri gerarchi fascisti sono stati fatti fuggire all’estero? Perché nei “nuovi” quotidiani non ce n’e uno solo che esprima le opinioni e le rivendicazioni della classe lavoratrice? Perché il nuovo governo non si decide ad abolire tutta la legislazione fascista contro gli Ebrei?”) e con LA MUSICA E’ SEMPRE LA STESSA (I fascisti se ne sono andati ma la politica del nuovo governo verso la classe operaia e contadina è sempre la stessa. E già i nuovi giornalisti borghesi cominciano a ripetere le vecchie frasi… E sempre la stessa è la musica delle bombe anglo-americane che, per colpa del nuovo governo che non si decide a chiedere la pace, continuano a cadere sull’Italia Meridionale… ).

Interessante è anche il rendiconto de LA MANIFESTAZIONE DEL 26 Luglio (“ripreso dal L’UNITA’ del 27 luglio”) riguardante il comizio di G. Roveda in piazza del Duomo a Milano.

A nome del P.C.I. Roveda aveva sostenuto:

1 ) il passaggio del potere a un governo provvisorio, costituito dai rappresentanti di tutti i partiti:

2) la rottura dell’alleanza colla Germania;

3) l’armistizio immediato e l’inizio delle trattative per una pace onorevole;

4) il ritiro delle nostre truppe dai paesi di occupazione;

5) la libertà di parola, di organizzazione, di stampa, di riunione;

6) l’abolizione delle leggi razziali e la libertà di coscienza;

7) Lo scioglimento immediato del Partito Fascista, del Gran Consiglio della Camera dei Fasci e Corporazioni c di tutte le organizzazioni del fascismo:

8) lo scioglimento della milizia fascista;

9) il disarmo e l’internamento dei Tedeschi che si trovavano sul nostro territorio;

10) un’amnistia generale ai carcerali ed ai confinati politici;

11 ) la traduzione in giudizio di Mussolini e dei responsabili della catastrofe nazionale:

12) una consultazione elettorale attraverso la quale il Paese dovrebbe esprimere la propria volontà sulle istituzioni e sugli indirizzi governativi.

Interessanti l’articolo e in modo particolare, le proposte che in quel momento storico il P.C.I. avanza.

Segue una RISPOSTA A PAOLO SCARFOGLIO dalla quale si ricava non solo l’infuocata polemica tra neofascismo e progressismo ma notizie intorno alla proprietà de IL MATTINO e de IL CORRIERE DI NAPOLI.

Già da allora Achille Lauro, consigliere nazionale della Camera dei Fasci, era il padrone dei due quotidiani.

La sottoscrizione de IL PROLETARIO, al 18 agosto 1943. era di Lit. 4.391.

Una ristampa anastatica dei venti numeri de IL PROLETARIO sarebbe stata interessantissima. Purtroppo, per dieci anni, ho cercata inutilmente, in Archivi pubblici e privati, nelle Biblioteche e presso alcuni protagonisti dei G.P. e fra “le carte ” di qualche “giornalista ” del periodico, i numeri che mi mancavano.

In ogni caso, credo che, i pochi fogli qui riprodotti e gli ampi passi di alcuni articoli riportati, possano dare un’idea di cosa era e di cosa rappresentava IL PROLETARIO, in quegli anni, fra la nostra gente.

 

I GRUPPI PROLETARI

 

“… Dopo la retata del 22 agosto 1943 alla Cappella di Cangiarli, i migliori collaboratori de IL PROLETARIO erano finiti in carcere (ed in carcere c’ero finito anch’io). Ma i Gruppi Proletari, sorti nelle varie zone (di cui ti ho dato l’elenco), operarono, ed anche bene! in tutta

la regione … ed oltre.

Dopo un primo momento di sbandamento i Gruppi ripresero la loro azione, anche annata, secondo l’appello lanciato in uno degli ultimi numeri del giornale «… unitevi ed organizzatevi nelle fabbriche, lottale i fascisti e le loro istituzioni, disorganizzate i servizi, fate opera di sabotaggio e di disorganizzazione.

Siate orgogliosi di voi stessi, siate forti nella vostra fede, venerate le vostre bandiere, siate spietati nella lotta…»

I nostri Gruppi, nelle zone e sotto-zone attivate, non erano sorti per fare dell’antifascismo da salotto o per diffondere IL PROLETARIO fra gli scontenti dei regime o gli intellettuali di paese ma per operare e combattere.

Quando “don” Francesco Compagna nel suo libro “Antifascismo e Democrazia” scrive che l’antifascismo non fu presente nei paesi e nelle campagne del Mezzogiorno e che fu praticato solo da alcuni paglietti e da pochi intellettuali … sicuramente lui, non avendo trovato in edicola le copie de II. PROLETARIO. non sapeva delle imboscate, dei sabotaggi, degli scontri armati, degli scioperi, delle carceri, delle fucilazioni tedesche e … tutto ciò prima che gli Alleati giungessero in Sicilia.

Altro che mancanza di resistenza! …

Strettamente legati ai nostri Gruppi c’erano dei Raggruppamenti armati che (prima del 1943!) si preparavano allo scontro.

I loro nomi puoi ricavarli dal giornale’.

I Gruppi armati figurano negli elenchi dei sottoscrittori pro-PROLETÀRIO (e quanti altri c’erano anche se non inviavano soldi al giornale?) e le loro denominazioni vino pubblicate sul periodico.

Operavano sicuramente a Caserta e provincia (con ampi sconfinamenti):

Avanguardia della Rivoluzione. Gruppo Sole. Martiri del Mezzogiorno. Gruppo F. Misiani, Martire Valente. Gruppo Soldati. Gruppo Matteotti, Gruppo Liberatori. Gruppo Spagna Rossa, Gruppo Spartaco. Gruppo R., Gruppo Vittoria Rossa. Gruppo S. Marco. Gruppo Lenin…”

E’ interessante notare che fra i tanti sottoscrittori per IL PROLETARIO, oltre una Clara, uno Scugnizzo, ecc.. figura anche un Libertario. (In ricordo del suo compaesano E. Malatesta, uno dei padri dell’Anarchia italiana?).

“… Il responsabile del braccio armato de IL PROLETARIO non ero io e non saprei dirti nome, cognome e indirizzo dei vari comandanti.

Come ti avevo detto prima i nostri Gruppi erano autonomi e non in contatto diretto con tutti i capuani.

In ogni caso, tutta la resistenza, specialmente in Caserta e provincia, è passata attraverso le nostre strutture.

Ti posso testimoniare che gli scontri armati (diretti e frontali) contro i Nazisti che si svolsero il 14. 24 e 26 settembre 1943 fra S. Maria C. V. e S. Prisco e quelli al “Pagliariello” presso Capua (a un incrocio fra la via Appia ed una strada secondaria» furono opera di Proletari”.

Al Pagliariello mentre si sparava dall’una e dalla altra pane si vide un combattente solo uscire allo scoperto, ignorare ogni regola di guerriglia ed ogni norma di prudenza … avanzava e sparava.

Alle spalle lasciava i partigiani. La sua piccola sagoma troppo mobile per essere colpita scomparve, verso i tedeschi, fra gli alberi.

La battaglia riprese e durò a lungo.

Quando il posto di blocco fu conquistato dai partigiani, quel combattente piccolo e solitario pendeva da un albero. Impiccato.

E, dal fango, dal sangue e dalla divisa troppo larga che lo ricopriva, apparve un viso: era Carluccio Santagata. partigiano, volontario, morto per la libertà, di anni 15. Medaglia d’oro!

“… Ben altre azioni si verificarono, però, nella nostra provincia, ma erano azioni di delinquenza comune (che. dopo, furono riconosciute e premiate come “azioni patriottiche”) che allora diedero occasione al Nazista di scatenare sanguinose rappresaglie e che niente hanno a che fare con quelle dei nostri Gruppi Proletari.

Cosi come non hanno niente a che fare con noi alcuni “personaggi” che. dopo essere stati nascosti, per mesi, in sicuri rifugi, itornarono, poi, sulle camionette dei Marocchini, dicendosi partigiani.

Noi siamo stati ben altra e tutt’altra cosa!

… Per quanto riguarda me. personalmente, posso dirti solo che. uscito dal carcere, ripresi i vecchi contatti … I nostri liberatori: non amavano la falce e martello: i giornali di partito AVANTI, UNITA’ e qualche altro avevano ripreso, anche se timidamente, le pubblicazioni: i nostri Proletari prendevano il posto nei loro vecchi e nuovi partiti; il lavoro di parte ormai assorbiva parecchi; altri si erano ritirati a vita privata; pochi altri erano andati al Nord a proseguire la lotta armata al Nazista ed al Fascista.

Per tutte queste ragioni IL PROLETARIO non uscì più.

… Nel subito dopo-guerra conobbi ed entrai in contatto con i massimi esponenti della resistenza (anche con quelli che la resistenza l’avevano fatta … all’estero), io. nel mio partito, ricostituito, continuai a dare il mio contributo, fino a che il Burocraticismo me lo permise … poi. esso mi pensionò d’ufficio!”

Quanti altri, nella nostra terra, sono quelli che la “nuova Italia”, nata dalla loro resistenza, ha pensionato, d’ufficio?

APPENDICE

 

Civili caduti contro i Tedeschi in azioni partigiane

 

ALVIGNANO (dintorni)

Amendolagine P., Cipriano N., Maiorana B., Romano V., Valentino G., Zullo N.. ed altri non

identificati.

 

CAPUA (e dintorni)

Fratelli Paternostro, un Carabiniere libico, un Soldato sconosciuto. Carluccio Santagata (anni

15. Impiccato) medaglia d’oro.

 

CARDITELLO

Ravienzo 0., Ruggiero A.

 

CASERTA

un giovane rimasto sconosciuto.

 

CASTEL MORRONE

Fratelli Carrera.

 

CONTRADA FRUSCIO’ (CAIAZZO)

Fratelli Mondrone.

 

MONDRAGONE

Lissa V., Montesano V., Simeone R, Villano A.. Zippo N., ed altri ignoti.

 

PANTANO (località)

Regina R. e suo figlio Francesco.

 

PINETA GRANDE

Fratelli Traellino.

 

PONTI DELLA VALLE ( Maddaloni)

Beato A., Esposito V.

 

S. MARIA C. V.

Leggiero S.

 

S. TAMMARO

Gravante A. e tre suoi concittadini di difficile identificazione anagrafica.

 

TIFATA (zona del monte)

Castaldo G., Cioppa B., Monano G., Nuzzolo D,. Viscardi D., Santoro

 

 

Civili trucidali dai Tedeschi

 

 

AVERSA 39

BELLONA 54

CAIAZZO 22

GALLUCCIO e ROCCADEVANDRO 71

GARZANO di Caserta 6

GRAZZANISE 15

MADDALONI 20

MONDRAGONE 44

ORTA DI ATELLA 24

PIEDIMONTE MATESE 14

RIARDO 27

S. MARIA C. V. 33

SPARANISE 27

TEANO 15

TEVEROLA 14

 

Altri civili furono trucidati a Marcianise. Vitulazio, Castel Campagnano, Calvi Risorta. Altri trucidati singolarmente in tutta la provincia sfuggono ad un elenco ufficiale o sono stati inclusi in quelli dei “civili caduti per cause belliche”.

In 40 giorni Terra di Lavoro ebbe più di 500 civili trucidati. Senza contare i soldati “sbandali” presi e fucilati immediatamente.

 

Una lapide dimenticata

 

In località GARZANO, sulla strada che dal Santuario di S. Lucia va verso i Ponti della Valle di Maddaloni. all’incrocio che porta al santuario di S. Michele, un cippo ricorda:

 

BORGIATTINO sacerdote salesiano

CHI APPELLO TOMMASO sacerdote salesiano

CARATELLO FRANCESCO sacerdote salesiano

DE GENNARO GIUSEPPE coadiutore salesiano

BRANDI AGOSTINO – RUCCI DONATO

 

= BARBARAMENTE TRUCIDATI IL 28 SETTEMBRE 1943 =

 

Per i martiri di BELLONA

 

ANCHE IN QUESTA PICCOLA TERRA

SORGE UNA DELLE INNUMERI STELE

CHE IN OGNI PARTE D’EUROPA

SEGNERANNO NEI SECOLI IL GRIDO

DELL’OFFESA UMANITÀ

CONTRO UNA GENTE CREDUTA AMICA

NELL’OPERA DI CIVILE AVANZAMENTO

E NELLA QUALE ORRENDA SI E’ DISCOPERTA

ARMATA DI TECNICA MODERNA

LA BELVA PRIMEVA

IN MEMORIA DEI 54 SUOI CONCITTADINI

PADRI DI FAMIGLIA GIOVANETTI INNOCENTI

PII SACERDOTI

SOTTO SPECIE DI CONDURLI AL LAVORO

TOLTI ALLE LORO CASE

E PER DELIRIO DI VENDETTA

DALLA FREDDA RABBIA TEDESCA

IL GIORNO 7 OTTOBRE 1943 TRUCIDATI

E I CORPI GETTATI NELLA PROSSIMA CAVA.

 

Benedetto Croce

 

Per i martiri di CAIAZZO

 

PRESSO CAIAZZO

NEL LUOGO DETTO SAN GIOVANNI E PAOLO

ALCUNE FAMIGLIE CAMPACNUOLE

RIFUGIATE IN UNA STESSA CASA

FURONO IL 13 OTTOBRE 1943

FUCILATE E MITRAGLIATE

PER ORDINE

DI UN GIOVANE UFFICIALE PRUSSIANO

UOMINI DONNE INFANTI

22 UMILI CREATURE

NON D’ALTRO COLPEVOLI

CHE DI AVER INCONSCIE

ALLA DOMANDA DOVE SI TROVASSE IL NEMICO

ADDITATO A LUI SENZ’ALTRO LA VIA

VERSO LA QUALE S’ERANO VOLTI I TEDESCHI

IMPROVVISA USCI’ DALLE LORO LABBRA

LA PAROLA DI VERITÀ’

DESIGNANDO NON L’UMANO AVVERSARIO

NELLE UMANE GUERRE

MA L’ATROCE PRESENTE NEMICO

DELL’UMANITÀ’

UN AMERICANO

CHE VIDE CON ORRORE E PIETÀ

LE SALME DEGLI UCCISI

PONE QUESTA MEMORIA

PERCHE’ I POSTERI TRAGGANO

AMMONIMENTO E CONSIGLI DA QUEST’URNA

Benedetto Croce

 

 

Per un elenco completo delle vittime dei nazisti, con delle testimonianze quasi sempre inedite di coloro che vissero quella tragedia, dopo l’8 settembre 1943. a Caserta e provincia, si rimanda ali’interessantissima ricerca di GIUSEPPE CAPOBIANCO. La giustizia negata. Caserta, s.d.