ANPI, ARCI, CGIL e Legambiente alle Istituzioni europee: “Si avvii in Siria una forte e decisa azione diplomatica”

Il testo dell’appello lanciato a seguito della grave situazione creatasi al confine tra Turchia e Siria

Alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
All’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
Al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte
Al Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio
Alla Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati
Al Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

Viviamo con angoscia queste ore nelle quali si sta minacciosamente aggravando la situazione al confine tra Turchia e Siria, una regione già funestata da una guerra cruenta di molti anni che ha prodotto innumerevoli vittime, soprattutto tra i civili.
A seguito delle improvvide dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che annunciavano il ritiro delle truppe americane dai quei territori, anche se oggi smentite – il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ha dato avvio ai bombardamenti e all’avanzata dell’esercito nelle zone storicamente abitate dalle popolazioni curde, con le quali lo Stato Turco ha ormai da diversi decenni un rapporto più che conflittuale.
L’esercito formato interamente da donne e uomini di etnia curda è stato negli ultimi anni alleato delle forze occidentali e protagonista nel respingimento dell’avanzata dell’Isis, per la cui causa ha pagato un ingente prezzo di sangue.
La convivenza tra la popolazione turca e curda in queste regioni è stata storicamente possibile e potrà esserlo ancora solo se lo Stato Turco accetti di sedersi a un tavolo di trattative con i rappresentanti curdi, con pari dignità, per trovare un accordo sul riconoscimento e indipendenza dei loro territori.
La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia, hanno ancora fresco un debito di riconoscenza nei confronti delle donne e degli uomini curdi che si sono battuti fino alla morte per fermare il comune nemico Daesh e salvaguardare la sicurezza e serenità dell’Europa e del nostro Paese, di noi tutti.
Chiediamo che si avvii immediatamente una forte e decisa azione diplomatica perché:
• cessino immediatamente le ostilità e si fermino le manovre di invasione del territorio curdo;
• si dia mandato senza esitazioni a una delegazione internazionale che garantisca in loco la fine delle ostilità, il rispetto dei confini, il diritto internazionale;
• si provveda all’invio di soccorsi per eventuali feriti;
• si apra una sessione di discussione dedicata, tanto nel Parlamento europeo quanto in quello italiano;
• si chieda che il caso sia messo con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

ANPI ARCI CGIL LEGAMBIENTE


 

 

 

 

 

 

Fermiamo la guerra in Siria, fermiamo le guerre in Medio Oriente, costruiamo la pace!

30 Ottobre 2019

Un ampio documento unitario voluto da Anpi, Arci, Cgil, Legambiente, Rete della Pace, Udu e altre associazioni per fermare l’aggressione ai curdi

L’allontanamento dal territorio siriano da parte delle forze armate americane, l’annunciata aggressione turca nei confronti del popolo curdo residente nel territorio della Siria del nord est, il successivo intervento russo al fine di comporre il conflitto accettando nella sostanza le pretese territoriali della Turchia confermano l’abbandono della popolazione curda al suo destino e la cacciata dei residenti dalla cosiddetta fascia di sicurezza. Ma mettono in luce anche l’inerzia e l’incapacità di svolgere un efficace ruolo di mediazione sia da parte dell’Onu che da parte della Ue.

Il mondo, e l’Europa in particolare, che avrebbe dovuto sostenere con tutte le proprie risorse, l’esperienza di integrazione e di convivenza tra le comunità etniche e religiose in corso nel Nord/Est della Siria, riconoscendo il sacrificio e la resistenza del popolo siriano e della sua milizia curda Ypg (Unità di protezione popolare), di cui una importante componente costituita da donne combattenti che si sono distinte per coraggio ed abnegazione, pagando un altissimo prezzo di vite umane, e riuscendo a sconfiggere l’Isis, hanno invece tradito questa esperienza, rendendosi complici di una nuova violazione della sovranità siriana, della ripresa della guerra e provocando l’alto rischio di un ritorno dei miliziani dell’Isis alle loro attività belliche e terroristiche.

La guerra continua ad essere l’unico strumento di composizione dei conflitti in Medio Oriente, dove si intrecciano laceranti contraddizioni mai sopite: la questione nazionale dei curdi, la legittima aspirazione ad uno Stato e un territorio per i palestinesi, la salvaguardia dell’esistenza dello Stato d’Israele, la lotta per l’egemonia regionale che si avvantaggia della perenne rivalità fra sciiti e sunniti, il perdurare del conflitto in Yemen e la repressione violenta delle mobilitazioni popolari in Iraq e Libano che rischiano di degenerare e riaccendere nuovi focolari, la frammentazione della Libia, il contrasto fra regimi laici e regimi confessionali (tutte le petromonarchie sono a carattere teocratico), la questione economica per le ricchezze petrolifere in gran parte di quei territori, gli interessi economici e strategici delle grandi potenze, il ruolo devastante che ha avuto e può avere l’Isis in Medio Oriente oltre che in Europa, in un quadro aggravato dagli interventi militari trascorsi in Iraq, in Libia, ed oggi nella stessa Siria che hanno comportato conseguenze catastrofiche per la stabilità dell’intera regione.

Davanti a questo scenario così complesso e drammatico l’unica via d’uscita è l’applicazione del diritto internazionale, multilateralismo per l’azione di mediazione e di risoluzione nonviolenta dei conflitti armati, mettendo al bando la guerra e le armi nucleari.

Noi, uomini e donne, cittadini e cittadine europee, migranti, rifugiati e richiedenti asilo, sentiamo il dovere di agire, di mobilitarci, di far sentire le nostre voci e le nostre ragioni a chi ci governa, a chi ha la responsabilità politica di fermare questa spirale di guerre e di violenze infinite.

Per questo rivolgiamo alle Nazioni Unite, alle istituzioni europee, agli stati membri, questa piattaforma di pace per porre fine alla guerra in Siria e nella regione Medio Orientale, per costruire la sicurezza ed il futuro di ogni popolazione, per ogni uomo e per ogni donna, in libertà e nel rispetto dei diritti umani universali e della libertà.

Per queste ragioni, sostenendo l’appello delle donne curde a tutti i popoli che amano la libertà, chiediamo e ci impegniamo per:

La cessazione del fuoco senza condizioni e il ritiro immediato delle truppe turche e di ogni altro esercito e milizie straniere, dal territorio della Siria;
l’immediata sospensione di vendita di armi ed assistenza militare alla Turchia, come pure agli altri stati implicati in guerre nel Medio Oriente, da parte degli stati membri dell’Unione Europea e in particolare dell’Italia;
che sia garantita assistenza umanitaria e corridoi umanitari per la popolazione siriana vittima di questa nuova invasione, come pure il rispetto dei diritti umani per tutta la popolazione civile, senza discriminazione di etnia o religione;
il ritiro del contingente militare italiano dal confine tra Turchia e Siria;
una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite per istituire una missione di forze di interposizione con mandato ONU per la protezione della popolazione siriana e per ripristinare condizioni di ricostruzione democratica, di convivenza tra le diverse comunità;
la costituzione di una commissione internazionale sotto l’egida dell’ONU per verificare l’eventuale uso di armi chimiche contro la popolazione siriana della regione della Rojava, del Ghouta; operazioni ed azioni militari che possano costituire crimini di guerra e/o azioni di vera e propria pulizia etnica di cui si sono rese colpevoli le parti coinvolte nel conflitto in questi anni;
la costituzione di una commissione internazionale d’inchiesta sotto l’egida dell’ONU per scoprire esecutori e mandanti dell’assassinio di Hevrin Khalaf, segretaria generale del Future Syria Party, e dei suoi accompagnatori;
la sospensione di accordi commerciali e di associazione tra l’Unione Europea e la Turchia;
il non rinnovo dell’accordo tra UE e Turchia per la gestione dei rifugiati provenienti dalla Siria e da altri paesi in guerra;
l’attuazione, da parte dell’UE e degli stati membri di una politica di accoglienza e di integrazione di ogni uomo o donna in fuga da situazioni di rischio e minaccia alla propria vita e dei propri cari, siano condizioni di povertà, di repressione, di persecuzione, di disastri ambientali, di guerre, accompagnando queste politiche con programmi di cooperazione, di investimenti, con accordi commerciali e di associazione coerenti e diretti ad eliminare le cause che obbligano le persone a fuggire in cerca di rifugio e di condizioni di vita dignitose;
la ripresa di una profonda riflessione da parte del Parlamento Europeo sul ruolo dell’alleanza atlantica (NATO) e sulla necessità di avere una politica di difesa ed un esercito di difesa europeo;
il rilascio dei prigionieri politici e “verità e giustizia” per le vittime di sparizione forzata che in Siria;
togliere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroriste;
riattivare il programma europeo per la riconversione industriale dell’apparato militare, a sistemi dual e civile; mantenendo l’apparato militare per scopi prevalentemente di difesa e non commerciali;
sostenere la società civile e democratica – quella siriana e delle altre popolazioni vittime di guerre e di regimi antidemocratici, quella turca che si oppone a Erdogan – con programmi di promozione dei diritti umani, in particolare per la libertà di espressione, di comunicazione, di associazione;
promuovere iniziative di dialogo tra le comunità e di costruzione della democrazia dal basso.
Questa piattaforma è promossa da associazioni, sindacati, organizzazioni studentesche, artisti, sportivi, intellettuali, politici, pensionati, cittadini e cittadine, migranti, rifugiati, richiedenti asilo, che hanno a cuore i principi ed i valori su cui si fonda l’Unione Europea, che si riconoscono nella carta universale dei diritti umani, che si impegnano e vogliono costruire una società giusta, libera e democratica. Libera da guerre e dalle armi. Libera da dittatori e regimi repressivi.

Anpi, Arci, Cgil, Legambiente, Rete della Pace, Udu


 

L’ANPI cresce e si rafforza nel territorio, da giugno a ottobre tre nuove sezioni.

Due partigiani e un garibaldino caduto nella guerra civile spagnola per tre nuove sezioni dell’ANPI

nella provincia di Brindisi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In  cinque mesi si  è concluso con il congresso costitutivo della sezione dell’Associazione  a Mesagne il 25 ottobre. Il percorso organizzativo era iniziato  il 28 giugno con il congresso di costituzione della sezione di Francavilla. F. era continuato in agosto, il 13 a Ostuni con la nascita di un’altra sezione dell’ANPI.

Donato Della Porta, Antonio Ayroldi e Eugenio Santacesaria i nomi delle tre sezioni costituite dedicate a tre fulgide figure di resistenti, antifascisti della prima ora  e partigiani della nostra terra .

A Francavilla la sezione è stata intitolata a   Donato Della Porta, militare, partigiano dall’8 settembre ’43 nella 54a. brigata Garibaldi di cui diventa comandante di un battaglione, caduto in combattimento in Valsaviore , in provincia di Brescia in uno scontro con i repubblichini della GNR.

Ad  Ostuni la sezione è stata intestata all’ostunese maggiore Antonio Ayroldi, vittima dell’eccidio alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, medaglia d’argento al valor militare, componente del Fronte Militare Clandestino di cui era un importante organizzatore clandestino di reti di informazioni e di collegamento con formazioni partigiane.

A Mesagne Eugenio Santacesaria, tipografo, socialista. Attivo nel primo dopoguerra come accanito oppositore del fascismo, ripara come fuoriuscito a causa del suo antifascismo in Francia,  in Lussemburgo e anche nel territorio della Saar, luoghi dove continua  svolgere  attività antifascista. Nel gennaio 1937 è Garibaldino in Spagna, arruolato nella Compagnia italiana del Battaglione Dimitrov, con il falso nome di “Mario Carloni”, svolgendo il ruolo di delegato politico di sezione. Cadde il 12 febbraio 1937 a Morata de Tajuňa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Francavilla Fontana il congresso ha eletto a presidente di sezione  Alessandro Rodia, consolidando una presenza e un lavoro dell’Associazione che è durato alcuni anni rivolto alla cittadinanza e soprattutto ai giovani, agli studenti e alle scuole della cittadina sui temi della Resistenza, della Liberazione  e della Costituzione non tralasciando la ricerca ed il racconto delle radici della memoria locale democratica ed antifascista.

La neo-eletta presidente della sezione di Ostuni Isabella Ayroldi ha dichiarato: «L’Anpi costituirà questo spazio aperto all’incontro e al confronto, tra associazioni del territorio, tra esperienze e idee differenti e, ancor più, tra generazioni. Come docente, infatti, non posso non sentire la responsabilità di tramandare valori e memoria ai giovani, attirati dalle sirene del qualunquismo o, peggio, dell’indifferenza». I giovani ostunesi, del resto, non hanno fatto mancare la propria presenza da protagonisti alla nuova sezione dell’Associazione.

Per finire a Mesagne è stato eletto Cosimo Zullo presidente della sezione, a coronamento di un lungo percorso che ha visto l’ANPI essere presente da diversi anni con specifiche forme di ricostruzione della memoria  storica locale, potendo contare su un robusto tessuto democratico, nella città e nelle scuole sui temi dell’antifascismo e la Costituzione, la lotta contro il razzismo e la criminalità mafiosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nei gruppi dirigenti delle sezioni è rilevante la presenza della componente femminile e questa è una scelta non casuale che i congressi hanno fatto. La costituzione delle sezioni ha già dimostrato la capacità di essere presenti ed operare nel territorio sia nell’occasione della giornata nazionale per i tesseramento oltre che nelle iniziative di solidarietà contro l’invasione turca del Kurdistan siriano.

Di certo l’ANPI  di Brindisi esce da questo ciclo di impegno e di attività rafforzata nel territorio, potendo contare  sulla presenza strutturata e numerosa e attiva  di antifascisti, antirazzisti e antimafiosi in molte parti della provincia.


 

Il 25 luglio di quest’anno,  la “pastasciutta antifascista di Casa Cervi” si è svolta a masseria Canali,  Mesagne (BR)

“Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore”

Alcide Cervi


Il 25 luglio 1943 Mussolini venne arrestato, creando la temporanea illusione della fine del regime e della guerra. Seguirono i mesi delle peggiori sofferenze per il popolo italiano, ma in quelle ore si festeggiò in tutta Italia la destituzione del Duce. Da Casa Cervi partì uno degli eventi spontanei più originali, con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese, distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia, per festeggiare, come disse Papà Cervi, il “più bel funerale del fascismo” con un simbolico atto di solidarietà.

Il 25 luglio di quest’anno è stato il 76° anniversario dell’arresto del criminale Benito Mussolini,  la “pastasciutta antifascista di Casa Cervi” si è svolta anche qui, presso la Masseria Canali, una proprietà confiscata  alla Sacra Corona , nel territorio di Mesagne in provincia di Brindisi (sulla strada che collega Mesagne a San Vito dei Normanni). Nell’occasione le cittadine e i cittadini si sono ritrovati  festosamente attorno alle radici della Repubblica quali l’ antifascismo e Resistenza.


 

 

 

 

L’appuntamento è stato organizzato su proposta dello  Spi Cgil di Reggio Emilia e dell’Istituto Cervi, da:  Cgil, Spi, Anpi, Auser e Libera di Brindisi per ricordare lo  storico e importante momento  della vita della famiglia Cervi, che oggi diventa più che mai simbolo di lotta contro ogni rigurgito fascista e progetto razzista e reazionario.

 

 

 

 

 

Ci tengo a ringraziare di cuore i tanti volontari dell’ANPI che ieri hanno dato vita in tutta Italia alla Pastasciutta antifascista. Hanno cucinato per migliaia di cittadine e cittadini che si sono seduti, molti per la prima volta, alla nostra tavola di valori fondamentali per la convivenza civile. Una tappa festosa dell’appassionante battaglia di libertà contro la violenza razzista e fascista per la piena attuazione della Costituzione. Grazie davvero. Andiamo avanti, uniti. Carla Nespolo

 

 

Ciao  Adriana Inglese, partigiana brindisina. Senza il coraggio delle donne non ci sarebbe stata alcuna Resistenza.  Vogliamo ricordarti riprendendo  le parole scritte tempo fa  da Francesco Gioffredi  sulle pagine del nuovo Quotidiano di Puglia:

Tra le macerie della storia, di quella storia che palpita di fascino, la signora Adriana si muove austera, ritta, poderosa, inerpicandosi sul quel bastone che agita per setacciare ricordi, ammonire, curvare nella memoria. Ora lieve, ora col cuore in tempesta, sempre ferma e decisa. Come se il presente fosse solo un figlio sbiadito del passato, il suo passato. Lo scrolla, il bastone, quasi scavando fra quelle macerie della storia, in cerca di paure livide e speranze luminose: i due opposti che solo la sequenza Resistenza-Liberazione riesce a saldare. Venticinque aprile 1945: a lei sembra ieri, una piroetta indietro di poche ore e nulla più. Gli occhi due spilli vividi, la voce nitida e roboante, il battere-e-levare di risposte a portata di lingua: Adriana Inglese sbeffeggia l’inganno della carta d’identità. Ha 85 anni, difficile crederlo. La storia in bianco e nero, quella buona per i libri, nel caso della signora Adriana s’accende coi colori della vita vissuta e imbevuta di paure, odori, suoni, sogni. La sua vita. Sa cos’è la Resistenza, i partigiani, le pallottole fatte sibilare dai nazifascisti, una città – Genova – solcata dalla trincea, di qua il rosso della Brigata Garibaldi, di là il nero delle camicie brune, in mezzo una ragazza di vent’anni col Sud nel dna e la guerra negli occhi.
Brindisi, Genova e poi di nuovo Brindisi: in Puglia ci è nata («a Palazzo Nervegna», aggiunge) e ci è tornata per metter su famiglia, a metà c’è il monumentale spartiacque degli anni nel capoluogo ligure. Sufficienti per far passeggiare la storia nella sua vita: Adriana, durante la Resistenza in Liguria, smistava messaggi clandestini ai partigiani, al telefono nel pieno della notte e col nodo alla gola. I partigiani della Brigata Garibaldi, poi, li ha visti marciare trionfalmente su Genova, nel giorno della Liberazione. Luce dopo le tenebre, l’immagine è fiamma che le accende il cuore e brucia negli occhi: «Quant’erano belli con quel fazzoletto rosso al collo», declama commossa e tenera, come se sfilassero ora e qui. Sorride, la signora Adriana: un lembo di 25 aprile sente di averlo annodato con le sue mani e i suoi messaggi. Ricordi che soffiano d’incanto la polvere dalle macerie. Senza che occorra scrollare il bastone per scavare. La casa di Adriana Inglese Paloscia, un palazzotto antico nel centro di Brindisi, è un museo silenzioso. «Questo – spiega mostrando una stanzetta linda e spartana – è il mio pensatoio»: tanti libri, un poster di Che Guevara («Il mio amore»), una mazza di hockey su erba («Ci giocavo a Genova. Nuotavo, anche: 400 metri stile libero»), un armadio stipato di ricordi, foto d’epoca. Molte: Adriana nel giorno del matrimonio, Adriana in costume, Adriana ventenne con lo sguardo intriso di sogni.

Si parte da qui, dai sogni: «Lasciammo Brindisi perché tutti noi figli volevamo studiare all’Università. Papà era nella Marina militare, chiese al ministero della Difesa il trasferimento in una città universitaria. A Roma non era possibile, ci mandarono a Genova, vivevamo dov’era la Capitaneria». Gesticola e quando racconta non riesci a starle dietro, la voce che echeggia forte da quel corpo d’atleta. Il racconto va prepotentemente dove la storia reclama: «Genova negli anni della guerra era bersagliata dai bombardamenti notturni. C’erano 5-6 allarmi, ci rifugiavamo nelle gallerie, il porto era avvolto dalla nebbia dei fumogeni». La famiglia Inglese non restò impassibile dinanzi allo sfregio, proprio no. Adriana e sua sorella Fernanda – giovani, belle, studentesse universitarie – decisero di sporcarsi le mani con la polvere della storia: «Aiutavamo, nel massimo riserbo, i partigiani.
Io, nel cuore della notte, ricevevo una telefonata. Non sapevo chi c’era dall’altra parte, sentivo solo una voce che mi dettava un numero di telefono e poi un messaggio (ad esempio “I fiori sono alla finestra”). Io dovevo ripetere quel messaggio al numero indicato, senza sapere chi fosse il destinatario. “I fiori sono alla finestra”, comunque, stava a indicare l’arrivo dei paracadutisti con armi e viveri». Da brividi le missioni della sorella, che s’era guadagnata i galloni del rischio per via dell’età:
«Fernanda è cinque anni più grande. Lei faceva la vera e propria staffetta: grazie a un ufficiale di collegamento, riusciva a portare ai prigionieri politici dei panini imbottiti di messaggi. Poverina: all’ingresso c’era sempre un tedesco che le accarezzava i capelli dicendole “Bella signorina”.
Ha rischiato la vita sul serio». E il bastone s’agita. l tono della signora Adriana s’increspa di repulsione quando la narrazione
vira verso quella parola: tedeschi. «Le “megere” venivano all’Università per “reclutare” ragazze perché ballassero alle feste con i nazisti, ci avrebbero dato anche vestiti eleganti. Noi abbiamo sempre detto di no». Non solo danze, però. I teutonici sapevano far fischiare, eccome, i pallettoni: «Il 24 aprile ero dietro la finestra, un tedesco vide qualcosa muoversi e sparò. Il colpo mi passò sulla testa e finì sul muro dell’appartamento. Una seconda volta ero in strada: mirarono verso di me e ad un’altra ragazza a cui cercai di fare scudo col mio corpo». La memoria sa lavorare per rarefazioni e lievitazioni: il racconto della signora Adriana ansima come un mantice quando s’arriva lì, alla Liberazione. «L’annuncio ci arrivò dai francesi, Genova era blindata. Fu un’emozione unica, commovente, vedere i partigiani arrivare in corteo con i nazisti prigionieri. Io gridavo ai tedeschi “Raus! Raus!” ( ndr: in tedesco vuol dire “fuori”). Ma non dimenticherò mai i partigiani così belli col fazzoletto rosso al collo». Pochi mesi dopo, dicembre, Adriana Inglese sarebbe diventata la signora Paloscia: treno e giù fino a Brindisi. Addio Genova, con quella faccia un po’ così. Ma senza anestetico ai ricordi, altroché. Parli di Liberazione e la signora Adriana s’apre in un sorriso di tempra e sogni antichi. Il passato, stavolta senza mulinare il bastone per ripescarlo, è ora e qui. In questa casa dove il 25 aprile zampilla, sempre.
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Il 25 aprile a Brindisi


Si è tenuta giovedì 25 aprile in Piazza Santa Teresa di Brindisi, la celebrazione del 74° Anniversario della Liberazione.
La Cerimonia è stata presieduta dal Prefetto di Brindisi Dott. Umberto Guidato,  e hanno partecipato Autorità Civili, Religiose e Militari della Città e della Provincia di Brindisi, erano inoltre presenti i Gonfaloni della Città, de vari Comuni della provincia di Brindisi.

La manifestazione, come ormai da tradizione consolidata, si è conclusa in piazza Sottile De Falco con l’omaggio alla memoria, promosso dal comitato provinciale dell’ANPI,  ai decorati al Valore Militare e ai caduti della Resistenza e della guerra di Liberazione, è intervenuto per un saluto  il sindaco della città Riccardo Rossi.

 

 

 

 

 

E anche a Tuturano

Fermo da due anni il cantiere della piazzetta di Tuturano, li dove gli antifascisti della frazione avevano installato una targa in onore dei Caduti della Resistenza. Ma il 24 aprile  l’ANPI di Brindisi non si è fatta fermare dalle transenne ormai perenni e sotto quella targa ha deposto una corona d’alloro. Breve ma significativo discorso contro i pericoli di ritorno al passato e contro il razzismo del, presidente del Comitato provinciale ANPI.

 

 

 

 

Il partigiano  Pietro Parisi, nome di battaglia  “ Brindisi” non poteva mancare alla cerimonia del 25 aprile in valle d’Aosta:

 



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